Paola Pica, Corriere della Sera 22/09/2010, 22 settembre 2010
«COSTRETTI A TROVARE IL CORAGGIO DI TOGLIERMI LA FIDUCIA». POI LA MOGLIE: LASCIA —
Gli americani lo volevano alla guida di quella che allora era ancora la prima banca mondiale, Citigroup, al posto di Charles Prince, il Principe dei subprime, settore nel quale il banchiere d’oltreoceano riuscì perdere 54 miliardi di dollari. L’offerta ad Alessandro Profumo non si concretizzò e la comunità finanziaria italiana tirò un sospiro di sollievo per non aver visto volar via, in piena crisi, uno dei suoi manager migliori e anzi uno dei pochi.
Nell’interminabile maratona di ieri, nelle lunghe ore di attesa nello studio degli avvocati, Profumo ha il tempo per rivedere il film degli ultimi quindici anni. Chissà se ha fermato la moviola sull’istantanea di Citigroup. Sarebbe stato meglio lasciare in tempo l’Italia e le sue trappole?
L’ultima partita con gli azionisti, il gran capo di Unicredit la gioca fino in fondo. Dalla sua ha il meno prevedibile degli alleati, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
«Io non mi sono ancora dimess o » di c e Pr of umo atarda sera smentendo le voci che si inseguono sin dal mattino e appena prima di firmare la resa. «Hanno dovuto trovare il coraggio di togliermi la fiducia», aggiunge subito dopo. Il consiglio di amministrazione è finito da poco e insieme all’ultimatum-choc (dimissioni entro mezzanotte) arriva la piccola grande notizia: l’unico coraggioso voto a favore di Profumo è quello di una donna, Lucrezia Reichlin, l’economista di stanza a Londra che lo stesso amministratore delegato aveva voluto in consiglio.
Ed è ancora una donna, questa volta sua moglie Sabina Ratti, sposata appena ventenne, a rispondere alle domande dei cronisti lasciando lo studio legale a bordo della sua Ducati: «Mio marito si è dimesso. Siamo serenissimi, anc he sesot t opost i a un gr a nde stress. Ma non è la fine del mondo, non c’è mica solo Unicredit!». Della liquidazione stellare, 40 milioni circa, due milioni andranno alle attività dell’amico don Colmegna. Al telefono, nel pomeriggio, quando ancora i giochi non sono fatti, Virginio Colmegna, il sacerdote che il Cardinale Carlo Maria Martini ha chiamato alla guida della Casa della Carità, tiene solo a precisare che «il contributo di Sabina e Alessandro al progetto non è solo economico. Tra noi — dice — c’è stima profonda, grande amicizia. Le dimissioni? Quello che penso è che Alessandro è un uomo di grande indipendenza. E che questo è un valore».
Qualche anno fa, Profumo aveva avuto modo di osservare come la selezione della classe dirigente sia affidata, in Italia, a una «cooptazione, direi collusiva: io mi considero una distrazione di questo sistema». La sua uscita di scena non sarà senza conseguenze e certo i fautori dell’autonomia e dell’indipendenza del management nei grandi gruppi perdono un «combattente», almeno in Italia. «La mia casa è l’Europa, io ci credo» ha più volte sostenuto l’amministratore delegato di Unicredit. Ed è forse al «mercato domestico» dell’Ue, dove conserva la carica di presidente della Federazione bancaria europea, cui Profumo guarderà nei prossimi mesi.
Adesso c’è da mandar giù tutta «l’amarezza» di queste ore, sia pure stemperata dalla ricca buonuscita e dal riconoscimento, in un comunicato, che sotto la sua guida la capitalizzazione della banca è cresciuta da 1,5 a 37 miliardi. E che, anche nella crisi, Unicredit non ha mai smesso di macinare utili. Ma resta il rammarico per gli azionisti che gli hanno voltato in blocco le spalle e l’incredulità per la frattura definitiva con Dieter Rampl, il tedesco salito al gradino più alto della prima banca europea. La giornata iniziata di buon ora si conclude soltanto dopo mezzanotte, quando Profumo incontra i suoi più stretti collaboratori e i quattro vice amministratori delegati, Roberto Nicastro, Federico Ghizzoni, Paolo Fiorentino Sergio Ermotti, una ventina di persone in tutto. Gli occhi si fanno lucidi quando Profumo prende la parola. «Dobbiamo essere orgogliosi di quanto abbiano realizzato in questi anni. Molto ancora realizzerete, ma dovrete sempre lottare per l’indipendenza della banca» dice raccogliendo un ultimo lungo applauso.
Paola Pica