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 2010  settembre 22 Mercoledì calendario

INTERVISTA A TARAK BEN AMMAR

Tarak Ben Ammar, è l’incrocio fra un personaggio di Scott Fitzgerald e un Enrico Cuccia geneticamente modificato. Quando ti punta il dito contro non sai mai se, in quel momento, quel dito rappresenti l’indice Mibtel o l’indice alla luna con cui Federico Fellini ordinava i ciak all’ aiutoregista.
Produttore televisivocinematografico e finanziere, anni 61, laureato in Francia e a Washington, nipote di Bourguiba – il Garibaldi tunisino -, parlatore di sei lingue, Tarak ora consuma la maturità tra Mediobanca, Generali, Telecom nei cui cda svetta. Quando parla, Tarak è come se lo facesse davanti a un’enorme cinepresa: muove le mani come a disegnare nell’aria arabeschi; incrocia battute e aneddoti (dal rapporto con Craxi mentre girava un film con Aldo Maccione e un altro con Polanski, a quello con Rossellini, dal suo ruolo nell’arrivo di Murdoch in Italia al ruolo della sua famiglia nel conflitto mediorientale); non disdegna di apparire come mediatore assoluto (tra l’ Italia e la Libia per esempio) e amico onnisciente di Silvio Berlusconi, sempre l’ultima carta da giocare nelle grandi transazioni internazionali.
Tra l’altro, mediatore e amico, nonché ponte tra due culture, Tarak lo è sul serio. Non lascia nulla al caso, discutere con lui è come giocare a scacchi senza regina. Tarak fissa sempre l’interlocutore per accertarsi se costui ha capito il concetto – e i concetti che espone sono sempre parecchi-, o per anticiparlo nella domanda successiva. Può incutere una vellutata inquietudine, come quella volta ad Annozero che stoppò un’imboscata di Santoro con un “Santoro, sono nato in un suk a sud di Tunisi, per cui non fare il furbo con me!...”. In più Tarak ha il dono levantino dell’ubiquità. Tra una traslazione a Madrid, una a Venezia, una a Roma, l’altra tra la Tunisia e New York, di solito si ha la stessa possibilità di beccarlo di un fagiano in volo all’apertura della stagione della caccia.
Tarak la prima domanda che mi viene incontrandola è sull’affaire “dimissioni di Profumo”e“libici-che-scalanoUnicredit”, grazie al 10% acquisito tra banche e fondi sovrani. La Lega –specie il governatore Zaiainsorge.
«Se non sbaglio nella Lega c’erano anche altre opinioni, più positive, e verso i libici, più vicine al governo...» Sì, lei si riferisce a quella di Umberto Bossi. Ma le assicuro che Zaia, Tosi e i veneti sono incavolati neri, si fidi...
«Voi, come cristiani, avete il peccato originale, noi no. Dunque non c’è alcuna ragione di avere sospetti su nessuno: o siamo nel libero mercato e siamo in democrazia, o non lo siamo. Ora, l’unico denaro che non si può accettare è quello sporco da mafia, criminalità , droga; il resto del dena-
ro può venire da chiunque al mondo. Anche se è normale che da un punto di vista politico la Lega possa utilizzare il sillogismo capitali arabiarabi emigranti che rubano il lavoro agli italiani-arabi criminalità ma è una assurdità. L’Italia è un paese aperto, ci sono delle regole, basta che i libici le rispettino. Credo che in Unicredit, poi non abbiano il diritto di voto sopra il 5%» Sì, c’è banca centrale libica. Ma c’è pure il Libyan Investment Authority... «Giuridicamente e amministrativamente sono separati; è come dire la Banca d’Italia e Generali. Uno può rispondere: ma sono sempre fondi del governo libico. Sì, certo. Ma allora la mia reazione è: l’Italia non vuole capitali arabi? Benissimo, allora fate una legge per proibirli, e definite poi quali sono “i capitali amichevoli”. Ma, se questa è la logica facciamo pure in modo che il petrolio arabo non venga in Italia ma sarebbe un controsenso impedire ai soldi italiani spesi per acquistare il petrolio di rientrare in Italia. Politicamente è facile sparare sugli arabi, e su Gheddafi; come lo è, d’altronde, sparare sulle uscite folkloristiche della Lega che sono anche simpatiche...» Dicono che tra il presidente Dieter Rampl e l’amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo che pare non abbia battuto ciglio sulla vicendanon sia mai corso buon sangue. Le risulta?
