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 2010  settembre 20 Lunedì calendario

I MESTIERI DEL CINEMA, PER VOCE ARANCIO


Pupi Avati in lacrime quando ha saputo che il suo film (Una sconfinata giovinezza) non era stato incluso tra quelli in concorso alla Mostra del cinema di Venezia (fino all’11 settembre).

Per chi vuole lavorare nel cinema gli sbocchi più probabili non sono tanto i mestieri di regista o attore quanto le professioni tecniche. Vittorio Giacci, presidente della scuola romana Act Multimedia, Accademia del Cinema e della Televisione, dice che tra i profili più cercati c’è quello del montatore: «Il lavoro del montatore è molto vicino a quello del regista. I due, infatti, si occupano insieme della sintesi del racconto. Il montatore deve avere senso del ritmo, sensibilità e competenza. Questa professione non è brutalmente tecnica, bisogna avere una predisposizione al racconto. Perché il film, prima di essere montato, non esiste».
Come si diventa montatori?
«Esistono varie scuole, fra cui la nostra: quasi sempre, prima che finiscano i due anni di formazione, lo studente è già richiesto dal mercato. Oltre al cinema e ai grandi network, infatti, nel mondo attuale c’è una proliferazione di immagini che hanno bisogno di montaggio» (Vittorio Giacci a Job24).

Un montatore di cinema può arrivare a guadagnare 20 mila euro a film (per circa due mesi di lavoro), un montatore televisivo con contratto di formazione inizia con poco più di 20 mila euro lordi all’anno.


Flavio De Bernardinis, docente di Storia del Cinema alla Scuola Nazionale del Cinema di Roma, dice che un’altra figura richiesta è quella dello sceneggiatore: «Lo sceneggiatore è una figura centrale del cinema contemporaneo, forse più importante del regista. Basti pensare che il ministero dei Beni culturali, in Italia, elargisce soldi ai film sulla base della sceneggiatura. In Italia c’è richiesta di sceneggiatori specie per la tv: fiction, soap, miniserie, eccetera. Mediaset e Rai organizzano corsi e stage per la scrittura, e anche io ho una scuola di scrittura, il “MIM, master dell’immaginario”. Per fare gli sceneggiatori non serve la laurea, né saper scrivere. Scrivere una sceneggiatura infatti è un esercizio particolare, si tratta di un testo che quasi nessuno leggerà, un testo di servizio che non sarà pubblicato».
Ma allora come si fa a capire se un ragazzo ha talento per la sceneggiatura?
«Scherzando potrei dire che se un ragazzo sa di saper scrivere, ma vede che sue cose non funzionano per essere pubblicate, potrebbe cominciare a pensare che il suo talento è quello dello sceneggiatore».
Quanto tempo ci vuole per capire se un ragazzo ha talento nella sceneggiatura o no?
«Il corso di sceneggiatura della Scuola nazionale del cinema dura tre anni. Ma per la mia esperienza bastano sei mesi per stabilire se uno ha talento o meno».
Quanti dei suoi studenti trovano un buon lavoro nel cinema o nella tv?
«In media la metà. Ultimamente un nostro allievo ha partecipato alla sceneggiatura di Manuale d’amore. E non è poco».
Che possibilità di lavoro ci sono per chi non frequenta un corso?
«Le stesse di chi lo frequenta. Perché nel cinema vale ancora la vecchia idea della gavetta: imparare a scrivere lavorando direttamente nel mondo della sceneggiatura, magari, all’inizio, senza firmare» (Flavio De Bernardinis a Job24).

Altro mestiere richiesto dal mercato, l’aiuto regista, che organizza e mette in moto l’intera macchina del film. Guadagno medio: 1500 euro a settimana (il cinema paga a settimana, il venerdì).

