Marco Fortis, Il Sole 24 Ore 18/9/2010, 18 settembre 2010
LA FORMICA ITALIA PARLA UN PO’ TEDESCO
Dopo lo sconquasso della crisi mondiale generata dalla bolla dei mutui subprime, non è più di moda indicare gli Stati Uniti come modello di crescita economica. Vi è stata invece una notevole rivalutazione del modello tedesco, anche sull’onda dei buoni risultati del Pil della Germania nel secondo trimestre dell’anno. Per un paese come l’Italia, dove è sempre forte la tentazione di prendere ad esempio esperienze straniere virtuose da imitare nella speranza di trovare una via d’uscita dai nostri problemi strutturali, si tratta di un cambiamento di prospettiva non indifferente. Agli sfiduciati americani appesantiti dai debiti privati e da un deficit pubblico al galoppo, che faticano sempre di più ad esportare e che si stanno abituando a crescere più lentamente che in passato (con una ripresa "penosamente debole" ha detto Obama), si contrappongono i pimpanti tedeschi che hanno pochi debiti privati, conti pubblici sotto controllo e un export in vivace recupero dopo la caduta del 2009.
La Germania per ora sembra non sbagliare un colpo. La sua economia manifatturiera "tira"; i suoi grandi gruppi industriali stanno vendendo con successo tecnologie e beni di lusso nei mercati emergenti; le sue finanze pubbliche, come sempre, sono tra le più in ordine. Mentre la Merkel ha deciso di fare economia anche nel settore energetico ed è stata perciò rinviata la chiusura già programmata delle centrali nucleari. Come ha sottolineato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, l’invito a "imitare" la Germania va però interpretato con realismo perché l’Italia delle piccole e medie imprese incontra maggiori difficoltà dei grandi colossi industriali tedeschi a esportare in Cina o in India. Nondimeno, è chiaro che è più facile trovare analogie e punti di contatto tra le economie d’Italia e Germania rispetto a quella Usa.
Può darsi che tra qualche mese, quando anche il Pil tedesco potrebbe cominciare a rallentare per effetto delle politiche di austerità in Europa e delle difficoltà del mercato americano, la moda cambi nuovamente e anche nel neo-riscoperto modello della Germania si cominceranno a trovare difetti, magari a partire dai problemi non completamente risolti del suo sistema bancario.
Ma per intanto può essere utile interrogarci su quali lezioni dovrebbe trarre l’Italia dai "nuovi maestri" tedeschi rispetto ai "vecchi maestri" americani. Si è già detto dei grandi gruppi industriali che l’Italia, diversamente dalla Germania, purtroppo non possiede più, specialmente in settori come la chimica, la farmaceutica e l’elettronica, con tutto ciò che questo significa per noi anche in termini di minor capacità di fare ricerca privata. Fortunatamente l’Italia è forte nella meccanica, nell’alimentare e nei beni per la persona e la casa, ma è importante che le nostre Pmi crescano e si mettano in rete per avere più massa critica sui nuovi mercati emergenti. Secondo molti, una chiave di volta del successo della Germania è anche rappresentata dai guadagni di produttività conseguiti negli ultimi anni dal sistema manifatturiero tedesco e dalla maggiore flessibilità del mercato del lavoro. Su tutti questi fronti, indubbiamente, l’Italia di strada ne ha da fare molta.
In altri campi, invece, il nostro paese sta già "imitando", con un certo successo, la Germania. Nonostante l’handicap di non possedere grandi gruppi industriali come i tedeschi, l’Italia, prima dello scoppio della crisi, è stata, infatti, l’unico grande paese avanzato assieme alla Germania a non veder crollare le proprie quote di mercato nell’export mondiale di manufatti, mentre la Cina cresceva a passi da gigante erodendo quote a tutti gli altri "big". Un altro punto di somiglianza tra Italia e Germania è il particolare rigore tenuto dai due paesi nella gestione dei loro conti pubblici nel corso di questa crisi. Infatti, rispetto a Francia, Gran Bretagna, Spagna, Stati Uniti e altre importanti economie, nel 2010 il deficit pubblico italiano e tedesco sarà molto più contenuto, mentre il deficit primario italiano sarà addirittura tra i più bassi al mondo e inferiore anche a quello tedesco.