«Non mi risulta. Ho sempre assistito a rapporti di buona vicinanza tra Rampl e Profumo, che ha insistito molto per la riconferma di Rampl»
Ah, quindi non ci sono strani scenari dietro le dimissioni di Profumo... «Le sue dimissioni danno però l’impressione che lo scontro tra lui e certi azionisti sia dovuto all’ingresso dei libici ma ho sempre pensato che fosse un pretesto. E oggi ho letto le agenzie che riportavano infatti una situazione di disagio già da qualche anno. Questo attacco dei libici in Unicredito è come se in un quartiere chic di Roma o Milano avvenisse un furto, ed il primo colpevole è un immigrato arabo. Questo tipo di mentalità è quella contro cui lotto da sempre, scontrandomi contro pregiudizi che non hanno nessuna base» CredecisiaancorapostoinItaliaperifondi sovrani?
« Credo che l’Italia rimanga un paese interessante per i fondi sovrani. Quando vedo che tutte le piazze finanziarie francesi, inglesi ,americane corrono dietro ai fondi sovrani per avere capitali freschi mi sembra giusto che anche l’Italia sia nella lista dei Paesi civili e attraenti. Nel mio piccolo già nel ’95 feci arrivare i fondi sauditi con Al Waleed in Fininvest. E non saranno le lotte italo-italiane, nord-sud, a farmi cambiare opinione»
Alcuni –Repubblica per esempiola ritengono un demonio benvestito. Dicono che lei sia il perno di una santa alleanza, di un comitato d’affari sotterraneo che parte da Berlusconi, passa da Gheddafi e arriva fino
alla copertura di Putin. Rasputin, in confronto, sarebbe un dilettante... «Repubblica fa il suo ruolo di giornale d’opposizione. Ma questa è una brutta sceneggiatura per un brutto film: Gheddafi, Ben Ammar, l’alta finanza, la ragnatela di poteri, metteteci anche donne e champagne, o meglio solo le donne senza champagne perché siamo musulmani e diventa davvero un film di serie B. Cerchiamo di guardare i fatti: io sono arabo e voi pensate che abbia bisogno di Berlusconi per fare affari con gli arabi? Tutti mi corrono dietro, sono l’unica star internazionale del mondo arabo ad aver avuto successo in Occidente, nella finanza, nel cinema e nella tv, riuscendoci senza i loro capitali» Però è vero che dietro lo sdoganamento di Gheddafi, per anni invischiato col terrorismo, c’è lei.
«Non è vero. Proprio perché conosco Gheddafi da più di 40 anni sono riuscito a fare con l’Italia una cosa storica; avrei potuto chiedere al leader ciò che volevo ma perl’accordoItalia-Libianonc’entravanoi soldi. Io ho voluto aiutare la Libia non solo ad uscire dall’isolamento, per quello basta il loro eccellente ambasciatore. Io sono nipote di Bourguiba, del Garibaldi tunisino, dell’uomo che lottò per la libertà e l’indipendenza dal colonialismo. Con i libici siamo cugini; il loro bene fa bene al mio popolo, loro spendono ogni anno 4 miliardi di euro in Tunisia...»
D’accordo. Ma questo che c’entra col governo italiano e Berlusconi? «Berlusconi –e qui è la sua grandezza - ha corretto l’errore storico del colonialismo, ha fatto l’ultimo miglio, continuando laddove tutti i capi di governo, da Andreotti, a Craxi, a Prodi, a D’Alema si erano fermati. I vantaggi per l’Italia sono enormi: 25 anni di contratti con l’Eni e altri investimenti in Finmeccanica, Unicredito...»
