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 2010  settembre 22 Mercoledì calendario

UN USCITA SENZA ALCUNA RESA - I

due castelli dei destini incrociati si trovano a poche decine di metri. Quattro minuti prima delle nove Alessandro Profumo, il visconte dimezzato che voleva cambiare il paese con l’ideologia del mercato e che a fine giornata non alzerà bandiera bianca di fronte ai tedeschi, ai signori post-democristiani delle fondazioni e al neopotere leghista, entra da via San Protaso, l’ingresso laterale di UniCredit rispetto a Piazza Cordusio. Nella vicina Piazzetta Cuccia fra pochi minuti inizia il consiglio di amministrazione di Mediobanca. Il grande nemico di Profumo, quel Dieter Rampl che di Mediobanca è vicepresidente, non c’è, perché, alla stessa ora, è già in ufficio a catechizzare i quattro deputy ceo, Roberto Nicastro, Sergio Ermotti, Federico Ghizzoni e Paolo Fiorentino, per spiegare loro quanto tutti già sanno: la rapida trasformazione di Profumo, prima che faccia sera, da visconte dimezzato a cavaliere inesistente. E che Profumo, l’uomo partito dallo sportello del Banco Lariano e diventato centrale nel processo di ristrutturazione del sistema bancario italiano guidando l’istituto più internazionalizzato, sia diventato all’improvviso inesistente, diventa chiaro al board di Mediobanca.

Profumo in silenzio occhieggia nel suo ufficio i giornali che annunciano il suo giorno più lungo e sul Financial Times Deutschland, con l’assenza di ironia tipica della cultura tedesca che qualche volta sa essere molto neocoloniale, legge perfino di essere «troppo moderno per l’Italia». Intanto, nei corridoi di Piazzetta Cuccia, è come se non fosse successo niente: «Durante il consiglio nessuno, ripeto nessuno ha nemmeno pronunciato il suo nome», dice un testimone diretto. È quasi svanito, lui che ha partecipato a tutte le ultime riunioni del patto di sindacato in rappresentanza della quota di UniCredit.

La giornata è complessa, ma si succedono le telefonate con quella Milano politicamente democrat e di animus religioso che ha accolto lui e la moglie Sabina Ratti, quasi proteggendoli o almeno consolandoli dagli eccessi e dai cinismi, subiti e praticati, della turbofinanza e del potere vero: «Certo che l’ho sentito, l’amicizia con lui si rafforza, non so se ha fatto tecnicamente la cosa giusta, di sicuro ha fatto quello che sentiva, per questo è sereno», dice Don Virginio Colmegna, che in questi giorni oltre che a consolare Profumo si sta occupando della grana delle case popolari prima assegnate e poi tolte ai rom a Milano. Ora si ritrova protetto dal sistema di relazioni che, con parole pronunciate al telefono e con silenzi («Alessandro? Oggi preferisco non sentirlo», dice un banchiere) lo hanno sistemato dentro a un bozzolo. Perché, fuori, di voci ce ne sono perfino troppe. «Anche se - dice Giulio Sapelli, per lungo tempo amico di Profumo - in realtà bisogna guardare sotto il tappeto delle dichiarazioni di questo e di quello, delle uscite di questo e di quell’altro. Per esempio, le fondazioni hanno giocato in realtà un ruolo secondario. La partita è di puro potere e ha una natura geopolitica: il blocco di interessi tedesco ha battuto il blocco italiano. Chi li ha fatti entrare, gli investitori libici? Senza il placet del governo, non se ne faceva nulla».

Avrà anche ragione l’economista che insegna alla Statale di Milano, conoscitore di banche e di petrolio, di politica e di relazioni internazionali. Certo, però nel giorno più lungo per Profumo il caravanserraglio delle dichiarazioni assume toni parossistici e annichilisce qualunque ipotesi di arcana imperii. Quasi nessuno fa caso che il titolo UniCredit apre andando sotto di oltre il 3% e chiude riducendo le perdite al 2 per cento. Ed ecco che Luca Zaia, il presidente del Veneto, dopo tanto strillare dice: «In questa fase è doveroso il silenzio». E aggiunge, quasi che l’intera vicenda non avesse assunto una dimensione politica in grado di modellare e sfarinare la componente industrial-strategica: «Si tratta di una partita meramente societaria». E, già che c’è, giusto per dare un tocco intraveneto alla vicenda, lui che direttamente non può rivendicare alcun tipo di partecipazione alle fondazioni azioniste, aggiunge: «Le fondazioni del Veneto che portano le istanze della regione all’interno di UniCredit non si sono mai espresse. Finora non le ho mai sentite parlare. Mi sarebbe piaciuto sapere prima che idee avevano».

Da Verona è più tranchant, al limite del personale, il sindaco Flavio Tosi, espressione di quella Lega che ha appena nominato nel consiglio generale di Cariverona sette membri. Tosi, infatti, a Radio 24 definisce Profumo, in merito al suo ruolo sull’ingresso degli azionisti libici, un "custode infedele": «Se ti trovi dalla sera alla mattina qualcuno in casa e nessuno ti ha avvisato, e qualcuno lo sapeva, è come se tu avessi il custode di casa tua che ti fa entrare uno senza avvisarti».

Nella giornata in cui tutto si capovolge, il banchiere che è andato a votare alle primarie della sinistra trova una sponda nei berlusconiani, con Guido Crosetto che lo difende: «Non sto parlando di una persona che conosco o di cui sono amico. Ma che Profumo sia un buon manager che ha portato la banca a un livello elevato è una cosa chiara a tutti. Convocare un board pensando di sfiduciarlo all’improvviso senza neanche avere in mente cosa possa avvenire dopo di lui mi sembra maldestro e pericoloso».

Mentre Profumo lascia in macchina la sede di UniCredit, nella commedia all’italiana si ricava uno strapuntino anche anche Elio Lannutti, il leader dei consumatori convertito al dipietrismo: «Brinderemo, quando Profumo avrà lasciato». E, chissà perché, a metà di una giornata particolare, sente la necessità di aggiungere un particolare nazional-malinconico: «Mica con lo champagne. Berremo spumante».

Poi, alle 18,30, l’inizio delle danze. Con lui che da lontano fa ballare fino a notte fonda gli altri. Al cda, infatti, non c’è. Una tecnica dell’assenza che gli permette di fare emergere le diverse posizioni sulla richiesta di formale defenestrazione da parte di Rampl. Nello studio Bonelli-Erede-Pappalardo, raggiunto a metà pomeriggio con l’Audi grigia guidata dall’autista della banca, chiacchiere e caffè macchiati. Alle quattro e mezza del pomeriggio, come raccontato da Radiocor, sul marciapiede di via Cappuccini ecco la moglie Sabina parcheggiare una Ducati enduro, modello Multistrada e colore rosso. Alle nove e mezza, in attesa dell’esito finale del board, l’autista porta su le pizze.