Giuseppe Caravita, Il Sole 24 Ore 18/9/2010, 18 settembre 2010
DALLA LUCE NUOVA VITA AI CHIP
Un computer, forse tra cinque o dieci anni, capace di condurre simulazioni oggi impossibili anche ai più potenti elaboratori attuali. Riprodurre la fotosintesi o scoprire il meccanismo della superconduttività. Oppure creare software cifrati inattaccabili da qualsiasi sistema informatico esistente. È il computer quantistico, basato sulla più difficile delle discipline della fisica, che da ieri ha fatto un passo avanti, con la presentazione, da parte di un team dell’Università inglese di Bristol, di un chip ottico capace di far operare due fotoni secondo i dettami della fisica delle particelle elementari.
L’annuncio del nuovo approccio, e del chip, è da ieri in forma di articolo sulla rivista Science. Primo firmatario un giovane fisico italiano laureatosi a Padova, il trentaduenne veneziano Alberto Peruzzo. Ma il team del centro di fotonica quantistica inglese, dove lavora, ha collaborato, per la scoperta, con il Weizmann Institute israeliano e con le università di Twente in Olanda e di Thoku in Giappone.
Il computer quantistico differisce da quello tradizionale in quanto ogni suo elemento logico elementare, o "qubit" può assumere allo stesso istante numerosi stati, a differenza del bit informatico che può essere soltanto zero o uno. In questo modo ogni "qubit" può rappresentare multiple quantità di informazioni e sviluppare calcoli enormemente più complessi, veloci e sofisticati rispetto alla logica binaria tradizionale.
Questo finora nella teoria della computazione quantistica, che da decenni vede impegnati numerosi gruppi di ricerca in tutto il mondo, prevalentemente su modelli teorici basati sulle frontiere estreme della matematica, fisica e scienza computazionale. L’annuncio dei ricercatori di Bristol, però, comincia a rendere più concrete queste ricerche. Per la prima volta una forma di calcolo quantistico è stato prodotto su un chip fisico (a basso costo e temperatura ambiente, a differenza di altri approcci basati su futuri supercomputer criogenici) unicamente basato su trasmissioni ottiche, anche se molto particolari.
I ricercatori hanno sviluppato un chip ottico a matrice e a circuiti specifici in cui sono riusciti a far compiere a due fotoni una tipica operazione quantistica, una "passeggiata quantica", riuscendo a determinarne i risultati. Una passeggiata quantica è un percorso casuale in cui la particella compie alcune operazioni di trasformazione. Finora, nelle ricerche sul computer quantico, si era riusciti nell’impresa per un solo fotone, con risposte ancora interpretabili con le leggi della fisica classica. Ma ora, con la nuova tecnica che permette l’interazione tra due fotoni si entra nella meccanica quantistica, con i suoi stati multipli e le osservabili "complesse". E la tecnica via matrice ottica schiude la possibilità di aumentare la potenza di calcolo, ovvero il numero di fotoni interagenti nella matrice: «Ora che possiamo creare e osservare passeggiate quantistiche a due fotoni, il passaggio a tre fotoni, e poi a sistemi multi-fotone è relativamente lineare, e i risultati saranno via via più significativi – osserva Jeremy O’Brien, direttore del centro di fotonica quantistica di Bristol –. Ogni volta che aggiungiamo un fotone la complessità dei problemi che saremo in grado di risolvere aumenterà esponenzialmente, dai 10 risultati ottenibili con un fotone a 100 con due, a mille con tre». Per questo motivo il gruppo di ricercatori punta a sviluppare chip e matrici ottiche più complesse, con circuiti interni dove le "passeggiate" multiple possano generare ulteriori interazioni quantistiche (entanglement), sempre però misurabili a fine processo di calcolo. Che avvengono, in pratica istantantaneamente, e con basso dispendio di energia. E i fotoni in stato di entanglement si diffondono nell’intera struttura ottica, e svolgono, sovrapponendosi, calcoli paralleli istantanei.
Secondo O’Brien quella del computer quantistico, che era ritenuta una frontiera a oltre vent’anni per la sua realizzabilità, ora viene accorciata, dalla nuova tecnica a «dieci anni, se non meno». Un passo avanti che potrebbe rivelarsi decisivo soprattutto in direzione di computer in grado di attaccare problemi super-complessi, come la simulazione della fotosintesi, di molecole e materiali artificiali, di processi fisici come la fusione nucleare. Risultato, secondo le previsioni di Peruzzo: nuove celle fotovoltaiche, nuovi e sorprendenti materiali, scoperte scientifiche di frontiera.
Certo è che per ora il chip ottico quantistico sviluppato dal team internazionale appare allo stadio delle prime operazioni di calcolo compiute dalle macchine elettroniche, alla fine della seconda guerra mondiale. Il cammino prima per un microprocessore quantistico (anche se sembra aperto) e poi per un vero e proprio sistema di calcolo (quindi dotato di periferiche di interazione con l’uomo e di software per la sua programmazione) è ancora tutto da sviluppare. Ma il passo avanti c’è.