Gheddafi spesso con le sue –chiamiamolegaffe (come quella di volere, forzosamente e in pubblica uscita, diffondere il Corano in Italia) ha urtato la sensibilità di parecchi. Non le pare?
«Io che rispetto tutte le religioni e che ho prodotto Gesù di Nazareth e la Passione di Cristo, sono per la pace e per il dialogo tra le religioni come ha voluto il Santo Padre Wojtila, e rispetto i diversi stili. Gheddafi che è un ottimo musulmano sa benissimo che il Corano rispetta le altre religioni. Sono sicuro che la distribuzione dei Corani a Roma non era per offendere, cristiani o ebrei, visto che nel Corano sia i cristiani che gli ebrei sono considerati credenti di Dio»
Però a Berlusconi non sarebbe stato permesso in terra d’Islam di sponsorizzare la religione cattolica. «Non è vero. Ci sono tanti paesi musulmani nel mondo. In Tunisia o in Libano sarebbe stato autorizzato a farlo, in altri no. Certo, Gheddafi ha un modo tutto suo per far passare il messaggio che l’Islam è una religione aperta; ma non è che abbia invaso l’Italia con le scimitarre. Gheddafi ha un suo stile, come Bossi con i fucili e la secessione»
“Gheddafi come Bossi”, perdoni, mi suona strano... «É indubitabilmente uno stile pittoresco, il suo: le amazzoni, le tende. Ma Gheddafi sa bene quello che può fare»
Berlusconi e i suoi dicono che la pace italolibico è stata autorizzata dall’America. Solo che allora c’era Bush. Adesso, con Obama, sarebbe la stessa cosa?
«Ancora di più. Gheddafi ha incontrato Obama al G20 abruzzese e all’Onu dove il leader libico ha fatto un discorso –diciamocoraggioso e forte come al solito. Ma la gente sa che è il suo modo per attirare l’attenzione; è un uomo intelligente....» Su questo non ci piove. E i 250 milioni -di dollariall’anno che l’Italia dovrebbe alla Libia per 25 anni come risarcimento?
«E capirai, sono già ammortizzati. So dove vuole arrivare. Voi pensate davvero che Berlusconi, stramiliardario, abbia bisogno di andare da Gheddafi attraverso Tarak Ben Ammar per avere dei finanziamenti?» Lei però i rapporti di lavoro con i libici ce li ha, o no?
«Sono anni che i libici mi vogliono far produrre un film “Gli anni dell’ingiustizia” sui campi di concentramento e l’occupazione italiana in Libia ma quando abbiamo fatto la pace italo-libica mi hanno detto: cosa hai da offrirci come investimento nel cinema? E io ho risposto –voilà-: c’ho “Miral” di Schnabel presentato a Venezia, ho un film sulla guerra d’Algeria “Hors La Loi” presentato a Cannes e che esce domani in 450 sale francesi con già grandi polemiche innescate dai nostalgici del colonialismo francese e preparo un grande film sul mondo arabo (“Oro nero” per la regia di J.J. Annaud, quello del Nome della rosa). Dio ha dato agli arabi il petrolio, e io per favorire il dialogo interculturale faccio investire in cultura, tutti i fondi sovrani vogliono investire nei miei progetti...»
L’altra obiezione di chi non le vuol bene è che, attraverso Tarak , e attraverso Generali, Berlusconi potrebbe arrivare in Rcs, quindi al controllo del Corriere, quindi al controllo mediatico totale (che oggi Berlusconi ancora non ha). Potrebbe?
«É vero, potrebbe. Ma se è per questo io –noi francesisiamo già, dal 2002, in Generali, siamo già in Mediobanca, siamo già in Telecom Italia, siamo già in Rcs; non è che ho bisogno di avere soldi arabi per quello che ho già. Anzi, semmai do agli avversari un motivo per attaccarmi. L’avevano già fatto anni fa. Mi ricordo ancora le accuse; mi ricordo anche di quando portai in Italia Murdoch, fu uno scandalo: Tarak ha messo insieme lo Squalo e il Caimano, insieme domineranno l’Italia dei media.
