Gianluca Di Feo per "L’espresso" rilanciato da dagospia, 25 settembre 2010
© "SEGRETO CRIMINALE"
(Ed Newton Compton) - Sabrina MINARDI ricorda le scopate con Roberto Calvi, quelle con monsignor Marcinkus, la Roma dei festini e delle trame, il Vaticano e la cocaina.
Calvi, il banchiere milanese dagli occhi di ghiaccio, arrivava con la Limousine, quella con il terzo scompartimento, tanto per intenderci. Miss Minardi ci saliva con vestaglietta e ciabattine per ricevere poi in regalo una villa a Montecarlo.
Sabrina era la ragazza che la Roma del potere sognava di portarsi a letto. La moglie del calciatore più famoso, Bruno Giordano, l’amante del De Pedis, il "Dandi" della Magliana.
Dalla Banda della Magliana al Banco dell’Ambrosiano, dal canale dello Ior al buco della P2, dal fascino malizioso di Anna Mouglalis alla vita bruciata dalla droga tra padrini e padroni.
La custode di un passato che l’ha presa tra memorie smarrite che tira fuori a fatica, in frammenti e contraddizioni, ma pur sempre memorie, nel libro-intervista con la Raina Raffaella Notariale, dove lei si racconta in stile Emanuelle: “in quel periodo io non sapevo che cosa fosse il senso del pudore”.
L’incontro era avvenuto a casa del faccendiere per antonomasia Flavio Carboni.
Sul cerebrale Calvi: "Non c’è quasi mai stato sesso. C’è stato una volta durante i nostri momenti di perdizione".
Un commando romano tentò di assassinare Roberto Rosone, il numero due del Banco che si opponeva a Calvi, ma la reazione di un vigilante fece fallire l’agguato lasciando sul pavè milanese il corpo di Danilo Abbruciati.
Nel processo per la fine di Calvi sotto il ponte londinese dei Frati Neri era prevista la deposizione della Minardi, ma la Corte ha poi preferito soprassedere.
Sciorina Sabrina: “Io mi divertivo, facevo la bella vita, vestivo Coco Chanel, Armani, mica ero l’ultima delle femmine. Uscivo tutte le sere o giù di lì. Uscivo tutte le volte che mi andava, frequentavo i migliori ristoranti e i più esclusivi night di Roma, in cambio del mio corpo ricevevo soldi a palate, vacanze, auto, gioielli, case”.
Monsignor Marcinkus, il pretaccio, non usò preamboli. In cambio "Ha fatto entrare un cugino di mia madre a lavorare in Vaticano. Dalla sera che gliel’ho chiesto, la mattina già era assunto. E... soldi, soldi, soldi, soldi, soldi, soldi... Ma tanti, eh!".
Quattrini che intascava e altri che consegnava al numero uno dello Ior per conto di De Pedis. "Renato metteva sempre tutti i soldi per Marcinkus nelle borse Louis Vuitton”. E io andavo da Marcinkus a presentargli un’amica e a portargli il borsone. Ma glielo svuotavo, sai? Mica sono scema. Gli lasciavo i soldi, ma la borsa me la tenevo. Pensa a quant’ero piccola e scema. Invece di prendermi una manciata di soldi, che nessuno se ne sarebbe accorto tanti erano, mi prendevo il borsone firmato". A che servivano tutti quei soldi? "A farne altri...".
Nelle frasi della Minardi ci sono i più alti prelati dell’epoca: i cardinali Agostino Casaroli e Ugo Poletti. Il loro ruolo appare però sfocato, confuso in un vortice di festini dove alla fine sembra essere la cocaina a dominare anche i ricordi. Solo su Poletti c’è una scena dettagliata: "Il cardinale stava molto, molto, molto in confidenza con Renato".
Renato: si metteva le mani in faccia, a coprire la bocca, mentre parlava. non si fidava neanche dei muri".
Renato De Pedis fu assassinato nel 1990 e sepolto in una cripta della Basilica di Sant’Apollinare, grazie al nulla osta del cardinale Poletti.