Americo Bonanni, varie, 20 settembre 2010
ULTIME DALLA DOMOTICA, PER VOCE ARANCIO
Quarant’anni di promesse, anche grazie ai Jetsons di Hanna & Barbera (I pronipoti, nella versione italiana). Che spesso sono andate deluse. Ora finalmente per la casa intelligente potrebbe essere venuto il momento giusto. La domotica, ovvero l’insieme delle tecnologie impiegate nell’automazione delle abitazioni, è considerata pronta per il salto di qualità che la porti fuori dalle applicazioni più tradizionali, anche con grandi ripercussioni economiche.
Le prospettive commerciali degli analisti sono imponenti. Il mercato attuale dell’industria dell’home automation si aggira sui 2,5 miliardi di dollari, ma entro il 2014 dovrebbe raggiungere i 13,4 miliardi. E la casa intelligente figura, nell’ultimo rapporto annuale della Consumer electronics association, tra le cinque tecnologie da tenere d’occhio.
C’è però da considerare una differenza tra quello che le tecnologie promettono e ciò che un padrone di casa può oggettivamente pensare di installare in questo momento. Dal primo punto di vista, teoricamente è già tutto pronto per la realizzazione di uno scenario in cui gli impianti di casa sono interconnessi, dialogano tra loro e con gli abitanti, segnalano guasti e in qualche caso anticipano gli stessi desideri del proprietario.
E’ questa la casa che le aziende produttrici di apparecchiature e di elettrodomestici ventilano in convegni e fiere. E questa potrebbe essere la giornata tipo al suo interno.
Suona la sveglia. Nello stesso momento le tapparelle si alzano per fare entrare la luce del giorno e l’impianto stereo diffonde la musica preferita di ogni singolo membro della famiglia, diversa da una stanza all’altra. Ma già da prima la casa è entrata in funzione, accendendo la macchina per il caffè e riscaldando il bagno se è inverno. Durante la notte la lavatrice è entrata in funzione all’ora giusta per pagare meno corrente con le fasce orarie differenziate, ma evitando anche di accendersi assieme ad altri apparecchi che potrebbero assorbire troppa energia, facendo scattare il contatore.
Uscendo di casa, con un solo comando si ordina la modalità “riposo”. Entra in funzione l’allarme, che avviserà per sms o telefono di qualsiasi problema. Per scoraggiare i malintenzionati, il sistema di gestione accende e spegne a caso apparecchi televisivi, radio e luci, in modo da simulare la presenza di qualcuno. Le tende esterne sono abbassate, ma pronte a riavvolgersi se piove o c’è troppo vento.
In caso di una serata diversa dal consueto, per esempio con ospiti a cena, si potrà correggere l’impostazione del riscaldamento o del condizionatore, controllare il contenuto del frigorifero o preparare aceso il forno: tutto a distanza, con un sms o con un collegamento web alla centrale casalinga di controllo.
Il sistema di allarme, infine, sempre grazie a un comando unico, si mette in modalità “notte” rilevando solo tentativi di intrusione ma senza segnalare i movimenti interni alla casa, e continuando a sorvegliare fughe di gas o principi di incendio. La temperatura viene controllata stanza per stanza, a seconda dei gusti, mentre sensori audio e video controllano il riposo dei bambini più piccoli.
Prese una per una, sono tutte tecnologie non solo già esistenti, ma in molti casi presenti nella nostra vita di tutti i giorni. Fino a pochi anni fa, però, si trattava per lo più di congegni che non parlavano tra loro. Ognuno con la sua centralina e il suo linguaggio, ognuno con i propri apparecchi “chiusi”, incapaci di integrarsi in un sistema differente. La domotica ha il compito di mettere tutto assieme, controllare tutti quegli apparati attraverso un sistema centralizzato, permettere di comprare un sensore di fumo da un’azienda e montarlo su un sistema controllato da una centralina di una ditta diversa.
Esistono diverse soluzioni disponibili per questo, ma se guardiamo al futuro la risposta finale dovrà quasi sicuramente venire dalla tecnologia Internet. O meglio, da un nuovo sistema grazie al quale qualsiasi apparecchio elettronico ed elettrico del pianeta sarà collegato come un normale pc. Frigoriferi, forni, condizionatori d’aria, anche un semplice interruttore elettrico, tutti accessibili da qualsiasi altro apparecchio. Tutti parlanti lo stesso protocollo.
