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 2010  settembre 20 Lunedì calendario

«IO, CACCIATORE GENTILE CON I NOSTRI FUCILI RISANIAMO L’AMBIENTE» —

«Vede, noi cacciatori intelligenti con la natura siamo come i capitalisti: ci prendiamo i profitti senza intaccare il patrimonio», spiega Luigi Angeletti, 61 anni, segretario Uil e appassionato di appostamenti tra i cespugli con doppietta in spalla. «Guardi che siamo proprio noi i più attenti all’ambiente. Sa di cosa parliamo durante marce e appostamenti? Di cani, alberi e inquinamento. Non siamo i cattivi su cui sparare addosso ogni volta che comincia la stagione. Da quando la caccia è regolamentata, seguendo i consigli di chi la pratica, la fauna è costantemente aumentata, dopo 50 anni sono tornati i predatori, lupi, falchi, aquile, linci. E questo perché evidentemente la catena alimentare è tornata quella che era. I cinghiali non sono mai stati così numerosi. Mi creda, va molto peggio agli animali costretti a cibarsi di prodotti agricoli, pieni di pesticidi. Chi come noi vive nei boschi, quei boschi li ama».
Quellico me Angeletti , eletto cacciatore gentiluomo nel 2002, oggi li chiamano i cacciatori sostenibili «che se ci spianano una radura per farci passare la strada per noi è un dolore». Non che faccia una grande differenza per chi non sopporta si spari alle creature indifese. «Scusi ma il pollo voi non lo mangiate? Però sui motivi etici io non discuto. Resto convinto che la caccia razionale non solo sia compatibile con l’ambiente, ma lo risani». Nato e cresciuto a Greccio, provincia di Rieti, nipote e figlio di cacciatori, Angeletti non ha preso il fucile in mano fino ai 20 anni. «Ed ero pure piuttosto imbranato. Mi sono accodato ad un vecchio del posto, seguivamo i fagiani. Ho mirato, non ne ho preso manco uno». Per la sua prima beccaccia ha dovuto aspettare 7 anni: «Eh, quello è un animale difficile e sfuggente, si nasconde tra i rovi ed è velocissima, non per niente la chiamano la regina del bosco».
Non fu troppo merito suo. «Ma di Billy, il mio setter inglese. Solo chi ha inseguito le beccacce sa quanto possono farti disperare, i più ne vedono una soltanto in fotografia». Quella lì se la cucinò personalmente «con un sughetto al pomodoro, deliziosa ma basta per uno, saranno tre etti di carne». Non è spietato, Angeletti: «Mai viste tante beccacce a tiro, ma penso che alla terza mi fermerei comunque». Sensi di colpa per aver impallinato esserini che non fanno male a nessuno, non ne prova. «Milioni di beccacce muoiono comunque per cause naturali. E quando arrivano in Italia sono esemplari adulti e non hanno piccoli da covare, quindi non è crudele come sembra». Le tortore invece con lui possono volare serene. «Mi sono simpatiche, oltretutto sono facili da prendere e non c’è gusto».
Ci vuole passione, per stare in pace con la coscienza. E per sobbarcarsi una discreta faticaccia, sapendo che probabilmente si tornerà a casa a mani vuote. «Se la caccia fosse un lavoro verrebbe cos t a nt e mente rifiutato » . Isuoi compagni di doppietta si chiamano Pino, Roberto, Umbro, Primo: «Operai, impiegati, pensionati, con loro mentre si marcia si parla anche di politica, ma in maniera sana». Sveglia alle 4.30. «Esco senza farmi la barba, con indosso i primi stracci che trovo, solo le scarpe vanno scelte bene, comode e impermeabili». Si scarpina tra cespugli spinosi, rami e terreno non sempre saldo. «Più di quattro o cinque ore ormai non resisto. Una volta che stavo cercando il cane sono scivolato nel fiume. Un’altra invece non mi ero accorto di camminare su un torrente gelato, il ghiaccio si è rotto e mi sono inzuppato fino alla cintola. Rientro regolarmente con la faccia e le mani piene di graffi».
Giovanna Cavalli