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 2010  settembre 25 Sabato calendario

Una quindicina di anni fa, a New York, ci fu una mostra intitolata Post-human, dedicata all´esibizione del corpo visto nell´ottica della desacralizzazione, della degradazione, dello svilimento degli organi alle loro funzioni

Una quindicina di anni fa, a New York, ci fu una mostra intitolata Post-human, dedicata all´esibizione del corpo visto nell´ottica della desacralizzazione, della degradazione, dello svilimento degli organi alle loro funzioni. Morphing o deformazioni, mutilazioni, automutilazioni, massacri e omicidi, la fascinazione per il sangue e gli umori corporei, e perfino gli escrementi… Una decina d´anni fa ci fu un´altra mostra intitolata Abject Art -Repulsion and Desire… Un passo più avanti nell´immondo, in senso proprio, cioè quello che non appartiene al nostro mondo. Qui non siamo più nel subjectus del soggetto classico, siamo nell´abjectus, nel rigetto, nello scarto dell´umano postmoderno. È molto di più della tabula rasa dell´Avanguardia, che un tempo pretendeva di sparecchiare la tavola imbandita per il banchetto dei secoli. L´arte dell´abiezione ci trascina nell´episodio seguente, nel postprandiale: ciò che il corpo lascia sfuggire di sé quando abbiamo digerito il cibo. È tutto ciò che si riferisce all´abbattimento, all´avvilimento, all´escrezione. Ci si può chiedere se un´arte del genere possa esistere. E se esiste, in che modo può essere ammessa in una mostra? E soprattutto come può, quest´arte, conservare non solo l´assenso dei poteri pubblici, ma anche il loro sostegno finanziario e morale, considerando che si tratta di un´arte che si può vedere in tutte le grandi manifestazioni, a Venezia come a Versailles…? Per "spiegare" queste cose potremmo fare affidamento sull´autorità della storia dell´Arte e stabilire, ad esempio, una genealogia della merda in arte che giustificherebbe la presenza di questo materiale insolito. Questa genealogia potrebbe cominciare da Salvador Dalí nel 1929, con i suoi quadri in gloria della scatologia… Poi Piero Manzoni negli anni Cinquanta con la sua "merda d´artista" in piccoli barattoli, tirata in 70 esemplari… Che senso ha? E soprattutto perché i poteri pubblici ormai sono felicissimi di mostrare e sovvenzionare queste imprese cosiddette "artistiche"? Perché il socius ha bisogno di ricorrere a questo espediente (cosiddetto) estetico quando il suo ordine non è più accettato consapevolmente, né nell´ambito religioso né nell´ambito politico? È forse l´ordine scatologico che può garantirci questa coesione mancante? Sarei tentato di fare riferimento a Giorgio Agamben, e in particolare al suo Homo sacer (l´uomo sacro, la nozione di sacer nell´antichità romana, lo status particolare dell´homo sacer) e di tornare alla vecchia distinzione aristotelica tra zoè e bios: bios la vita intelligente, la vita degli esseri logici, e zoè la vita primitiva, la vita animale, la vita bestiale. Non stiamo forse vivendo attualmente una regressione su larga scala dal bios alla zoè? Di questo sacer, negli anni Trenta, gente come Leiris, Caillois e Georges Bataille ha fatto la base della propria estetica, una letteratura, ma anche un´arte, fondata sul sacrilegio, un´estetica del disgusto, della voluttà dell´immondo. Ma tutto questo avveniva ancora su uno sfondo religioso: se c´è un sacrilegio è perché c´è una religione. Bataille non sarebbe Bataille senza questo côté spretato di mistico disoccupato che ha saputo assumere alla perfezione. Freud, già nel 1910 (una visione cupa ma premonitrice) scriveva: «Conciliare le rivendicazioni delle nostre pulsioni sessuali con le esigenze della civiltà è assolutamente impossibile. La rinuncia alla sofferenza, così come, in un futuro molto lontano, la minaccia di assistere all´estinzione del genere umano in seguito allo sviluppo della civiltà, non possono essere evitati». Nell´arte attuale non faremmo l´apprendistato del gusto, ma faremmo il disapprendistato di quel disgusto inculcatoci fin dalla prima infanzia per farci capire che tenere sotto controllo gli sfinteri è cosa importantissima. Questi fenomeni dell´arte attuale, da Koons a Damien Hirst, sono una perfetta illustrazione di quello che il filosofo Marcel Gauchet chiama "l´individuo totale", vale a dire colui che ritiene di non avere nessun dovere nei confronti della società, ma tutti i diritti di un "artista", "totalitario" com´era un tempo lo Stato, in cui traspariva lo spettro del bambino che crede di essere onnipotente e di imporre agli altri, attraverso le istituzioni pubbliche, gli escrementi di cui si compiace. Queste riflessioni valgono solo per la cultura occidentale e di tradizione cristiana. La comunità ebraica si indigna giustamente per l´Hitler di Cattelan, e la comunità islamica si infuria se si tocca l´immagine di Maometto. L´opera di Cattelan che rappresenta il papa colpito da una roccia non ha suscitato grande scandalo ed è esposta in permanenza. (Traduzione di Fabio Galimberti)