Alessandro Penati, la Repubblica 25/9/2010, 25 settembre 2010
Abbiamo letto di tutto. Della scalata strisciante di Gheddafi alla prima banca italiana. Del ritorno della politica nelle banche
Abbiamo letto di tutto. Della scalata strisciante di Gheddafi alla prima banca italiana. Del ritorno della politica nelle banche. Dell´arroganza di Profumo e delle sue inclinazioni politiche. Di schemi di governance come fossero di calcio: amministratore delegato più quattro vice, o presidente più amministratore delegato più direttore generale; e i country manager al centro o sulle ali? Di complotti: Profumo e libici contro le Fondazioni, che da vecchie volpi si coalizzano coi tedeschi per farlo fuori. Degli interessi di Berlusconi e del solito entourage di "potenti" (Geronzi, Letta, Tarak BenAmmar). Della solita liquidazione milionaria, perché hai gestito male e ti cacciano; dopo anni di mega bonus perché hai gestito bene. Della rediviva "attenzione" al territorio delle banche, col sindaco a reclamarla in Tv. E naturalmente della vexata quaestio: le Fondazioni sono cavalli di troia della politica o fonte di stabilità per il sistema bancario? Un circo grottesco. Tutto sommato divertente, se non coinvolgesse la maggiore banca italiana, l´unica veramente internazionale. Premesso che è dovere di un consiglio di amministrazione nominare e rimuovere il capo azienda, e che la sostituzione del vertice di una banca di questi tempi, vista la crisi, non dovrebbe fare scalpore (all´estero, quasi la norma), il defenestramento di Profumo, a prescindere dai suoi meriti o demeriti, ha messo in luce una catastrofe di governance. E se questa è una delle nostre maggiori e più visibili società, c´è da preoccuparsi. Quando si caccia il capo di una società quotata, bisognerebbe avere le idee chiare su quali errori ha fatto nella gestione, o nella strategia, per spiegarlo a tutti gli azionisti (68% del capitale di Unicredit è disperso tra investitori di minoranza), e soprattutto per poter delineare il profilo del sostituto, dargli un chiaro mandato, e condividere gli obiettivi. Non ci sono manager o banchieri per tutte le stagioni: crescere è una cosa, ristrutturare, un´altra; e un bravo banchiere di investimento può essere un pessimo gestore della rete. Non basta dire che il titolo Unicredit ha perso il 70% dai massimi: l´indice europeo di settore ha perso il 63% nello stesso periodo. Né che la voglia di impero all´estero ha danneggiato la banca: dalla fusione con Hvb, la performance di Unicredit è stata identica alla media delle banche europee. Piuttosto, si può dire che Profumo non sia stato all´altezza delle aspettative di eccezionalità, che lui stesso ha avallato: e paga per essere stato, alla fine, solo nella media. I problemi di Unicredit nascono da una crescita perseguita attraverso l´acquisizione di banche (Hvb e Capitalia) con un portafoglio prestiti vasto e più rischioso della media; e proprio negli anni precedenti la crisi. A volte strapagando: quasi 18 miliardi per Capitalia, meta dell´intero valore odierno di Unicredit. Così oggi ha un rapporto tra prestiti alla clientela e attività totali tra i più elevati in Europa, e una maggiore esposizione alle imprese. Con la crisi, dunque, anche le sofferenze sono più alte della media. Le strategie possibili sono diverse; ma bisogna ridimensionare le aspettative di redditività e dividendi. La decisione di quale strategia e con quali manager, spetta all´attuale consiglio. Ma se i soci di controllo non hanno le idee chiare, o non le hanno, non c´è schema di governance che tenga. Dovrebbe preoccupare che a decidere il futuro di Unicredit siano persone come Rampl, Biasi o Palenzona: il primo, era amministratore delegato di Hvb, acquisita da Unicredit perché navigava in cattive acque; il secondo, è presidente di Fondazione, ma anche imprenditore in crisi; e il terzo agisce da presidente della Crt, anche se da tempo non occupa più quella poltrona. Quanto alle Fondazioni, meglio stiano il più lontano possibile dalle banche: è nel loro interesse. Quando hanno ridotto le partecipazioni bancarie, per investire altrove, ci hanno guadagnato; quando si sono prestate ai giochi di controllo delle banche, ci hanno rimesso. UniCredit è l´ennesima conferma.