GIOVANNI PONS, la Repubblica 21/9/2010, 21 settembre 2010
IL BANCHIERE SI SFOGA CON I SUOI MANAGER "SONO SCOMODO, NON FACCIO PARTE DEL SISTEMA" - MILANO
«Sono rientrato sabato scorso dall´America dove ero stato per un road show e nel pomeriggio una parte degli azionisti mi hanno detto che avevano deciso di sostituirmi». Si sfoga così Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit dall´aprile 1997, con alcuni dei suoi più stretti collaboratori all´interno della banca. Il momento, inutile negarlo, è molto difficile e il banchiere ha passato tutta la giornata in trincea, a parlare con i manager a lui fedeli e con gli azionisti che sembrano voler voltar pagina e metter finalmente il naso nella gestione della quinta banca europea. «La verità è che sono un personaggio scomodo, non faccio parte del sistema, ho rifiutato la Telecom quando al governo c´era il centro-sinistra, ho sbattuto la porta dal cda Rcs», riferiscono fonti interne alla banca che nel weekend hanno potuto parlare con il banchiere. La giornata è lunga, in serata viene convocato il cda straordinario, ma poco prima delle 20 Profumo si presenta al teatro Dal Verme per assistere al Concerto Civile "Giorgio Ambrosoli" in ricordo di Guido Galli. Il viso è sereno, nonostante tutto, e come al solito cerca di evitare i giornalisti schierati con una scusa non certo banale: «Vado a salutare Annalori».
Il banchiere genovese ha sempre mostrato un forte senso civile e rispetto per le istituzioni del paese, dunque non sorprende vederlo presente al secondo concerto promosso dalla borghesia milanese in ricordo di un uomo, Ambrosoli, che ha pagato con la vita il suo voler essere fedele fino in fondo ai propri principi etici e al dovere istituzionale. Ma la bufera interna a Unicredit ormai è innescata e oggi bisognerà affilar le unghie per la resa dei conti. Il presidente Dieter Rampl ha cavalcato fino all´estremo l´affare del rafforzamento dei soci libici nell´azionariato Unicredit, cercando di coagulare un fronte anti-Profumo. Poi ha spinto sull´acceleratore pur senza avvertire tutti gli azionisti: il fronte, dunque, c´è ma non è unanime, probabilmente Luigi Maramotti e Carlo Pesenti non sono così convinti che sia giunta l´ora di cambiare ad. Tantopiù che sull´affare Libia i punti oscuri sono ancora molti: «Il primo a sapere che i libici volevano prendere una posizione importante nella banca è stato proprio Rampl - rivela un banchiere vicino a Piazza Cordusio - e anche Palenzona sapeva per via governativa o diplomatica». Basta chiedere all´ambasciatore libico in Italia, Hafed Gaddur. A un certo punto Profumo ha saputo del rastrellamento di azioni dai suoi uffici interni, poiché il fondo sovrano di Muhammar Gheddafi, il Lybian Investment Authority, ha scelto proprio Unicredit come intermediario per l´acquisto delle azioni. Ma a quel punto, ripeterà oggi Profumo a tutti i consiglieri, l´ad era vincolato al segreto dall´art.134 della legge Draghi che prevede risvolti anche penali per chi rivela all´esterno informazioni privilegiate. Certo Rampl non è un "esterno" alla banca ma se il presidente avesse parlato con qualcuno con intenti speculativi a quel punto la responsabilità sarebbe ricaduta anche su Profumo.
Questione delicata, dunque, e dai possibili risvolti legali. Qualcuno prevede che oggi ci sarà baruffa in cda, sicuramente prenderà la parola il rappresentante della Banca Centrale libica Farhat Bengdara, per dimostrare che c´è autonomia di decisioni tra loro e il fondo sovrano Lia e che non c´è alcuna stranezza nel comprare azioni di una banca che valgono 2 euro che in futuro potrebbero raddoppiare. E lo stesso Profumo, stando a chi lo conosce bene, cercherà in extremis di proporre delle regole, un metodo nel cda per sancire una più corretta separazione tra azionisti e management.
La sensazione, comunque, è che si sia ormai logorato il rapporto umano tra il manager e i suoi principali azionisti. Non è un mistero che da due anni a questa parte la banca produce molti meno utili rispetto al passato e che nel 2009 ha distribuito il dividendo in azioni invece che in cash come negli anni passati. A ciò si aggiungano le crescenti pressioni della politica sulle Fondazioni, con la Lega che più volte ha minacciato una sorta di spoils system per far sì che i crediti bancari affluiscano in maniera più fluida verso le piccole e medie imprese. È l´eterna contraddizione tra una banca che deve essere legata al "territorio" ma anche alle dinamiche internazionali, quale Unicredit è da tempo. L´acquisto della Hypovereinsbank, nell´estate del 2005, aveva proiettato Profumo tra i principali banchieri europei, poi nel 2007 e 2008 è arrivata la crisi finanziaria innescata dai titoli tossici che Unicredit aveva inglobato proprio con i conti della banca tedesca. Le Fondazioni hanno così cominciato a stringere la morsa, chiedendo assicurazioni sulla distribuzione dei dividendi futuri. La Cariverona con il dominus Paolo Biasi fu la prima a fare lo sgambetto nel marzo 2009 quando si ritirò all´ultimo minuto dalla sottoscrizione del bond legato all´aumento di capitale. E in quell´occasione il soccorso arrivò proprio dai libici e dalla Fondazione Crt, teleguidata dal vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona. Proprio colui che ha difeso Profumo nelle situazioni più delicate ora sembra avergli voltato le spalle, ascoltando sempre più i malumori dei gestori della Crt. Ma anche colui che è molto sensibile al richiamo della politica, soprattutto romana. Se è vero che in questo frangente il principale difensore di Profumo sembra essere Giulio Tremonti, non si può escludere che Palenzona possa compiere un´altra piroetta delle sue nel consiglio di amministrazione di oggi. Se invece tutto andrà nella direzione voluta da Rampl bisognerà mettere una pietra sopra all´era Profumo in Unicredit. Anche se non si può escludere, vista la giovane età e l´impegno civile del personaggio dimostrato in più occasioni, una discesa nell´agone politico in questo momento di grande confusione morale e istituzionale per l´Italia repubblicana.