Pietro Saccò, varie, 20 settembre 2010
IL MAXI INGORGO IN CINA, PER VOCE ARANCIO
«Stiamo solo costruendo un’altra Grande Muraglia. Solo che questa è fatta di macchine» (un tassista bloccato nell’ingorgo lungo la strada che porta dalla Mongolia Centrale a Pechino il 25 agosto, intervistato dal giornale indiano The Hindu)
Quando, lunedì 23 agosto, Global Times, giornale di Stato cinese (ma in lingua inglese), ha rivelato al mondo che in Cina si era creato un ingorgo da Guinnes dei primati erano già 10 giorni che centinaia di migliaia di macchine erano intrappolate in un’enorme coda sulla National Expressway 110, strada che da Huaìan, nella provincia cinese dell’Hebei, arriva a Jining, nel Tibet.
La fila di automobili per tre giorni, tra il 22 e il 25 agosto, ha superato i 100 chilometri di lunghezza. A un certo punto le macchine in coda non riuscivano a fare più di un chilometro al giorno. Il 25 agosto è stato considerato un buon passo avanti il fatto che riuscissero a procedere alla velocità di un chilometro orario.
Il blocco ha iniziato a formarsi il 13 agosto. Le autorità locali lo hanno spiegato così: la National Expressway è una strada sempre più trafficata negli ultimi mesi. Ci passano, in particolare, molti mezzi pesanti. Così l’asfalto si è rovinato e ad inizio agosto sono stati avviati i cantieri per risistemarla. Molti tratti della strada sono stati chiuso e il traffico è stato dirottato su una strada alternativa, troppo piccola (e questo lo si è scoperto solo dopo) per gestire tanto traffico. Una serie di incidenti sulla strada alternativa ha provocato il caos.
Le cose però sarebbero un po’ più complesse: la Cina, nonostante tutti i suoi sforzi nelle rinnovabili, ottiene ancora dal carbone il 70% dell’energia che consuma. Prima Pechino e i suoi dintorni ricavavano il carbone dalle miniere della vicina provincia dello Shanxi. Molte di queste erano miniere illegali, soggette a frequenti esplosioni e quindi pericolosissime per i loro lavoratori. L’anno scorso ne sono morti almeno 1.600 e quindi il governo ha deciso di provvedere: ha avviato i controlli e ha chiuso parecchie miniere. A quel punto si è creato un buco nelle forniture di carbone coperto solo grazie alle miniere della più lontana Mongolia Interna.
Trasformata in un’arteria fondamentale per le forniture energetiche e commerciali destinate a Pechino, la National Expressway ha visto una crescita esponenziale del numero di Tir che la percorrono. I camionisti incolonnati nel maxi ingorgo hanno anche aggiunto un altro dettaglio: molti di quei Tir trasportano carbone che arriva da miniere illegali. Le strade alternative restano vuote, perché i camionisti clandestini sanno che sulla National Expressway i controlli non ci sono mai, e quindi non hanno nemmeno bisogno di corrompere gli agenti, come invece devono fare altrove.
Col degenerare dell’ìngorgo i controlli sono arrivati. Si racconta di migliaia di camion bloccati direttamente ai confini dello Stato di Hebei dai poliziotti cinesi, che avevano l’obiettivo di svuotare la National Expressway.
Nel frattempo tra le auto imbottigliate si vedeva di tutto. Partite di carte interminabili, hanno raccontato i giornali, e orde di commercianti improvvisati. Perché i contadini che abitano nei paraggi dell’imbottigliamento non hanno rinunciato all’ottima occasione di guadagno che si è formata davanti ai loro occhi: si sono presentati lungo l’autostrada per vendere cibo e bevande agli automobilisti in coda. Bottigliette d’acqua minerale, normalmente vendute a un renminbi (poco più di 10 centesimi di euro) hanno decuplicato il prezzo, sono spuntati pranzi al sacco a 10 renminbi e sono state vendute migliaia di confezioni di spaghetti istantanei.
Il contadino che alla Cctv — la televisione di Stato cinese — esultava per aver messo insieme in una giornata 3-400 renminbi, un terzo o un quarto di quanto un operaio guadagna in un mese. «Si sente un gran odore di uovo e vermicelli in brodo», ha spiegato un’altra vittima dell’ingorgo: in cerca di una toilet gli automobilisti bloccati nel traffico non hanno potuto fare altro che sfruttare le campagne circostanti.
Se la coda che si è formata è stata stupefacente, la rapidità con cui il traffico è tornato regolare è stata altrettanto incredibile. I giornalisti di France Press che il 26 agosto sono andati a vedere cosa stesse succedendo (erano tre giorni che si parlava della coda) lungo la strada che doveva essere intasata hanno incontrato solo traffico intermittente e qualche coda molto normale. La strada era piena di Tir che portavano di tutto verso Pechino, ma le auto si muovevano. «Sì, le cose stanno andando molto meglio. Non ho idea del perché», ha detto loro una benzinaia.
Comunque le code lungo la “110” sono già diventate leggendarie in Cina. Il quotidiano Xinmin di Shangai ha ironizzato raccontando che all’inizio dell’estate era già capitato che parecchi automobilisti fossero stati costretti a «campeggiare per una quindicina di giorni» lungo la National Expressway.
