Alberto Di Majo, Il Tempo 22/9/2010, 22 settembre 2010
NIENTE TAGLI PER I DEPUTATI
Gli onorevoli si tengono stretto il vitalizio. Non solo. Anche il barbiere e la buvette. Altro che spese elevate e tagli necessari anche per dare il buon esempio al Paese che tira la cinghia. Alla Camera si può discutere di tutto ma non delle pensioni (loro) che, dai 65 anni, spetteranno a tutti quelli che hanno messo piede in Aula. Pazienza se ci sono ex deputati che con tre giorni di legislatura si portano a casa 3 mila euro al mese per il resto della vita. Dunque l’assegno non si tocca: è un diritto acquisito. L’ha deciso ieri l’assemblea di Montecitorio che ha respinto un ordine del giorno, presentato dai deputati dell’Idv, Antonio Borghesi e Silvana Mura, che chiedeva di trasferire le pensioni dei parlamentari all’Inps e agli altri enti previdenziali. Ma tutti, tranne ovviamente l’Italia dei Valori, hanno votato contro. Secondo il provvedimento i deputati avrebbero dovuto comunicare alla Camera il nome dell’istituto previdenziale al quale trasferire i contributi affinché fossero «aggiunti a quelli già accumulati per le attività lavorative precedenti al mandato parlamentare». Ma non c’è stato niente da fare.
Si salvano anche gli ex deputati, a cui Montecitorio continuerà a pagare i rimborsi per spostamenti e trasferte varie. Costano un occhio della testa ma non si può fare altrimenti. Non è passato l’ordine del giorno che prevedeva «la cessazione di ogni agevolazione per i deputati cessati dal mandato parlamentare, con particolare riferimento a quelle concernenti gli spostamenti aerei, autostradali, ferroviari, marittimi e ogni altro spostamento nazionale e internazionale». Niente tagli nemmeno al barbiere. La storica barberia della Camera continuerà a spuntare i baffi agli onorevoli. L’assemblea, infatti, ha bocciato quasi all’unanimità un emendamento di Stefano Stefani, presidente della commissione Esteri. L’esponente leghista aveva presentato un ordine del giorno per cancellare il servizio e, dunque, risparmiare. «Non è demagogia, ma dobbiamo dare ai cittadini un segnale. Abbiate coraggio, colleghi, e approvate la nostra proposta, abolite questo privilegio», aveva esortato Stefani. Il suo appello, però, è rimasto inascoltato. Il deputato ha anche citato, senza fare nomi, il caso di un barbiere mandato in pensione con una liquidazione di 300 mila euro. Ma neppure questo ha convinto i suoi colleghi che hanno ritenuto di mantenere in piedi il servizio. Stessa sorte per la buvette. L’Italia dei Valori aveva proposto di alzare i prezzi di panini e bevande come se fosse un bar qualsiasi. Tanto per dare un segnale ai cittadini. Niente da fare. Non saranno toccati nemmeno gli stenografi (una proposta ne chiedeva la riduzione del 30 per cento). Sono stati bocciati quasi tutti i 40 ordini del giorno presentati al bilancio 2010 della Camera. Alla fine l’assemblea ha approvato con 479 sì e 7 astenuti il bilancio preventivo interno per il 2010: la Camera costerà allo Stato quasi un miliardo di euro, con un incremento dell’1,3% sull’anno scorso.
Il documento prevede risparmi di 315 milioni di euro nel periodo 2006-2011, che dovrebbero aumentare fino al 2013, quando si sentiranno gli effetti della «sforbiciata» di mille euro dalla busta paga dei deputati, e del 5% sulle retribuzioni dei dipendenti che guadagnano tra 90 e 150 mila euro, e del 10% degli stipendi sopra i 150 mila euro, oltre a un taglio delle spese non vincolate, per un totale di 60 milioni di euro. Alcuni ordini del giorno sono stati accettati come raccomandazioni e vanno nella stessa direzione già stabilita dai questori della Camera, come quelli che riguardano il taglio delle spese di affitto dei Palazzi. La voce più rilevante è proprio la locazione degli immobili. Dal 1997 la Camera ha in affitto quattro edifici che compongono il complesso «Palazzo Marini». Ogni anno costano più di 30 milioni di euro, versati alla società Milano 90 dell’imprenditore romano Sergio Scarpellini. Una società che ottiene altri 17 milioni di euro per i servizi che svolge in questi palazzi. I conti globali li fa Amedeo Laboccetta (Pdl) nel suo ordine del giorno: «Nel corso della locazione - scrive - la Camera dei deputati ha corrisposto alla società Milano 90 complessivamente oltre 300 milioni di euro, che ben avrebbero potuto essere utilizzati per l’acquisto dell’immobile che all’attualità può ritenersi avere un valore non superiore ad euro 150 milioni». Dunque Laboccetta consiglia di contrarre un mutuo di 150 milioni di euro «nella forma prudente del tasso fisso» per 25 anni che consentirebbe a Montecitorio di acquistare almeno un palazzo e risparmiare più di 10 milioni di euro all’anno. La strada sembra decisa. I vertici di Montecitorio, infatti, hanno confermato l’intenzione di disdire i contratti di affitto.
Lo ha detto il questore della Camera Gabriele Albonetti al termine del dibattito in Aula. «C’è ancora bisogno - ha precisato Albonetti - di un ufficio per ogni parlamentare? Oppure il prevalere di altre considerazioni può consentire una revisione seria della materia? È una riflessione che sottoponiamo al confronto con i gruppi anche per un’analisi sul reale utilizzo di quelle sedi e di quegli uffici». L’intenzione, quindi, è quella già annunciata dall’ufficio di presidenza di qualche giorno fa di disdire i contratti di locazione con la società Milano 90 anticipatamente, laddove possibile, rispetto alla scadenza. E il primo, in ordine di tempo, è quello dei locali di Palazzo Marini 1, dal quale si può recedere anticipatamente, da gennaio 2012. Gli altri tre contratti di locazione hanno tempi di scadenza più lunghi, ma i questori della Camera attendono la sentenza di appello del ricorso presentato nel 2007 (ma perso in primo grado) per una «corretta interpretazione di alcuni articoli dei contratti di locazione stipulati con la società Milano 90, che potrebbe aprire nuovi scenari anche per l’ipotesi dell’acquisto degli edifici oggi affittati. «Aspettiamo - ha detto Albonetti - il parere dei gruppi parlamentari, anche per la valutazione degli effetti che queste scelte potrebbero avere sui deputati.
E nel frattempo, intensifichiamo i rapporti con l’Agenzia del Demanio per l’individuazione di nuove sedi» da acquistare accendendo un mutuo. Mentre sul vitalizio era stato l’altro questore della Camera, Antonio Mazzocchi, a precisare: «Non è assimilabile ad una pensione e su questi aspetti è già stata varata una incisiva riforma». «Ma in questo modo - ha ribattutto Antonio Borghesi - la Camera avrebbe risparmiato qualcosa come 150 milioni di euro l’anno».