Invece ora Squalo e Caimano si stanno sbranando fra loro... «Invece ora, paradossalmente, l’opposizione si è schierata nel conflitto tra i due parteggiando per Sky. Adesso s’inventano quest’altro complotto con Gheddafi; i francesi dicono che quando uno vuole ammazzare il suo cane gli trova tutte le pulci possibili...»
A proposito di Sky e di Rupert Murdoch...
«Mi sta chiedendo se sono arrabbiato perché l’Europa, nella gara per l’assegnazione delle frequenze digitali terrestri, mi obbli-
ga a far partecipare il mio amico Rupert che ha già il monopolio della tv a pagamento satellitare e ha raggiunto fatturati da capogiro?...»
Mi legge nel pensiero. Immagino che sarà un tantino alterato, considerando che anni fa la stessa Europa l’ha obbligata a comprargliene due, di frequenze.
«Non sono arrabbiato, basta che qualcuno –governo, Murdoch, Europami ridia i miei soldi. Sono le contraddizioni della Commissione europea. Ricapitoliamo. L’Europa obbliga Murdoch monopolista satellitare voluto dal governo Berlusconi –la gente lo dimentica, ma è stato Berlusconi a far venire Murdoch in Italia contro la volontà dell’Europanel 2003 a vendere le 2 frequenze analogiche di Telepiù bianco e Telepiù nero»
L’Europa diceva che bisognava creare o far creare una pay tv... «Esatto. Non c’era l’acquirente, così il sottoscritto decise di investire 110 milioni di euro per le due frequenze analogiche, altri 70 per digitalizzarle ed altri 80 in contenuti per Sportitalia. Adesso arriva la gara delle frequenze e Sky vi partecipa potendosele aggiudicare a titolo gratuito nel cosiddetto beauty contest. Che qualcuno mi ridia i miei soldi e amici più di prima»
La pay tv lei l’ha fatta nel frattempo?
«Ho dimostrato che l’Europa aveva ragione nel far creare un competitor su un’altra piattaforma al monopolista satellitare; il competitor è diventata Mediaset Premium. Invece di dirci grazie, ora, l’Europa anticipa l’ingresso di Sky sulla piattaforma concorrente. É seccante. L’ho detto pure al mio amico Rupert» E l’amico Rupert, scusi, una volta che lei glielo ha detto, come ha reagito?
«Ha riso. Mi ha risposto: scusa non è una faccenda personale, è l’Europa che mi ha autorizzato. E’ un uomo d’affari, prima l’hanno obbligato a vendere a me; mica sapeva che poi cambiavano le regole. Credo che il compito del viceministro alle Comunicazioni, Romani, persona intelligente, di fare chiarezza in questa selva di leggi, leggine, contraddizioni dell’Agcom sia complicatissimo. Sono anni che sono qui e non ci ho mai capito...»
Non si preoccupi è normale, anche per chi segue la faccenda da anni, il tutto è coperto da un velo d’oscurità. Di certo, nelle telecomunicazioni, ora c’è solo che Paolo Romani sta lavorando per sfilare il monopolio delle reti a Telecom. Ha ragione Romani o Telecom? Le ricordo che lei è azionista Telecom.
«Lo so, grazie. Diciamo che Romani sta lavorando per una grande rete aperta a tutti. Ha ragione nel cercare di difendere l’interesse pubblico. Ma dal punto di vista di Telecom noi tuteliamo il nostro interesse privato. Anche perché la rete è costata decine e decine di miliardi; non è che Telecom possa darla gratis. E a chi? Ai suoi concorrenti? L’idea del governo italiano è generosa, ma per noi lo è meno. Dobbiamo fare una trattativa che non ci danneggi...»