«L’aiuto regista è, in fase di riprese, il comandante del set. Questo è un lavoro di grande responsabilità, da cui dipende tutta la giornata di riprese. Realizzare un piano di lavorazione giornaliero implica il coordinamento di tutti gli addetti ai lavori. Ma non solo: letto il copione, devo inserire tutti i dati rilevanti nel software “Movie Magic Scheduling” per la predisposizione di un programma di riprese. La fase successiva è quella di far pervenire sul set tutto il necessario per la realizzazione di ogni scena, concordare gli orari con il direttore della fotografia e preparare tutti gli ambienti» (Filippo Fassetta, aiuto regista in film come Gangs of New York, Perduto amor e La Terra, a Labitalia).
Come si diventa aiuto regista? «Con la frequentazione di scuole specializzate. In Italia stanno fiorendo centinaia di scuole che preparano alla professione di aiuto regista. Ovviamente, la sola preparazione accademica non basta. Ci vuole molta esperienza e un lungo apprendistato presso professionisti. Questo periodo di formazione direttamente sul set non solo consente ai giovani di mettere in pratica ciò che hanno studiato, ma consente loro di prendere contatti con personalità importanti del settore e ovviamente di far notare le proprie qualità». L’inizio è, dunque, una lunga gavetta come assistente di aiuto regista: «Iniziare come assistente implica grande umiltà dal momento che in Italia non è una figura propriamente “riconosciuta”. Questo implica che, a fronte delle molte ore di lavoro, egli non ottiene una buona paga mentre altrove, ad esempio in America, l’assistente è ben pagato» (Francesco Sperandeo, aiuto regista e autore di film come L’inchiesta e Exodus, a Labitalia).


Pasquale Croce, 40 anni, esperto di effetti speciali computerizzati e fondatore a Milano delle EDI Effetti digitali italiani, dice che per il suo settore il mercato, tra pubblicità e cinema, è in continua espansione.
Quali sono gli effetti più richiesti dal cinema alla vostra società?
«Negli ultimi anni la duplicazione di folla. Ad esempio in Carnera-The walking mountain (2007), i bagni di folla nello stadio sono stati realizzati artificialmente in 3D».
Come si diventa esperti di effetti speciali?
«In Italia i corsi validi sono pochi. Molti nascono solo per spillare finanziamenti alle Regioni. Ma in Francia la Supinfocom è un’ottima scuola. Dura quattro anni. Il primo biennio si studia cinematografia senza toccare il computer. Il secondo è dedicato alla pratica. Dalla Supinfocom escono fuori ottimi elementi».
Lei dove ha imparato a realizzare effetti speciali?
«Nel 1994, quando avevo nel curriculum solo qualche sigletta per la Rai e qualche spot sulle reti minori, sono andato a lavorare alla Buf, una società francese che ha prodotto effetti visivi anche per film americani come Matrix e Panic Room. All’epoca io ero il dipendente numero 14, oggi la Buf dà lavoro a più di trecento persone. A fine anno ricevevamo i video realizzati dagli studenti della Supinfocom e rimanevamo a bocca aperta: erano fantastici. Alcuni dei ragazzi facevano lo stage alla Buf, e alla fine i più bravi venivano assunti».
Quanto guadagna un esperto di effetti speciali?
«Uno junior sui 1.200 euro netti al mese, ma i più esperti arrivano a 3.500 – 4 mila» (Pasquale Croce a Vocearancio).



Alberto Sordi iniziò lavorando come comparsa.

Di solito, per lavorare come comparsa nei film o nelle fiction, non sono richieste specifiche competenze. Fino a qualche anno fa bisognava iscriversi al collocamento dello spettacolo in qualità di generico, adesso basta iscriversi alla sede dell’Enpals (Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo) della propria città. Quindi ci sono due possibilità: o si attende di essere chiamati, oppure ci si rivolge alle agenzie di comparse (che hanno lo scopo di fornire personale generico sia al cinema che alle trasmissioni televisive) o ai capogruppo (coloro che si occupano di selezionare le comparse richieste).
 Tra le Agenzie di comparse più famose, Martina Film di Pietro e Tonino Proietti in Via Tiburtina 521 (00141 Roma) c/o Studios (telefono 339/2181059 339/5258365).

Paga di una comparsa: dai 50 ai 90 euro al giorno.


