Natalia Aspesi, la Repubblica 25/9/2010, 25 settembre 2010
Milano, 2004. Per la Fondazione Trussardi, Maurizio Cattelan impicca tre bambini di plastica, sopraffino lavoro artigianale tanto che paiono veri, a un innocente albero di una piazza popolarchic: traffico in tilt, gente che inciampa e cade, mamme in subbuglio, un signore che si ferisce tentando di abbattere l´albero, il sindaco Albertini che cade (senza ferirsi) dalle nuvole
Milano, 2004. Per la Fondazione Trussardi, Maurizio Cattelan impicca tre bambini di plastica, sopraffino lavoro artigianale tanto che paiono veri, a un innocente albero di una piazza popolarchic: traffico in tilt, gente che inciampa e cade, mamme in subbuglio, un signore che si ferisce tentando di abbattere l´albero, il sindaco Albertini che cade (senza ferirsi) dalle nuvole. Insomma scandalo! Ogni giorno la televisione trasmette bambini maciullati dalle guerre nel mondo, ma l´arte! Il buon senso consiglierebbe di lasciar perdere per sempre il fomentatore di subbugli per quanto di natura artistica. Invece, Milano 2010. Invitato addirittura dal Comune, smemorato oppure a caccia di diversivi, Maurizio Cattelan promette di installare in una piazza businesschic L. O. V. E., una manona con il solo dito medio alzato: tumulto per tutta l´estate in consiglio comunale, mentre la città va in malora per conto suo, c´è chi ritiene l´installazione del ditone «inadatta all´arredo urbano» o «diseducativa per le scolaresche», che pure quel gesto hanno ammirato mille volte, sacralizzato da una star come Bossi; e in questo senso c´è chi addirittura teme che la cattelanata sia il primo simbolo pubblico della padanizzazione della città un tempo ritenuta europea. Insomma, scandalo! Furbo come il demonio, l´artista che l´assessore con scarso portafoglio Finazzer Flory celebra anche con una mostra scarsa (solo tre delle sue celebri opere storiche, quelle che a furia di scandalizzare non scandalizzano più), propone la sua versione in cui cascano devoti quasi tutti: «Si tratta di un vortice apocalittico dove converge l´ipocrisia contemporanea della storia, della guerra, delle religioni, del corpo e dell´eros». Intelligente, la Curia meneghina che sa come i problemi di Milano siano ben altri, si dichiara favorevole all´esposizione della famosa statua di papa Wojtyla colpito da un meteorite (La nona ora). Succede dunque che a non voler più cascare nella trappola ripetitiva, quasi quotidiana, dell´arte come provocazione, shock, disturbo, infamità, trasgressione, vergogna, indecenza, blasfemia, ecc. sia chi ha capito che l´annoso gioco ha il fiato corto e sta ormai perdendo del tutto il suo significato rivoluzionario. Per esempio la diocesi di Trapani pone nel suo portale il quesito, «l´opera d´arte fa scandalo o è un atto di fede?», e affida serenamente alla critica Eva di Stefano il commento alla mostra Across the cross. Pisschrist, 1987, di Andres Serrano, fotografia di un crocefisso immerso nel sangue e nell´urina, rappresenta «il mistero cristiano dell´incarnazione che illumina il martirio». Christ you know it ain´t easy, 2003, di Sarah Lucas (quella che in un autoritratto ha due uova al burro al posto del seno), un Gesù in croce fatto di sigarette, è «l´interpretazione scorata, apparentemente blasfema, del dogma». Si sa che l´arte è stata tale nel momento in cui per qualsiasi ragione, (morale, politica, estetica, sociale, di forma o di contenuto) ha scandalizzato, ha rotto con la tradizione e il presente, è sembrata pericolosa. La consacrazione definitiva che l´ha resa martire e sublime, è stata la censura, cioè la chiusura della mostra autoproclamatasi maledetta, la sparizione dell´opera incriminata, in nome sia del cosiddetto buon gusto (spesso secondo il giudizio di volgaroni), che della salvezza delle anime (e delle scolaresche). Successe