Si parlava di lei, azionista Telecom e amico di Silvio, anche come mente della... «...fantomatica fusione Telecom/Mediaset. So anche questo. Ma è una leggenda metropolitana che sa di spy story: Tarak è amico di Berlusconi in Telecom, Tarak si prende la La7, ecc. Ma a chi converrebbe? Intanto Mediaset sarebbe in una posizio-
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ne dominante infernale (forse questo non sarebbe il primo problema, ndr)... E poi non è negli interessi degli azionisti di Mediaset, che non ha debiti...»
Però Telecom ha la rete...
«É vero. Ma a Mediaset hanno la tv e il digitale terrestre, non è che possono avere tutto. Tutto il resto sono favole, invenzioni giornalistiche, ancora una brutta sceneggiatura. Soltanto brutti film sto vedendo fino adesso»
Telecom Italia Media con Mentana sta andando bene. Se tocca il 4% si calcola possa introitare 40 milioni di euro, potrebbe via via ripianare i suoi debiti. Se l’aspettava? «Come azionista sono contento se Telecom Italia Media non perde più, ora costa una fortuna»
OK. Il concetto è chiaro. Mentana.
«Guardi che Enrico Mentana l’abbiamo voluto noi, anche Berlusconi era d’accordo...Bernabè (amministratore delegato Telecom, ndr) me l’ha detto, ho verificato col governo, era tutto a posto. Oggi sono tutti contenti»
Dopo due visite da Berlusconi e sei mesi di purgatorio, però... «Non è vero. Enrico Mentana aveva invece la possibilità di tornare a Mediaset, e con parecchi soldi»
L’avrebbero sepolto vivo. Lei ha sempre avuto buoni rapporti con Mediaset. Per esempio era presente quando Silvio Berlusconi non vendette a Murdoch su richiesta dei figli Marina e Piersilvio. Fece bene, col senno di poi?
«Sì. Loro gli chiesero: facci andare avanti. Hanno dimostrato che non erano soltanto degli eredi. É sempre meglio avere figli che dimostrano al padre che sono andati un attimo più lontano di lui. Hanno creato la competition sulla pay tv. Il risultato è che Berlusconi, l’uomo accusato di posizione dominante è l’unico che ha creato la competizione di pay in Europa; in tutti gli altri paesi c’è il monopolio, in Spagna, Francia, Germania, Inghilterra. Con la pay Piersilvio ha avuto l’intelligenza di capire che in periodo di crisi mondiale dove la gente cercava il low cost, c’era bisogno di una tv a pagamento low cost»
Lei stesso è tycoon televisivo. In Italia ha Sportitalia. In Tunisia Nessma Tv. «Sportitalia sta beneficiando dell’effetto digitale terrestre soprattutto nelle aree all digital mentre con Neesma dopo un anno e tre mesi siamo il numero uno in Algeria e in Tunisia, i quarti in Marocco e la prima tv privata araba. Abbiamo creato il mercato; anche lì perdo il tempo a smentire che i libici siano in Nessma... In Italia c’è libertà di stampa, ma spesso diventa libertà di disinformazione. Bisogna stare attenti che quest’eccesso di libertà ammazza la democrazia, quando si va oltre le regole del gioco»
Bè, a lei il gioco non dispiace. É andato perfino ospite da Santoro. E tutti, lì, a chiedersi: perché, se è tanto amico di Silvio, Tarak va da Michele e non da Bruno Vespa? «Sono andato da Santoro perchè mi ha chiamato Santoro e non Vespa. Non ho
esitato, avevo rispetto di Santoro, un arbitro di parte ma corretto; ma quando ha cercato di mettermi all’angolo gli ho ricordato che ero nato nel suk e non doveva fare il furbo con me. Mi è simpatico Marco Travaglio anche se un tantino eccessivo, dovrebbe sorridere di più e così potrebbe fare il cinema gliel’ho anche detto: nella parte di Robespierre. Santoro ha risposto: ma Robespierre è finito male. E io: sono i rischi del mestiere...» Nonlechiedodiquellafaccenduoladicuisi parla sempre: la maxi tangente All Iberian: 23 miliardi che lei ha sempre affermato aver finanziato i palestinesi...
