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 2010  settembre 21 Martedì calendario

La Camera prova a tagliarsi gli affitti - Una buona notizia per i contribuenti, una così così per i deputati (che tanto non ci andavano), una pessima per l’immobiliarista Sergio Scarpellini

La Camera prova a tagliarsi gli affitti - Una buona notizia per i contribuenti, una così così per i deputati (che tanto non ci andavano), una pessima per l’immobiliarista Sergio Scarpellini. Che se si arriverà all’abbandono degli uffici di Palazzo Marini, attualmente in dotazione alla Camera dei Deputati, rischia di perdere molti soldi. La storia: calata la mannaia sui bilanci della Camera, bisogna tagliare. L’obiettivo più ovvio nel mirino dei deputati questori - Francesco Colucci, Gabriele Albonetti, Antonio Mazzocchi - è proprio l’immenso complesso di Palazzo Marini, nei pressi di piazza San Silvestro, di proprietà della «Milano 90», società che fa capo all’Immobilfin di Sergio Scarpellini. È dall’aprile del 1997 - tempo di collegi uninominali, e di vacche relativamente grasse - che la Camera ha in affitto l’immobile. Non certo a buon mercato, visto che di «pigione» gli uffici di Montecitorio devono pagare la bellezza di 46 milioni e mezzo l’anno. Non poco, anche se la location e le strutture sono invidiabili: 60.000 metri quadri di superficie, 600 uffici, tre sale conferenze, buvette, e perfino una mensa per 500 coperti. In tutto Montecitorio spende 54 milioni di canoni di locazione. A parte il fatto che magari è più razionale investire i soldi e acquistare, il guaio - si converrà, non lieve - è che Palazzo Marini è quasi sempre deserto. Gli uffici sarebbero destinati ai deputati «semplici», ovvero quelli che, non essendo membri dell’ufficio di Presidenza, presidenti di commissione o vicepresidenti di gruppo non hanno spazi dedicati a Montecitorio. Qualcuno ci va, o ci mette i collaboratori, ma tantissime sono le stanze chiuse con arredi destinati ad accumulare polvere. Come quelle che spettano di diritto ai deputati ministri e sottosegretari. Si tratta di una vecchia battaglia combattuta in prima linea dalla radicale Rita Bernardini, che ha fatto il diavolo a quattro per far emergere i reali costi dell’operazione. Ieri il questore Colucci - presentando il bilancio interno 2010 della Camera, che prevede 315 milioni di risparmi - è stato esplicito: «C’è da chiedersi - ha detto il deputato Pdl - se stanziare cifre rilevanti in bilancio per le locazioni può ancora essere considerata la risposta più corretta alla richiesta di spazi per l’esercizio del mandato parlamentare. Può essere ancora valido il principio secondo cui la Camera deve garantire un ufficio a ciascun deputato?». Insomma, si propone di rescindere i contratti di affitto di Palazzo Marini. Linea condivisa dall’Ufficio di Presidenza, che raccomanda di chiedere all’Agenzia del Demanio di acquistare (a spese della Camera) un palazzo in zona vicina. Deciderà l’Aula. Ma non è facile. Intanto perché per l’immobile sono in vigore quattro contratti: uno si potrebbe disdettare a gennaio del 2012, gli altri solo dal 2016, 2017 e 2018. E c’è da fare i conti con il padrone di casa, Sergio Scarpellini, immobiliarista ben introdotto nei partiti. Che non è per niente contento di perdere un pigionante tanto generoso, anche se gli resterebbero come « inquilini» il Senato, il Tar, l’Authority per le Tlc, il Comune di Roma e altri ancora. E chissà che diranno i circa 400 dipendenti di Palazzo Marini, assunti dalla Immobilfin, pagati molto ma molto meno dei commessi di Montecitorio. Gli diranno che i deputati gli vogliono togliere il posto di lavoro?