Buone possibilità di lavoro, specie in Tv, anche per il doppiatore, che innanzitutto è un attore e perciò, dopo una preparazione presso scuole e accademie di recitazione, deve fare una specializzazione sulle tecniche di doppiaggio (molti i corsi disponibili, specialmente a Roma, spesso tenuti da famosi Direttori del doppiaggio). La retribuzione varia a seconda della produzione: ogni riga di copione, pari a circa 50 battute dattiloscritte, viene pagata circa 1,86 euro nel cinema, 1,60 euro per i telefilm e 1,24 euro per i cartoni animati (ma i doppiatori che raggiungono la popolarità legando la propria voce ad attori famosi ricorrono a trattative private).

Altro mestiere che ha un buon mercato: il fonico, cioè l’operatore che si occupa della parte sonora di un film. E’ una professione che si impara sul “campo”. Generalmente si parte come aiuto microfonista e successivamente come microfonista. Poi, dopo circa tre anni di gavetta necessari per apprendere i trucchi del mestiere, si approda alla figura di Fonico. «In Italia i Fonici sono piú di 10.000 e, calcolando il turnover fisiologico, se ne prevede per i prossimi 3-5 anni un fabbisogno di diverse centinaia, con conseguenti prospettive occupazionali piú che favorevoli. La retribuzione del fonico varia: come lavoratore dipendente, la sua paga si aggira fra i 23.000 e i 35.000 euro lordi annui, mentre, nel caso svolga un’attività autonoma, il compenso lordo è compreso tra i 100 e i 250 euro a giornata» (http://orientaonline.isfol.it).
Il giornalista Luca Davi, che ha curato un dossier sul cinema per il Sole 24 ore, dice che per le professioni tecniche (montatori, aiuto registi, tecnici del suono, ecc.) le migliori scuole sono l’Accademia dello spettacolo e la Scuola di cinema televisione e nuovi media di Milano, l’Accademia nazionale di arti cinematografiche di Bologna e l’Actimultimedia di Roma. «Sempre a Roma c’è la Scuola nazionale di cinema, la più ambita ma anche la più dura nelle selezioni: su ogni persona che accede, 99 restano fuori».

Fiorenza Cipollone, 48 anni, costumista, ha cominciato studiando all’Accademia di moda e costume, poi ha bussato alle porte delle sartorie cinematografiche e ha fatto la volontaria delle sartorie sui set: «L’esperienza sul campo mi è stata molto più utile di cinque anni di Accademia, però un titolo di studio, nel currilucum, fa sempre comodo. La gente crede che quello della costumista sia un mestiere facile, invece è complicatissimo: ci sono problemi di budget, devi mettere d’accordo attori e registi, all’ultimo minuto qualcuno cambia idea e ti fa ricominciare il lavoro daccapo. Io, con gli anni, mi sono fatta furba: ho un magazzino di 90 metri quadri stracolmo di abiti. Ci conservo tutto quello che la produzione butterebbe dopo la fine del film. Conservo persino le camicie bianche, per non doverle comprarle cento volte. In questo modo, se il regista cambia idea all’ultimo momento, trovo sempre una soluzione. Ad esempio Davide Marengo, sul set di Boris, voleva un pantalone da rapper di lunedì mattina, quando i negozi sono tutti chiusi. Io, nel mio magazzino, lo avevo».
Quanto guadagna una costumista?
«In media 700 euro lordi a settimana, ma un grande nome può arrivare fino a 3-4 mila».
In questo mestiere c’è spazio per i giovani?
«Pochissimo perché purtroppo molti vanno avanti per conoscenze e parentele. Spesso mi sono trovata alle prese con assistenti totalmente incapaci, e me le dovevo tenere perché erano cugine o fidanzate di qualche pezzo grosso».
Un aneddoto legato al suo mestiere?
«Anni fa un’attrice francese molto capricciosa pretendeva di indossare solo abiti firmati Ungaro. Una volta, sostenendo che la tintoria le aveva rovinato la sua giacca arancione d Ungaro, si rifiutava di girare.
Allora sono andata nei grandi magazzini romani Mas, a piazza Vittorio, ho comprato una giacca da 5 mila lire, l’ho tinta, e ci ho attaccato la targhetta di Ungaro della vecchia giacca. Lei l’ha indossata tutta soddisfatta ed è tornata a lavorare, senza accorgersi di niente» (Fiorenza Cipollone a Vocearancio).