un putiferio sempre a Milano quando nel 2008 la sindaca Letizia Moratti improvvisamente si accorse che l´assessore alla cultura, col suo distratto consenso, stava per inaugurare una grande mostra di arte omosessuale, con catalogo già stampato e manifesti ovunque: apriti cielo! Non c´era, allora, consigliere comunale o associazione cittadina di pii sentimenti, che non rumoreggiasse. La mostra non aprì neppure, la città fece una figuraccia e non si poté neppure discutere sul fatto che le opere esposte non erano affatto scandalose, ma quasi tutte bruttissime. Certo in passato c´era materia più interessante ed esplosiva per indignarsi e chiedersi, ma sarà vera arte? Ma ormai chi oserebbe dire di no a Elle a chaud au cul di Duchamp (la Gioconda con barba e baffi) o al suo orinatoio (1917), che introdusse per sempre la ormai fin troppo diffusa abitudine di prendere una tazzina da caffè, un lampione, un cappello o appunto un gabinetto, definirli opera d´arte, e con questo farli arte del valore di milioni di euro? Si conosce l´aria soave, colta e pia di quei curatori di mostre e di quei critici che si inginocchiano incantati davanti alle tante sublimi installazioni: capanna fatta di assorbenti, signora che spolpa ossa puzzolenti, donna nuda appesa al soffitto, lepri morte, formicai inghiottiti da serpente, l´artista che scopa la sua signora, balena tagliata a fette in formaldeide, ritratto in plexiglass dell´artista riempito di sangue refrigerato, letto disfatto con macchie di sperma, di mestruazioni, briciole di biscotti e pulci, e la capostipite "merda d´artista" in scatola, ecc. E a furia di vederne a Biennali e Quadriennali o al sempre dissennato Turner Prize della Tate Britain londinese, la gente ha cominciato ad abituarsi, a mitridatizzarsi, addirittura a divertirsi davanti a sodomizzazioni di gruppo eseguite con il pugno chiuso, a gemelli siamesi castrati però col pene al posto del naso e l´ano al posto della bocca. Quindi sono finiti i tempi in cui scoppiavano casini perché De Dominicis esponeva alla Biennale di Venezia del ´72 un ragazzo down o Pipilotti Rist alla 51ma Biennale proiettava sul soffitto della chiesa di San Stae immagini di angeli femmina nudi. Ormai a scandalizzarsi di quel che loro stesse propongono sono soprattutto le istituzioni pubbliche, e se lo fa la gente è per imprecare contro il denaro buttato. Nel marzo 2010, riccamente finanziato dalla proHelvetia, Christopher Buchel ha costretto i visitatori del Palazzo della Secessione di Vienna, a porsi il fine quesito: «Il bordello sarà arte?». Infatti la sua installazione Spazio per una cultura sessuale era semplicemente un locale per scambisti che invitava a usufruirne, tra i dipinti elegantemente erotizzanti di Klimt e di Schiele. La rivolta dei visitatori, più che l´ardita opera d´arte, riguardava infatti i soldi spesi per finanziarla. Ma il punto di svolta dell´arte come scandalo risale al 1997, quando la Royal Academy di Londra allestì la grande mostra dei "Young British Artists", con il titolo Sensation. C´erano tutti, gli scandalosi degli anni successivi, da Hirst a Emin. La mostra provocò vere e proprie insurrezioni soprattutto per il ritratto gigante, fatto con le impronte di mani infantili, di Myra Hindley, la spietata assassina di due bambini. Un giornale promosse una campagna contro l´opera, portando la madre di uno dei due piccini a vederla, la gente la colpì con uova e inchiostro: il quadro fu ripulito e rimesso al suo posto, ricoperto di plexiglass. L´inventore di Sensation era Charles Saatchi, collezionista e boss della pubblicità. Che aveva capito come il compito provocatorio, anche scandaloso, anche horror dell´arte, non era più ideologico, dirompente, ma mercantile, da sfruttare come nuovo veicolo di comunicazione, di pubblicità: perfetto per vendersi e per vendere.