Vari 21/9/2010, 21 settembre 2010
PEZZI SU ASSASSINIO DI TERESA BUONOCORE
ANTONIO SALVATI LA STAMPA 21/9
Lei era una che alla vita ha sorriso sempre. Anche ieri mattina, prima di salire sulla sua utilitaria grigia, ha sorriso ad Antonio, portiere del suo palazzo, ricordandogli di quella perdita d’acqua nel bagno che gli aveva segnalato il giorno prima. Poco dopo Teresa Buonocore, 51 anni, cadeva sotto una gragnuola di proiettili, sembra un paio, mentre imboccava la strada che dalla periferia di Napoli porta alla stazione marittima del capoluogo partenopeo. Una vera e propria imboscata, eseguita con le modalità di un raid camorristico, anche se la vittima con la camorra non ha mai avuto nulla a che fare. Incensurata, ha incrociato un’aula di giustizia solo una volta, da testimone, puntando l’indice contro un uomo, un vicino di casa, accusato di aver abusato della sua bambina.
Come tutte le mattine aveva lasciato la sua abitazione, in un parco privato nel centro di Portici, per raggiungere Napoli dove lavorava. Lei, un diploma da ragioniere in tasca, cambiava spesso impiego. Per anni aveva lavorato come segretaria al fianco di un noto avvocato napoletano scomparso qualche tempo fa, poi in un’agenzia di viaggi la cui sede è proprio nel Porto di Napoli. «Lo faceva per aiutare le figlie», ricorda adesso il portiere, ancora sotto choc. Teresa abitava con la mamma invalida e due bambine, avute da un compagno conosciuto quando lei si recò alle Maldive dopo la separazione dal primo marito. Proprio quest’ultimo, appena saputa la notizia, si è precipitato a casa dell’ex moglie: «Non ci sono parole, è il momento del dolore ed è il momento di pensare alle due figlie altrimenti non si va più avanti», ha spiegato tra le lacrime l’uomo che con Teresa ha avuto due figli ormai grandi. «Era una persona solare - spiega uno dei vicini - una donna di bella presenza ma soprattutto un’amicona».
Eppure chi l’ha ammazzata ieri mattina deve aver studiato nei minimi dettagli l’agguato. Forse per giorni qualcuno l’ha seguita, prendendo nota delle sue abitudini, dei suoi orari, del percorso che abitualmente compiva. I killer, due in sella ad una moto, sono entrati in azione quando la vittima ha lasciato l’autostrada ed ha imboccato via Ponte dei Francesi, nel quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio. Sono stati esplosi un paio di colpi di pistola dal lato del guidatore, che hanno centrato la donna alla spalla, a un braccio e al collo. Teresa ha perso il controllo dell’auto, finendo sul marciapiede sul lato sinistro. L’hanno trovata riversa sul sedile, pantalone blu e maglietta gialla, con la mano protesa verso la portiera del lato passeggero. Forse voleva fuggire, ma i killer si sono avvicinati per darle il colpo di grazia, al cuore.
Solo un anonimo automobilista si è preso la briga di allertare il 118. Al terzo piano dello stabile dove abitava Teresa è un via vai di amici e conoscenti. Tutti cercano di sostenere mamma Giovanna, la prima a venire a conoscenza della morte della figlia. E qualcuno, prima di salire su, guarda dall’altra parte della strada, in un terrazzo a 500 metri di distanza. Lì abitava Enrico, il geometra che Teresa non ebbe timore di denunciare quando scoprì cosa aveva fatto a sua figlia. Era il 2008: il nove giugno scorso quell’uomo è stato condannato a 15 anni di reclusione e al pagamento di una provvisionale di 25 mila euro. Approfittava, stando a quanto emerso dal processo, delle amichette delle figlie quando sua moglie non c’era, abusi che sarebbero avvenuti sul terrazzo della sua abitazione a Portici. Oggi è detenuto nella casa circondariale di Modena. Collegare i due episodi è al momento molto arduo. Gli stessi inquirenti sono cauti nel dare un indirizzo preciso alle indagini e per questo non vengono sottovalutate altre piste. Tre anni fa, ad esempio, ignoti mandarono a fuoco la porta d’ingresso del suo appartamento. Le fiamme furono presto domate e non ci furono conseguenze. Responsabili e movente di quell’episodio avvenuto nel 2007 non sono stati mai scoperti. Il fascicolo viene riletto in queste ore dal pool di magistrati della Direzione distrettuale antimafia, a cui sono affidate le indagini. Anche il sindaco di Portici, Enzo Cuomo, conosceva la vittima. Il suo pensiero è per le bambine «già provate da drammatiche esperienze, e che oggi si trovano a fronteggiare questa terribile tragedia».
DARIO DEL PORTO - CRISTINA ZAGARI REPUBBLICA
NAPOLI - Si era costituita parte civile nel processo contro il pedofilo che aveva abusato di una delle sue bambine. È stata assassinata con quattro colpi di pistola ieri mattina in via Ponte dei Francesi, una delle arterie d´ingresso alla città. Ad armare la mano dei sicari che hanno ucciso a Napoli Teresa Buonocore, 51 anni, di Portici, potrebbe essere stata proprio la sete di vendetta contro una donna che aveva scelto, senza tentennamenti, di chiedere giustizia. Nella notte le indagini sembrano essere arrivate alla svolta: quattro sospetti sono stati fermati e condotti in questura.
