Torno Armando,Corriere della Sera, 20 settembre 2010, 20 settembre 2010
LA DIPARTITA DI FRANCESCO ADORNO
È morto ieri a Firenze Francesco Adorno, uno dei più autorevoli storici della filosofia antica. Era nato a Siracusa nel 1921, ma ha sempre vissuto nel capoluogo toscano, dove, tra l’ altro, insegnò per molti anni e fu presidente de «La Colombara», la nota accademia di scienze e lettere.
Il suo nome circolò, oltre che nell’ ambito universitario, anche tra gli studenti liceali per un fortunato manuale di Storia della filosofia pubblicato da Laterza, che scrisse con Tullio Gregory e Valerio Verra (nel quale era previsto, tra l’ altro, un invito alla lettura diretta dei testi).
Aveva un passato partigiano e, per quanto è concesso in un Paese come il nostro dove la televisione è dedicata soprattutto a giochi e a intrattenimenti penosi, partecipò a qualche trasmissione della tarda notte per parlare di pitagorici o di Platone. Circola qualche intervista realizzata da Radio Radicale; ma soprattutto il suo lascito è nelle ricerche che ha pubblicato, nei testi curati.
Brillante conversatore pur nella sua semplicità, sapeva mettere chiunque a proprio agio trattando di argomenti alti. Con quale opera dobbiamo ricordarlo? Difficile scegliere. Di certo il lavoro per l’ edizione di un Corpus dei papiri filosofici greci e latini (pubblicata in una decina di volumi da Olschki) rimarrà, così come quei testi critici umanistici fiorentini che ha curato nelle sue escursioni lontane dal mondo classico. Ma indubbiamente l’ opera che segnò una svolta furono i due tomi de La filosofia antica, che videro la luce da Feltrinelli nel 1961 e nel 1965 (poi ristampati in quattro volumetti), parte fondante di una nuova storia del pensiero mai completata. Nelle intenzioni dell’ editore, però, avrebbe dovuto essere laica e lontana dagli schemi cattolici e idealisti (questi ultimi ben testimoniati dall’ impresa di Guido De Ruggiero).
Adorno, formatosi nel clima fiorentino degli anni Trenta e di guerra, ebbe quale parte determinante - ma non divenne un’ ipoteca - della sua formazione lo storicismo crociano, che lo indusse a concepire la filosofia come riflessione storico-critica mai separata dalla vita. E se il primo tomo dell’ opera feltrinelliana non rappresentò una rivoluzione, il secondo conteneva una nuova visione della materia prima della vaste ricerche di Giovanni Reale e dei contributi più recenti. Detto in soldoni, egli ampliò notevolmente lo spazio concesso ad autori e correnti della tarda antichità, soffermando la sua attenzione su molti Padri della Chiesa, sugli uomini di scienza, spingendosi con ricerche dettagliate sino al VI secolo. Tra le caratteristiche, è il caso di ricordare lo spazio che concesse alla reazione dei filosofi pagani durante i primi secoli della nuova fede. Per fare un esempio, egli osò scrivere che Giuliano Imperatore, noto come l’ Apostata, estese in materia di religione l’ editto di Costantino e che molti autori di trattati anticristiani furono coerenti con una tradizione che faceva perno in Plotino. Il tomo giungeva alla chiusura della Scuola di Atene da parte di Giustiniano (529 d.C.) offrendo storie di correnti poco note o profili di autori come Damascio di Damasco, del quale in Italia circolano tradotte soltanto due o tre pagine (in un’ antologia edita da Cortina).
Ma il lavoro di Adorno non si fermò qui. Impegnato nella traduzione di Platone per Laterza (dove collaborò con Gabriele Giannantoni) e per i «Classici» Utet (cominciò con le Opere politiche del sommo ateniese, su incarico di Luigi Firpo), di lui ci restano, tra l’ altro, ricerche sulla Sofistica, su Socrate, nonché due saggi dedicati rispettivamente alla cultura ionica e alla filosofia ellenistica. Questi ultimi uscirono in Storia e civiltà dei Greci (Bompiani), diretta da Ranuccio Bianchi Bandinelli. E tutto ciò senza contare le due fortunate Introduzioni a Socrate e a Platone pubblicate nella collana omonima di Laterza e continuamente riproposte.
Il suo stile, taluni sospiri che sapeva spendere dinanzi alle questioni amate, vanno cercati negli Studi sul pensiero greco (pubblicati dalla compianta Sansoni nel 1966).
Spese non poco tempo della vita per ricostruzioni filologicamente rigorose, per inseguire a volte un dettaglio, un termine. Ma non fu un pedante accademico, né tormentò il mondo con questioni di lana caprina. Intuì che il pensiero greco e romano aveva ancora infinite sorprese in sé e che nel mondo antico si celava uno specchio nel quale si riflettono molte nostre idee, marxismo compreso. Seppe forse per tali motivi coniugare una buona divulgazione con un rigore che gli veniva dai «suoi» greci. Ovvero da quei filosofi che quando li conosci - ci confidò in un incontro al quale venne con Giovanni Pettinato - «ti fanno perdere la testa e pensi sempre a loro».