Montorfano Francesca, Corriere della Sera, 22 settembre 2010, Pagina 044/045, 22 settembre 2010
•DALI’ I LUOGHI DELL’ ANIMA
Che fosse un ribelle, un sovversivo con il gusto della provocazione e il rifiuto di ogni conformismo culturale, lo si era capito già nel 1924 quando, ventenne, era finito in carcere per simpatie con il movimento indipendentista e poi nel ’ 26, quando fu definitivamente espulso dall’ Accademia d’ Arte di Madrid.
Eppure quel giovane Salvador nato sotto il sole della Catalogna (Figueres 1904-1989) sarebbe diventato uno dei più geniali artisti del Novecento, capace di confrontarsi con la lezione dei grandi maestri del Rinascimento e di interpretare lo spirito della sua epoca, sperimentando suggestioni futuriste, cubiste e metafisiche fino a dare del surrealismo una sua personale, originalissima visione.
Capace, soprattutto, di raggiungere le dimensioni più profonde e misteriose dell’ uomo, percorrendo i tortuosi sentieri dell’ inconscio, addentrandosi nel terreno del desiderio e del sogno. Un’ icona del suo tempo è stato Dalì. Un mito che lui, istrionico e ambizioso, alimentava con il culto della sua immagine, gli inconfondibili baffetti alla Velázquez, l’ amore per gli eccessi, l’ intuizione - prima ancora di Warhol - delle straordinarie possibilità della cultura di massa.
Eppure, dietro il mito surrealista, dietro l’ artista iperpop universalmente conosciuto, si nasconde l’ uomo, con tanti volti ancora da scoprire. E quello che oggi va in scena a Palazzo Reale è un Dalì inedito, intimista, il pittore di paesaggi, scenari dell’ irrazionale e dell’ assurdo ma sempre legati a memorie personali, a realtà esistenti.
«È proprio il dialogo tra "il grande paranoico" e i suoi luoghi il filo conduttore della mostra, che si propone di rileggere l’ opera di Dalì con uno sguardo nuovo - racconta Vincenzo Trione, curatore dell’ evento milanese -.
Dalì ha subito l’ incantesimo della natura. Dalle prime tele ai lavori della maturità ha sempre disegnato il paesaggio. È stata la sua ossessione. Anche dietro le immagini più surreali, le trasposizioni più fantastiche, ci sono i paesaggi veri, le luci, le atmosfere della sua terra, la distesa assolata dell’ Alto Ampurdán, Figueres, la costa frastagliata della leggendaria Cadaqués e Port Lligat, privilegiata fonte di ispirazione.
È un paesaggio aspro e desolato, dove il clima mediterraneo si incontra con il vento del Nord dando origine a quei cieli tersi e luminosi che tanto spesso si ritrovano nelle sue opere e che sembrano rievocare la grande pittura di Piero della Francesca e di Vermeer».
Provenienti dalla Fondazione Dalì di Figueres e da importanti musei del mondo sono oltre cinquanta le opere in mostra al Palazzo Reale di Milano insieme a un ricco materiale documentario, foto, video, interviste, in quella Sala delle Cariatidi che già vide una personale dell’ artista nel 1954.
A declinare in tutte le sue sfaccettature il rapporto di Dalì con il paesaggio è un percorso articolato in sei Stanze.
Quella della Memoria, dove l’ artista si appropria di motivi classici, rinascimentali e barocchi rivestendoli di nuovi significati, manipolandoli in inconsueti scenari (Venus de Milo aux tiroirs).
Quella del Male dove si fa cantore della sua epoca, cronista degli orrori di conflitti civili e di futuri disastri nucleari (Le visage de la guerre).
Quella dell’ Immaginario, con le opere più vicine alle istanze surrealiste e freudiane, geografie dell’ anima dove più evidente si rivela l’ irruzione nell’ inconscio (Les trois ages).
Ma è nella stanza successiva che il paesaggio si fonde con il desiderio, trasformandosi in spazio da abitare, in esperienza surrealista da vivere. Qui infatti l’ architetto Oscar Tusquets Blanca, collaboratore di Dalì e autore dell’ allestimento della mostra, ha ricostruito la famosa Stanza di Mae West con le fattezze del viso della diva americana e il celeberrimo divano Dalìlips a forma di labbra.
Ed ecco ancora le Stanze del Silenzio e del Vuoto, dove voci e figure progressivamente scompaiono lasciando spazio a scenari disabitati, ad atmosfere rarefatte, metafisiche, mettendo a nudo la dimensione più mistica, spirituale, dell’ artista.
Ha travalicato tutte le epoche dell’ arte, Dalì, superato i confini tra generi e linguaggi, spinto la sua ricerca in ogni direzione, design e pubblicità, cinema (con Buñuel e Hitchcock) e moda.
Epilogo dell’ appassionante vicenda sarà così il cortometraggio Destino, mai proiettato prima in Italia, realizzato con Disney negli anni Quaranta ma rimasto incompiuto e completato solo nel 2003 grazie a disegni originali dell’ artista.