Il fatto è che la Cina non può certo permettersi di rinunciare a quel carbone. Il problema dell’energia è infatti una delle questioni principali poste dalla straordinaria crescita dell’economia cinese, che nel secondo trimestre di quest’anno ha superato, in valore assoluto del Prodotto interno lordo, il Giappone al secondo posto della classifica mondiale. Solo nei primi 6 mesi del 2010 il Pil cinese è cresciuto del 10,3% e il fabbisogno energetico del Dragone è aumentato del 22%. Difatti il governo sta lavorando a un piano per fare chiudere le aziende che hanno consumi elettrici sproporzionati.
Ma anche il traffico in Cina sta diventando un problema. L’economista Nouriel Roubini racconta che fino a qualche anno fa era facile percorrere centinaia di chilometri lungo le nuovissime autostrade cinesi senza incontrare nessun’altra vettura. Quelle strade, ora, si stanno affollando a ritmi impressionanti.
La Cina nel 2009 ha superato gli Usa come primo produttore di auto del mondo: il valore della produzione di auto cinese è salito del 49%, a 308 miliardi di dollari, nella prima metà di quest’anno. In sette mesi sono state vendute già 10 milioni di auto, con 1,3 milioni di immatricolazioni solo a luglio, abbastanza da rendere la Cina anche il primo mercato dell’auto del pianeta.
Solo a Pechino si comprano 1.900 auto ogni giorno. La capitale ha superato i 4 milioni di auto circolanti a dicembre scorso e prima della fine dell’anno prossimo potrebbe sfondare il muro dei 5 milioni di auto. Se non ci sarà un freno, gli amministratori della capitale non saranno in grado di creare le infrastrutture necessarie.
Metà dei guidatori cinesi ha la patente da meno di cinque anni.
Gou Jifo, a capo del Beijing Transportation Research Centre, ha spiegato che di questo passo nel 2015 la velocità media di un’auto in città scenderà dagli attuali 40 a 15 chilometri all’ora.
Il governo ha stanziato 49,4 miliardi di dollari per allargare le strade di Pechino nei prossimi 5 anni: l’obiettivo sono 850 chilometri di nuove strade e un incremento del servizio di trasporto pubblico del 40%. Shanghai, che 15 anni fa non aveva nemmeno un chilometro di metropolitana, oggi ha la rete di metrò più vasta del pianeta, capace di fare spostare 5 milioni di passeggeri ogni giorno. Le autorità calcolano che per il 2020 la rete metropolitana di Shangai sarà più grande della somma di tutte le metropolitane giapponesi
È cinese anche il progetto del “bus tunnel”: un pullman sopraelevato che trasporterebbe i passeggeri (1400) lasciando scorrere le auto sotto di sé. I piani dell’azienda che lo ha progettato, la Shenzhen Hashi Future Parking Equipment, prevedono di fargli fare i primi test prima della fine dell’anno.
Non sono mai stati riportati ingorghi di dimensioni pari ai 100 chilometri cinesi. Anche se in code separate nella strade che portano a San Paolo, in Brasile, il 10 giugno di 2009 c’erano code per 293 chilometri totali.Il caos provocato dai lunghi incolonnamenti è stato aggravato da ripetuti attacchi di banditi alle auto ferme e da sparatorie tra questi ultimi e la polizia.
In Italia il 1° agosto del 2009 sul Passante di Mestre si è creata una coda di oltre 32 chilometri. C’era gente che giocava a calcetto lungo la corsia d’ emergenza e altre persone che organizzavano pic-nic e barbecue, mentre la protezione civile distribuiva panini e bottiglie d’acqua. Tutta colpa dell’esodo estivo e anche dei navigatori satellitari che, a quanto pare, hanno indicato a migliaia di macchine quel percorso e non la tangenziale alternativa a fianco. Qualche mese dopo comunque l’Antitrust ha multato le due società concessionarie per «informazioni carenti, incomplete e intempestive», sanzionandole per 150mila euro ognuna.
Nel 1991 in Italia c’erano 501 auto ogni 1000 abitanti. Nel 2006 - secondo gli ultimi dati europei disponibili - siamo arrivati a 598 macchine ogni 1.000 abitanti. Peggio di noi solo Stati Uniti (760), Lussemburgo (659), Malesia (640) e Australia (610). La media dei 27 Paesi dell’Unione si attesta a quota 463. Non va meglio nelle città. A New York ci sono 20 macchine ogni 100 abitanti, a Copenaghen 27, a Madrid 32, a Berlino 35, a Londra 36, a Los Angeles 57, a Milano 63, a Roma 76.
Secondo i calcoli di Legambiente la superficie occupata dalle 820mila auto dei milanesi sommata a quella delle 800mila auto dei pendolari è di 16 milioni di metri quadrati. L’equivalente di 2.250 campi di calcio. Il 10 per cento del territorio cittadino sacrificato a un oggetto che resta inutilizzato per la maggior parte del tempo. In media il traffico inghiotte due settimane di vita all’anno ad ogni italiano, costringendo le macchine a un’andatura analoga a quella di un atleta in corsa: si va dai 20 chilometri orari di Palermo ai 26 di Torino.
Un’indagine dell’Automobile club d’Italia su quattro città campione (Roma, Milano, Torino e Genova) ha dato questi risultati: a guidare la classifica del tempo trascorso in macchina sono i romani con 503 ore, seguiti dai milanesi con 498, dai torinesi con 450 e infine dai genovesi, che si fermano a quota 380. Se si considera, poi, il solo tempo sprecato a causa di code e rallentamenti, le quattro città citate restano nello stesso ordine: prima Roma con 252 ore, seconda Milano con 237, terza Torino con 180, quarta Genova con 178.
L’Aci calcola anche che il tempo perso in città a causa del traffico e della congestione stradale costa agli automobilisti italiani oltre 40 miliardi di euro all’anno.