Un obiettivo impossibile con la tecnologia attuale, perché non ci sono abbastanza indirizzi da assegnare a tutte le apparecchiature. Attualmente tutto ciò che è su Internet viene identificato da un sistema di quattro numeri che possono andare da 0 a 255. Qualunque apparecchio collegato deve avere il suo, unico in tutto il mondo. In tutto, è possibile avere 4,3 miliardi di indirizzi. Ma questo sistema (IPV4) è già in crisi perché i computer diventano troppi, e inoltre molti blocchi di numeri sono riservati per usi speciali. Le previsioni parlano di un esaurimento entro il 2012 (2014 per gli ottimisti). Ecco perché è stato sviluppato il suo erede, l’IPV6, capace di assegnare indirizzi diversi a un numero enorme di macchine: 3,4x1038, praticamente impossibile da esprimere in lettere visto che si tratta di un numero composto da 38 zeri. E’ così che anche la più insignificante presa di corrente connessa a Internet alla pari del pc di casa diventa una realtà possibile. Una volta collegato alla rete con il protocollo standard, qualsiasi apparecchio potrà scambiare informazioni di tutti i tipi, molto più complesse del semplice “acceso” o “spento” di un interruttore delle luci o di un forno collegato a una presa di corrente domotica attuale.
Questo scenario, per quanto realizzabile, non è però dietro l’angolo, soprattutto per quanto riguarda la cosiddetta interoperabilità, la capacità di sistemi diversi di parlare tra loro. Oggi esistono infatti molti standard diversi nel campo dell’automazione casalinga, a partire dal vecchio X10, molto diffuso negli Stati Uniti ma presente anche in Europa. Tentativi di creare un linguaggio comune, capace di collegare apparecchiature diverse, ce ne sono stati tanti. Ad esempio il Konnex (KNX), al quale hanno aderito molte aziende europee.
Dotarsi di un impianto di automazione diventa così una scelta che implica una buona analisi delle proprie necessità. Si va da sistemi molto semplici, anche a meno di 1.000 euro, che si limitano a governare interruttori e prese di corrente. La maggior parte di essi comunica attraverso la stessa rete elettrica con la Powerline, che usa il sistema delle onde convogliate. Altri utilizzano tecnologie radio, quindi wireless. Sono chiavi in mano e non c’è bisogno di affrontare spese considerevoli per stendere nuovi cavi nei muri. Ma il più delle volte sono anche molto “chiusi”. Buoni per chi ha poche pretese e, soprattutto, vuole avere un accenno di domotica in una casa già abitata.
Per case in via di costruzione o sottoposte a importanti lavori di ristrutturazione si può acquistare un sistema di una grande azienda, cosa che offre una certa garanzia del futuro: se vorremo ampliare l’impianto, è molto probabile che troveremo i pezzi compatibili anche dopo anni. Inoltre le ditte più solide del settore impianti domestici cominciano a offrire centraline capaci di parlare anche vari standard, quindi di poter collegare apparecchiature di aziende diverse.
In alternativa si può puntare sui sistemi cosiddetti aperti, che però richiedono molto lavoro di programmazione da parte degli installatori. E’ il caso dell’Home Plc (Controllore logico programmabile), che impiega apparati usati per le automazioni industriali, molto versatili ma che, proprio per questo, hanno bisogno di una buona programmazione iniziale.
I costi dipendono da quante cose l’impianto domotico dovrà fare. Se sono solo luci e clima, sarà un discorso. Tapparelle automatiche, antifurto, apertura garage e porte, lo renderanno decisamente più complesso. Se poi dovrà anche diffondere musica e video in schermi posti nelle varie stanze, sarà ancora più costoso, anche perché richiederà altri cablaggi specifici. Per questo i prezzi oscillano molto: da 5.000 a diverse decine di migliaia di euro.
Ma c’è qualcos’altro all’orizzonte che potrebbe scombinare le carte di questa rivoluzione annunciata della casa automatica: i robot. In molte case sono già arrivati modelli come il Roomba della Irobot, un aspirapolvere robotico che a meno di 500 euro promette di mantenere pulita la casa quando non ci siamo. E’ solo un timido accenno. L’evoluzione di queste macchine fa pensare seriamente alla possibilità del maggiordomo robotico, una macchina su ruote (se non su vere gambe) capace di gestire l’intera casa in modo autonomo e intelligente. Per quanto possa apparire remota, una possibilità del genere scombinerebbe i piani a molte aziende impegnate nella domotica.