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 2010  settembre 21 Martedì calendario

UCCIDEVANO GLI AFGANI "PER SPORT"


Uccidevano e massacravano per il solo piacere di farlo. Fatti di alcol e di droga. Killing an Arab così per noia: come nella canzone che i Cure rubarono a Camus. Pronti a trattenere e nascondere come uno scalpo quei poveri corpi massacrati. Qui un teschio. Qui le foto dell´ultimo eccidio. E poi le minacce e le ritorsioni verso chi non aveva il fegato di starci. Lo chiamavano il kill team: la squadra per uccidere. Il plotoncino della morte.

Una storia dell´orrore che arriva dall´ultimo posto in cui ti saresti aspettato di sentirtela raccontare: la base militare in Afghanistan della Quinta brigata combattente Stryker, seconda divisione di fanteria. Il cuore dell´attacco delle forze Isaf ai Taliban. Il nucleo scelto dei ragazzi born in the Usa finiti laggiù per estirpare i Taliban che proteggevano gli assassini di Al Qaeda. Invece la squadra del sergente Calvin R. Gibbs, 25 anni, da Billings, Montana, aveva trasformato la guerra in un fatto privato. In un gioco assurdo.

La notizia è stata tenuta segreta il più possibile. Nel mondo islamico già in tumulto per le minacce in America di bruciare il Corano ci mancava questa storia incredibile degli assassini per gioco. Il processo che quest´autunno si aprirà alla base di Lewis- McChord, Washington, rischia di replicare per gli americani l´effetto Abu Ghraib. Soprattutto perché la storia portata alla luce dal Washington Post rivela anche un retroscena se possibile ancora più scandaloso: l´esercito non ha fatto nulla per fermare quella strage di cui pure era a conoscenza.

Un soldato, Adam C. Winfield, ha confidato cosa sta succedendo nella sua pattuglia a suo padre Christopher, un ex marine. Una confessione accennata su Facebook, una chat diventata un interrogatorio, l´allarme di un padre per quel figlio che dice di essere in pericolo: quel sergente Gibb gli aveva praticamente ordinato di partecipare ai raid. L´ex marine si attacca al telefono. Ma al centralino dell´Esercito solo una segreteria telefonica. Segreteria telefonica anche all´ufficio di un senatore.
Segreteria telefonica al reparto di investigazione criminale dell´esercito. Finché all´ultimo tentativo un sergente di piantone spiega che non può fare nulla se il figlio non fa denuncia ai suoi superiori.

I poveri afgani morti "per sport" sono almeno tre. Ma tanti altri sono stati assaliti. L´azione è messa a punto all´inizio di quest´anno. Il sergente Gibb è un veterano dell´Iraq e dell´hashish.
Il piano è semplice. Si finge un attacco e si colpisce. La prima vittima si chiama Gul Mudin. E´ il 15 gennaio nel villaggio di La Mohammed Kalay, Kandahar. Gul avanza verso i soldati. Uno di loro, Jeremy N. Morlock, 22 anni, di Wasilla, Alaska, il paese diventato famoso per Sarah Palin, lancia la granata e gli altri reagiscono all´"attacco". Un mese dopo tocca a un altro civile, Marach Agha.
Stessa tecnica, la granata fatta esplodere e l´esecuzione. Ma questa volta nello squadroncino della morte c´è anche il giovane Adam che aveva lanciato l´allarme. Al processo in autunno finirà anche lui che con i familiari si difende: «Sono stato costretto a partecipare e ho sparato in aria». Quello che è certo è che tre mesi dopo il kill team torna a uccidere: e questa volta la vittima è un religioso afgano, Mullah Adahdad.
Lo squadrone della morte non si ferma ma qualcuno lancia un nuovo allarme. Una denuncia anonima. Stavolta scattano gli arresti.

Ufficialmente non c´è una spiegazione degli attacchi. Ma alla vigilia del processo i documenti raccontano la stessa storia: quei soldati erano drogati di hashish e di noia. Uccidevano gli afgani "per sport".