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 2010  settembre 20 Lunedì calendario

Obama è «negro», non «nero» né «coloured» - Esimio Dr. Pao­lo, qualche tem­po fa, ai margini di una serata di svago (partitel­la di calcetto e pizzata defati­gante

Obama è «negro», non «nero» né «coloured» - Esimio Dr. Pao­lo, qualche tem­po fa, ai margini di una serata di svago (partitel­la di calcetto e pizzata defati­gante...) con amici aspiranti giuristi (quasi tutti anticomu­nisti viscerali), sono rimasto «solo contro tutti», quasi fossi il tenente colonnello Custer pres­so il fiume Little Big Horn, quando ho parlato di negri. (Un amico addirittura mi ha detto: «ma chi sei, la reincarnazio­ne di Hitler?!»). La prego, mi venga in soccorso senza farmi diventare leggen­da come il Custer di cui sopra: ho ragio­ne a dire che il termine «negro» in italia­no non è offensivo ma viene equiparato all’inglese nigger (che sta invece per il nostro «negraccio»)? E ho ragione a continuare nella mia battaglia per il cor­rett­o utilizzo del nostro vastissimo voca­bolario («nero» è un colore e «di colo­re » sono tutti gli uomini), utilizzando ancora la parola incriminata senza ov­viamente ritenere che sia in alcun mo­do lesiva della dignità degli «abbronza­ti come Obama»? Sono politicamente troppo scorretto forse? Grazie Maestro. Francesco Cappelli Firenze Eh sì, caro Cappelli, dicendo «negro» in luogo «nero» o di «di colore» o «colorato» (stampo dell’inglese « coloured », che sta appunto per «uomo di colore») lei vìola il galateo politicamente corretto del pensie­ro unico. Un titolo di merito, il suo, sia ben chiaro. A dar retta a quei mammalucchi Il negro del Narciso di Conrad dovrebbe es­sere rititolato Il di colore del Narciso (e il nome della via dove s’erge orgoglioso il palazzo del Giornale , Via Gaetano Di Co­lori). Però la pubblicazione più corretta­mente politica che ci sia, che tratta di Afri­ca e africani e dove il vocabolo «negro» non compare mai essendo ritenuto al pa­ri di una bestemmia, si chiama Nigrizia . Non Nerizia . E la negritudine resta, anche in quelle pagine, negritudine, non neritu­dine. Questo per dire che la messa al ban­do di «negro» è un tic, uno dei tanti tic dei devoti di quella incommensurabile bi­scherata, di quella fabbrica di ipocrisie che chiamasi, appunto, correttezza politi­ca. La bibbia dell’illuminismo, l’ Enciclo­pedia di Diderot e d’Alembert, ha una (lunga) voce « Negre » e a leggerla altro che «reincarnazione di Hitler», come le ha da­­to il suo amico calcettatore: c’è da restarci secchi. «Negro» è vocabolo italianissimo (lo troviamo in Dante e in Petrarca) che compare già nel primo dei vocabolari, quello seicentesco della Crusca. Da quel­­li, dai vocabolari, intendo, non è mai usci­to e la definizione che di «negro» si dà oggi è, suppergiù: di popolazione negroide (non neroide), appartenente a un gruppo umano originario del continente africa­no. Ah, dimenticavo, nessun dizionario assegna un significato negativo alla paro­la «negro»;per metter le mani avanti qual­cuno aggiunge che l’aggettivo «può» esse­re usato in tono dispregiativo, ma non lo è in sé. Ciò detto, calo il mio asso di bastoni: nel maggio scorso il Venerdì , ebdomadario della Repubblica , come dire il tempio del politicamente corretto, pubblicò in coper­tina una fotografia di Barack Obama. Il Presidente si trovava nello Studio ovale, intento a compilare il modulo dell’«Uni­ted States Census 2010 ». Il censimento, in­somma. Bene, nell’ingrandimento della domanda numero 9, « What is Person 1s race », e sottolineo « race », si legge: « Ameri­can indian, Alaska native, Black, African Am. or negro ». Non abbiamo, in un docu­mento ufficiale sotto gli occhi di Obama, solamente «negro» in luogo dell’ipocrita « coloured ». Ma anche « indian », indiano, pellerossa, quando il bon ton politica­mente corretto esige « american native », nativo americano. Un documento, quel­lo gentilmente offertoci dai repubblico­nes , che taglia la testa al toro, caro Cappel­li: negro, si può. Si deve. Paolo Granzotto