C’è tuttavia un altro aspetto meno noto in cui Italia e Germania si somigliano molto e hanno certamente fatto assai meglio degli Stati Uniti nel corso degli ultimi 15 anni, e cioè quello delle condizioni generali della ricchezza delle proprie famiglie. Prima della crisi, un grande vanto dell’America rispetto a Germania e Italia era la maggiore crescita del Pil che tuttavia, come sappiamo, negli Usa è stata "drogata" dalla bolla immobiliare e dall’indebitamento delle famiglie che ha spinto i consumi. Solo dopo una grave crisi come quella attuale si è compreso che una crescita del Pil basata sui debiti può impoverire la società anziché arricchirla se nel frattempo le famiglie s’indebitano troppo e il maggior reddito nazionale, per di più, viene incamerato da una quota ristretta di cittadini accrescendo le disuguaglianze. E in seguito, scoppiata la bolla, diventa poi difficile non solo crescere ma persino mantenere i livelli di reddito raggiunti se lo stato non pone in essere politiche di sostegno che però vanno ad aggravare pericolosamente i conti pubblici. È precisamente questa, oggi, la situazione delicata in cui si sono avvitati gli Stati Uniti (ma anche la Gran Bretagna, l’Irlanda, la Spagna eccetera).
Vi è poi da considerare che negli Stati Uniti tra il 1995 e il 2009 la popolazione è aumentata complessivamente del 17% contro un incremento del 7% in Italia e una crescita zero in Germania. Quindi i dati della crescita dei consumi Usa, che tanta parte hanno avuto nel trainare il Pil, risultano assai meno entusiasmanti se espressi in termini pro capite. Comunque, è un fatto che tra il 1995 e il 2009 i consumi privati per abitante sono aumentati cumulativamente negli Stati Uniti tra 2,5 e quasi 3 volte in più che in Italia e in Germania.
Nel frattempo stava però avvenendo una rivoluzione nella ricchezza delle famiglie dei tre paesi. Tra il 1995 e il 2009, infatti, le attività finanziarie per abitante sono cresciute in termini reali cumulativamente molto più in Germania che altrove e quelle delle famiglie italiane un po’ di più di quelle americane. Le passività finanziarie delle famiglie italiane, a loro volta, sono quelle aumentate in misura più forte, ma partendo da basi molto modeste. E si è trattato per lo più di mutui per l’acquisto di case che, a differenza di quelle acquistate dagli americani durante la bolla, non hanno perso valore.
La scelta delle famiglie italiane d’investire nel mattone è stata dettata da un cambiamento nelle strategie d’investimento, essendo terminata con l’avvio dell’euro la fase degli elevati tassi d’interesse stabilmente garantiti in precedenza dai nostri titoli di stato, che pure restano sempre molto graditi. Intanto le famiglie tedesche, che si erano abbastanza indebitate negli anni 90, hanno tirato la cinghia e tra il 1995 e il 2009 la crescita delle loro passività finanziarie nel complesso è stata molto bassa. Mentre è stata davvero imponente, considerando anche le già elevate basi di partenza, la crescita delle passività pro capite delle famiglie americane, trascinate dai mutui e dalla corsa del credito al consumo.
Nonostante i paesi della bolla si siano ora messi a risparmiare, le famiglie del mondo avanzato restano decisamente spaccate in due grandi tipologie in termini di rapporto tra debiti e reddito disponibile, come indicano anche le ultime statistiche della Banca di Francia: alle famiglie "formiche" d’Italia, Francia e Germania, si contrappongono le famiglie "cicala" americane, inglesi e spagnole, con quelle giapponesi in una posizione mediana.
Infine, sul lato delle attività reali delle famiglie (cioè case e terreni, esclusi i beni durevoli), la crescita cumulata pro capite è risultata nel 1995-2009 di quasi 10 punti percentuali più alta in Italia che in America e di 6 punti più alta in Italia che in Germania.
Conseguentemente, considerando assieme ricchezza finanziaria netta e attività reali, la ricchezza complessiva pro capite delle famiglie tedesche è quella che tra il 1995 e il 2009 è aumentata di più (+52%, grazie soprattutto alla frenata delle passività finanziarie), seguita da quella delle famiglie italiane (+34% grazie principalmente all’incremento delle attività reali), mentre si sono arricchite di meno le famiglie americane (+23%, appesantite dalla forte crescita delle passività finanziarie non sufficientemente controbilanciata nel lungo periodo dall’aumento di valore delle attività reali, che negli ultimi due anni sono letteralmente crollate).
Dopo lo sfascio delle finanze familiari conseguente alla bolla immobiliare, nel 2009 rispetto al 2000, la ricchezza netta pro capite delle famiglie americane, nonostante la superiore crescita del Pil pro capite statunitense rispetto a Germania e Italia, è addirittura calata in termini reali del 7%, mentre quella delle famiglie italiane è aumentata del 13% e quella delle famiglie tedesche del 26.
Germania über alles anche nei conti delle famiglie, dunque? Non del tutto. Infatti, a valori correnti, nel 2009 la ricchezza netta pro capite delle famiglie italiane, pur essendo aumentata meno di quella tedesca, resta comunque di gran lunga tra le più alte al mondo (circa 140mila euro), oltre che quella più equamente distribuita, davanti alle famiglie Usa (121mila euro) e a quelle tedesche (100mila euro). Almeno in questo campo, per ora, è la Germania che ci sta "imitando".