Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  settembre 22 Mercoledì calendario

I FAMOSI FANNO OUTING: MEGLIO L ’INTIMITÀ?

Più volte, di recente, confesso di essere rimasto molto stupito (eufemismo) di fronte a varie uscite di personaggi pubblici che giudicano ormai necessario rendere noti al mondo i loro autentici drammi, le loro angosce, le loro ben comprensibili e umanissime paure. Non voglio giudicare nessuno e in nessun modo, sia chiaro, ma posso almeno dire che provo un senso di fastidio e di profondo disagio, quando un cantante di musica leggera, per esempio, comunica ai fans e agli altri il proprio modo di gestire un gravissimo suo lutto, o quando un giornalista o un calciatore ragiona in televisione della sua malattia. Il tutto, poi, trova generalmente immediata diffusione in echi innumerevoli dai media. Tutto questo esternare, tradurre un pubblico il proprio dolore, fare outing - fa parte di una profonda difficoltà a conservare in un sano ambito ristretto, personale, privato, ciò che da sempre si è ritenuto bene conservare al riparo, per rispetto, da un contatto esterno che, per forza di cose, si sarebbe pensato, un tempo, sciupasse la dignità e la necessaria intimità di un dolore grande, o persino della disperazione. Il dolore sincero è parte inevitabile e profonda della condizione umana, ed è un valore elaborarlo e conservarlo nel proprio cuore con dignità, fino a un suo lento depositarsi nella nostra coscienza, che può dare luogo, come spesso è accaduto alla sua espressione anche in opere indimenticabili. Ma la sua meccanica immissione in un circuito pubblico, sinceramente, mi sembra orribile. Oggi, in effetti, la dimensione intima e privata viene ridotta all’inutilità e all’inesistenza. Poiché solo ciò che appare è considerato esistente, ciò che non appare è sentito come inesistente o per sempre annichilito, condannato al vuoto. E questo produce confusione di valori, genera angoscia e ’horror vacui’, crea instabilità e depressione. Gli uomini pubblici, abituati alla scena, condizionati da un mondo che sembra essere diventato ovunque uno spettacolo, un immenso varietà, sono più di altri assorbiti da questo meccanismo, dall’illusoria spinta a fare pubblicità di ogni gesto. Ma al momento in cui un’emozione privata o un gesto intimo diventano di pubblico dominio, perdono di valore, si svalutano miseramente e si trasformano in merce. I media, raccontandoci oscenamente amori e amoretti dei divi contribuiscono a inquinare con il gossip il senso della vera informazione e la realtà privata del soggetto spiato diventa automaticamente fiction. Qualcosa di solo fastidioso finché si tratta di eventi o chiacchiere di minima o nulla portata, ma che rovescia surrealmente il senso e la sostanza delle cose quando conduce a quelle uscite in pubblico cui accennavo. Si parla tanto di privacy, ma la tendenza generale spinge a portare in scena le emozioni più intime. E ormai come se tutto ciò fosse normale, o addirittura segno di emancipazione e maturazione più elevata. Dovremmo invece spingere, io credo, verso una riconquista piena del raccoglimento e della riflessione in proprio, della meditazione e dello scambio di emozioni con chi ci è più vicino, considerando assurdo e deteriore l’essere pubblici in ogni circostanza.