Teresa era incensurata, madre di quattro figli. Aveva prestato servizio come segretaria presso uno studio legale. Successivamente, e fino a poco tempo fa, aveva lavorato presso un´agenzia di viaggi del porto. Poi, dopo la chiusura dell´agenzia, aveva trovato lavoro presso un centro di assistenza fiscale. Ma da tre anni la sua vita era cambiata a causa della dolorosa vicenda giudiziaria nella quale si era ritrovata, suo malgrado, coinvolta: Teresa si era costituita parte civile nel processo contro un uomo condannato il 9 giugno scorso a 15 anni di reclusione per violenza sessuale ai danni di tre minorenni. Fra le vittime, anche una delle figlie di Teresa. Doverosamente, gli agenti diretti dal primo dirigente Pietro Morelli, coordinati dal pm Simona Di Monte, hanno subito esaminato il fascicolo di quel processo.
La sentenza di primo grado è stata depositata nei giorni scorsi. L´imputato, un imprenditore di Torre Annunziata con alle spalle un vecchio precedente per omicidio preterintenzionale e un altro procedimento per possesso di armi, è attualmente detenuto a Modena. In queste ore di frenetiche indagini gli investigatori rileggono anche un altro episodio, l´incendio del portone d´ingresso dell´abitazione della donna avvenuto prima che le indagini sui casi di pedofilia entrassero nel vivo ma dopo che Teresa aveva allontanato la figlia dalla famiglia dell´imputato. Le verifiche però non avevano consentito di individuare i responsabili del rogo. «Chi è mia figlia? Una madre coraggio», ha detto ieri a Repubblica la madre di Teresa.
Quella della vendetta è stata la prima ipotesi presa in considerazione dagli inquirenti. Non l´unica, naturalmente, anche perché l´imputato è in carcere. Afferma il suo difensore, l´avvocato Lucio Caccavale: «Il mio cliente è detenuto in isolamento ed è pronto a difendersi in appello dalle accuse di violenza sessuale. Mi sembra incredibile che possa aver avuto la possibilità, né tanto meno l´utilità, di organizzare un delitto come questo». Sconvolta Elena Coccia, l´avvocato di parte civile che aveva assistito Teresa Buonocore nel processo: «Non sappiamo se quella vicenda giudiziaria sia collegata o meno all´omicidio. Ma Teresa era una madre che nella sua vita aveva sofferto e lottato tanto. Che differenza c´è, mi chiedo, fra la lapidazione e quello che accade qui? Davanti a un omicidio come questo, davvero, si perde davvero ogni speranza per il futuro di questa città».
CORRIERE DELLA SERA - FULVIO BUFI
Come un agguato di camorra, solo che stavolta la vittima con la camorra non c’entra niente. Oppure come un’esecuzione, di quelle per chiudere la bocca a un testimone pronto a deporre, o per fermare un investigatore a un passo da una verità per qualcuno troppo pericolosa. Solo che stavolta la vittima non indagava e non aveva ormai più niente da raccontare in tribunale. Ci sono omicidi che gli investigatori inquadrano subito, e la storia recente di Napoli ne è piena: omicidi di camorra, omicidi per rapina, omicidi per errore. E poi ci sono omicidi come quello di Teresa Buonocore, 51 anni, massacrata a colpi di calibro 9 ieri mattina mentre era in auto e stava andando a lavorare. L’utilitaria guidata dalla donna, una Hyundai Atos grigia, è stata affiancata da una o due moto in via Ponte dei che dà il nome alla strada.
Teresa Buonocore era incensurata e viveva a Portici, a casa della madre settantaduenne. Sposata e separata, aveva quattro figli, due maschi, ormai grandi, avuti durante il matrimonio, e due bambine nate da una successiva relazione con un uomo di Santo Domingo, dove la donna ha anche soggiornato per un periodo. Prima di lavorare come segretaria in uno studio legale si era occupata di turismo ed era stata impiegata per tredici anni in una agenzia di viaggi.
Una vita troppo normale per finire uccisa in quel modo. Però una pista nelle indagini c’è. Vaga e da mettere a fuoco, ma c’è. Perché Teresa Buonocore un nemico lo aveva. Era uno che abitava dalle sua parti, Enrico Perillo, un geometra di 53 anni che in passato fu accusato di un omicidio per questioni di gelosia e che nel 2008 fu accusato di aver abusato di due bambine di otto anni, e una era la figlia di Teresa. Lei lo ha denunciato e ha testimoniato al processo che si è chiuso nel giugno scorso. Ma proprio per questo non può essere stato Perillo ad ammazzarla: perché ora è in carcere, a Modena, con quindici anni da scontare per la pedofilia e perché gli trovarono in casa armi che si era costruito da solo. Però l’ipotesi che l’agguato possa essere in qualche modo riconducibile a quella vicenda ha preso corpo subito nelle indagini, tanto da far maturare tra gli investigatori addirittura un certo ottimismo.
E chissà se c’entra qualcosa anche un altro episodio — l’unico rimasto oscuro — della vita della Buonocore: nel 2007 qualcuno diede fuoco alla porta del suo appartamento, e solo l’intervento del portiere dello stabile evitò che le fiamme si propagassero anche all’interno della casa. Pure in quella circostanza la donna fece denuncia, contro ignoti, però, e non si è mai risaliti al responsabile dell’incendio. Anche se lei, Teresa, pare avesse sempre sospettato di Perillo, ma non aveva prove per accusarlo direttamente.