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 2010  settembre 20 Lunedì calendario

Il boom del taccheggio Rubati 4 miliardi di euro (2 articoli) - Il furto costa caro ai supermercati italiani, ancora di più in tempo di crisi economica

Il boom del taccheggio Rubati 4 miliardi di euro (2 articoli) - Il furto costa caro ai supermercati italiani, ancora di più in tempo di crisi economica. Che sia opera di ladri esperti o amatoriali, il taccheggio nella grande distribuzione italiana è infatti costato 3,8 miliardi di euro nel 2009, il 6,2% in più rispetto all’anno precedente. A livello mondiale sono state invece sottratte dagli scaffali della grande distribuzione merci per un valore pari a 84,165 miliardi di euro, con un incremento del 5,9% rispetto al 2008. Sono questi i risultati del «Barometro Mondiale dei furti», ricerca del Centro di ricerca per il Retail. A pesare sull’aumento più significativo dei furti mai registrato dal 2001 è stata, secondo i retailer interpellati, la recessione che ha colpito tutti i comparti della grande distribuzione. «I retailer attribuiscono le cause di almeno un terzo di tale incremento alla recessione economica» afferma Joshua Bamfield, direttore del Centro e autore dello studio. Una opinione ampiamente condivisa soprattutto dai rivenditori italiani. Nella classifica globale, il 54,2% dei distributori italiani ritiene infatti di aver subito un incremento dei furti dovuto proprio alla crisi. L’Italia è il paese dell’Europa occidentale che ha registrato l’incremento più consistente dei furti. A precedere il nostro Paese ci sono infatti solo Slovacchia (+9,8 %), le Repubbliche Baltiche-Lettonia, Estonia, Lituania (+6,7%), Repubblica Ceca (+6,5%), e Turchia (+6,4%). I prodotti preferiti dai ladri? Abbigliamento, soprattutto per capi firmati e accessori, e cosmetici. Tendenze globali rispecchiate anche dall’Italia, ma con alcune specificità. Nella classifica dei dieci prodotti maggiormente rubati, al primo posto gli alimentari freschi come carne, pesce, salumi e latticini, seguiti dagli articoli per la cura e l’igiene del corpo come cosmetici, profumi, ma anche pasta per dentiere e collutori. A seguire vini e superalcolici. I capi di abbigliamento si posizionano al quinto posto, salendo di due posizioni rispetto alla classifica italiana del 2008. Per quanto riguarda i prodotti che hanno subito gli incrementi più significativi nei furti, nel 2009 si è registrato un aumento del +17,8% per pile e batterie ricaricabili, del 14,3% per i prodotti per la cura del corpo seguiti da alimentari freschi (+10%), alcolici (+7,2%), piccoli elettrodomestici e articoli per il fai da te (+6,5%). «Gli articoli che attirano maggiormente l’attenzione dei taccheggiatori - spiega Salvador Cañones, country manager di Checkpoint Systems Italia - sono spesso di ridotte dimensioni e quindi semplici da nascondere, costosi e, possibilmente, di marca. Articoli facilmente rivendibili sul mercato nero, in quanto richiesti dalla maggior parte della popolazione, nonostante la crisi». In Italia oltre la metà dei taccheggi (il 50,8%, il 3,3% in più rispetto alla media europea) è commesso dai clienti. I dipendenti disonesti costituiscono invece la seconda causa, con il 30,9% dei furti. Le frodi da parte di fornitori/produttori e i furti nelle consegne pesano per il 6,1% delle perdite. Ma a pagare le spese dell’aumento del crimine sono soprattutto i consumatori onesti, «costretti a sopportare annualmente una sorta di tassa invisibile che ricade sull’acquisto dei prodotti pari a 190 euro per nucleo familiare» rileva Sandro Castaldo, chairman marketing della Sda Bocconi ed esperto di Retailing. BIANCA SABATINI *** Il nome in codice è «Rfid», ma tutti la chiamano «etichetta tuttofare». Le grandi catene commerciali attendono questo ritrovato della tecnologia come fosse la manna della scienza per risolvere il problema dell’esercito di ladruncoli che ogni anno saccheggiano gli scaffali di supermercati e ipermercati in tutto il Paese. «Adesso quell’etichetta costa ancora troppo, ma il prezzo scende anno dopo anno» spiega Francesco Buò, 60 anni, direttore commerciale piemontese del canale ipermercati di Novacoop, la società che gestisce il colosso Ipercoop. E’ una sorta di microchip dove c’è tutta la storia del prodotto. E può essere applicato ovunque, magari anche all’origine. Al momento, questa soluzione è adotta quasi soltanto dai corrieri, per la tracciabilità dei pacchi. Aggiunge: «In 36 anni di lavoro, i miei collaboratori e io ne abbiamo viste di tutti i colori. La crisi economica esiste, questo è certo, ma non mi pare abbia inciso in modo particolare sul fenomeno dei furti». Tra gli scaffali si confrontano i mille stratagemmi dei ladri e le altrettante contromisure adottate dalle aziende. «Guardi, accade di tutto. Dalle persone che pesano la frutta e cercano di aggiungere qualcosa dopo aver stampato l’etichetta, a quelle che prendono di mira affettati e carne, meno facili da “tracciare”, ad altri che vuotano fustini di detersivo per avere lo spazio dove infilare prodotti più costosi» spiega ancora Buò. Qualche volta, è fame. Sovente, un modo per far soldi. Pochi o tanti, dipende dal livello di organizzazione. Ci sono «bande, che riempiono le borse “schermate” con la carta stagnola e tentano di andarsene senza far suonare i rilevatori all’uscita». Vecchi trucchi, ancora utilizzati. Cambia la forma. I primi «modelli» erano borse-frigo oppure borse in tela, come quelle utilizzate dai frequentatori di palestre; negli ultimi tempi, sono spuntate borse da donna, con la «schermatura» cucita sotto la fodera. «Abbiamo preso molte contromisure e questo ha consentito di contenere il fenomeno - spiega ancora Buò -. Da tempo ci sono le videocamere di sicurezza, ma abbiamo coperto anche i “punti ciechi” che potevano esserci all’inizio. Poi, ci sono le barriere sensibili alle placche antitaccheggio, vicino alle casse. Ma soprattutto, abbiamo molto personale di sicurezza, tra coloro che lavorano davanti ai monitor a quelli che passano tra gli scaffali, che hanno sviluppato un buon “occhio clinico”». Un lavoro di prevenzione che «costa molto, assai più di quanto recuperiamo. Ma non abbiamo scelta. Senza, sarebbe una strage» spiega il manager. E comunque, i termini di questa battaglia quotidiana sono in continua evoluzione. Sempre nell’ottica della prevenzione. Molti prodotti vengono già dotati all’origine di placche antitaccheggio. «Accade ad esempio con i cd» spiega Buò. Un costo in più per i produttori. E a pagare è il consumatore. CLAUDIO LAUGERI