«Craxi finanziò i palestinesi, vecchia storia non mi faccia ripetere. La mia famiglia sono anni che finanzia i palestinesi; ci ho fatto anche un film sopra, Miral. Tutti noi dobbiamo trovare una soluzione al Medio Oriente. Tutti i conflitti mondiali, l’estremismo viene da lì: Ahmadinejad e Bin Laden parlano sempre della Palestina. Il mio film invece ha commosso anche gli ebrei, fatto da un ebreo americano che ha finanziato Israele tutta la vita e i cui genitori erano membri di un’organizzazione sionista. Parte dal concetto: giustizia per gli ebrei ma non attraverso l’ingiustizia verso gli arabi. Eppure l’Unità ha attaccato il film per partito preso antiberlusconiano»
Lei ha pure detto: l’America ha fatto vincere Hamas. Ne è davvero convinto? «Certo. L’errore viene da quando l’America disse: esportiamo la democrazia. Se già in Italia, dopo sessanta anni è ancora complicato, come può imporla l’America dopo un paio di anni in Palestina? Imponendo le elezioni in Palestina si sapeva che il vincitore sarebbe stato Hamas visto lo stato di miseria del popolo palestinese. E quando Hamas ha vinto tutti hanno protestato. Il resto è romanzo...»
Invece che Antoine Bernheim e Cesare Geronzi ex ed attuale presidente di Generalila più grande azienda italiana, siano suoi
cari amici non è un romanzo...
«Nient’affatto. Bernheim è stato un grande banchiere, amico nostro, ha fatto trent’anni in Generali, gli ultimi sei come presidente; era giusto tributargli la presidenza onoraria. Al momento giusto gli azionisti, hanno indicato Geronzi che sta svolgendo in modo impeccabile il ruolo di presidente della più grande azienda italiana, 480 miliardi d’investimenti. Era fondamentale avere un uomo che ha rapporti con le istituzioni, con gli azionisti, con il governo» Lei è indicato come il mediatore perfetto. Ha portato i francesi a Mediobanca, ha salvato Murdoch, ha aiutato Mediaset. Indubbie doti da pacificatore. Qual è il rammarico?
«Quello di non essere riuscito a impedire la spaccatura tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Ma fu come mettersi tra marito e moglie in piena crisi. La politica, la vostra politica è sempre difficile da capire. Mi dispiace di questa frattura, ma succede anche nelle migliori famiglie. In quel caso i contrasti furono più forti del talento del mediatore...».

CHI È
FAMIGLIA NOBILE
Tarak Ben Ammar è nato a Tunisi il 12 giugno 1949, è nipote di Bourguiba, il primo presidente della Tunisia libera ed eroe della lotta per l’indipendenza dalla Francia.
PRODUTTORE
Diventa famoso come produttore cinematografico, imprenditore televisivo nel digitale terrestre, distributore di film d’autore, tra cui ’’The Passion’’ di Mel Gibson, consigliere d’amministrazione di istituti di assoluto prestigio quali Mediobanca.
IL FINANZIERE
Finanziere, è amico di Berlusconi da lunga data ed ha fatto anche parte del cda di Mediaset. Portò in Italia e in Mediaset il principe saudita Bin Talal Al Waalid, il magnate tedesco Leo Kirch e anche il tycoon australiano Rupert Murdoch, di cui è stato a lungo consigliere per l’Europa.
COSMOPOLITA
Da anni vive tra Parigi, Roma e Milano ed è diventato il punto di riferimento per molte realtà finanziarie e industriali.
GHEDDAFI
Sono noti anche i suoi buoni rapporti con il colonnello Gheddafi. Anche grazie ai suoi buoni uffici, infatti, il governo italiano ha potuto raggiungere l’intesa con la Libia su risarcimenti e immigrazione.
Francesco Specchia