ANGELO AQUARO , la Repubblica 21/9/2010, 21 settembre 2010
LA GUERRA DEL RE DEI LIBRI PER SALVARE BARNES
& NOBLE - Il signore dei libri non dimenticherà mai le battute con cui gli editori più glamour d´America cercarono di scongiurare la sua formidabile ascesa. A quei tempi, nei memorabili Novanta, prima che la rete di Internet imbrigliasse ogni cosa, Barnes & Noble era la bestia nera: il marchio che aveva trasformato la libreria in supermercato, il gigante che si era mangiato le piccole botteghe orgogliosamente polverose di tutti gli States, il superstore che aveva per primo osato farsi pubblicità nientemeno che in quel diabolico elettrodomestico chiamato televisione. «Il problema», dice ancora adesso Leonard Riggio, classe ´41, il presidente della libreria più grande d´America e del mondo, «è che la gente di lettere tende a guardare dall´alto in basso quelli che fanno i profitti». Ma la verità che allora Len raccontava agli amici era un´altra: in fondo quegli snob degli editori, con la loro corte di riverenti letterati, non perdonava che nell´alto dei cieli del mercato fosse assurto proprio lui, il figlio del tassista italiano di Bensonhurst, l´ultima enclave tricolore di Brooklyn.
Perché gli italiani, si sa, in America hanno saputo fare grandi cose, popolo di cantanti (ah, quel Sinatra) e irresistibili mafiosi (ah, quel piccolo Cesare di Al Capone). Ma la letteratura, come argomentò in un famoso saggio sulla New York Review Of Books uno dei pochi che nel campo aveva sfondato, Gay Talese, proprio no. E lui, un Riggio qualsiasi, il figlio più intraprendente di quella famiglia di origine siculo-campana, pretendeva adesso di ergersi a dominus della situazione?
Sì, nessuno gliela perdonò allora e tutti gli stanno tifando contro adesso.
Adesso che i superstore si stanno sbriciolando su stessi, adesso che Barnes & Noble è valutata un terzo di quel valeva quatto anni fa, adesso che il colosso ha annunciato di voler chiudere a gennaio anche uno dei negozi simbolo di New York, i quattro piani di libri al Lincoln Center, adesso che pure la rivale Border – disastrosa la pagella dell´ultimo trimestre, 12 per cento giù dopo la scivolata a meno 18 dello scorso anno – sta lottando disperatamente per la sopravvivenza.
«Vi dico che ogni business nato prima del 1997 sarà un fossile nel 2010» profetizzò quindici anni fa il signore dei libri. Ma quando decise di prendere il largo sul vento di Internet, sbagliò perfino il giorno del lancio: 11 settembre 2001. L´iniziativa coordinata con Microsoft si rivelò un disastro: «Eravamo troppo in anticipo. E negli affari essere troppo in anticipo è con essere troppo in ritardo». Nel 2007 invece Amazon scommise su Kindle e fu subito un successo: però Riggio ci mise quasi tre anni per rispondere con quel Nook che, dice, «oggi è il prodotto che vendiamo di più».
Proprio questo è il problema: che farsene, oggi che le vendite digitali crescono al quadrato, di quelle montagne di libri che giacciono nel mega hub della distribuzione che Barnes & Novel ha finito di costruire appena qualche anno fa nel New Jersey?
Riggio ha vissuto tutta la vita in contropiede ma adesso rischia di essere scavalcato lui dal contrattacco dell´era digitale. Cominciò come impiegato alla libreria della New York University, quella storica in Washington Square, la piazza cantata in uno dei più bei romanzi americani di Henry James, e arrivò ad acquistare la vecchia Barnes & Noble di Fifth Avenue, quello che negli anni ´30 era stato il negozio di libri più grande d´America ma allora, 1971, era un relitto che nessuno voleva più. Trasformò quel marchio in oro, aprì più di 700 negozi negli States e costruì il successo applicando davvero un pizzico di italianità al business style che non si è forgiato ad Harvard ma alla Brooklyn Technical High School: piazzò il fratello minore Stephen sulla poltrona di amministratore delegato e cominciò un balletto di società dal portafoglio di famiglia a quello dell´azienda, intanto quotata in borsa. Un giochetto che gli è valso ora la guerra di quell´azionista di minoranza, Ron Burkle, lui sì proprietario di superstore veri (alimentari) e amico di Clinton, che sta tentando di scalare la società.
Per Riggio è la nemesi: tanto don Leonardo è riservato, chiuso, una vita tutta in famiglia (l´unico momento in cui la sua casa di Manhattan è stata battezzata da un evento conviviale in tanti anni è stato qualche mese fa per una raccolta fondi dell´amico e aspirante governatore Andrew Cuomo, naturalmente italiano come lui), così Burkle è un bon vivant, seguito dai tabloid, sempre in compagnia di una fiamma nuova.
Ma Riggio non si arrende: non lascerà che la sua Barnes & Noble diventi Barnes & Burkle. E mentre da un lato è costretto a mettere sul mercato l´azienda, dall´altro sta organizzando una società per ricomprarsela: naturalmente al prezzo ridotto dalla quotazione attuale di mercato.
D´altronde il suo libro preferito non è Il conte di Montecristo, come ha scritto il settimanale New Yorker in un gustosissimo ritratto, ma La Metamorfosi. E don Len – che il profumo delle sfide impossibili ha portato fino a New Orleans, dove lui (che è già uno dei benefattori più generosi, anche se non in vista, di New York) ha lanciato come Brad Pitt una charity per ricostruire le case dopo Katrina – non ha nessuna voglia di farsi schiacciare come un Gregor Samsa qualsiasi.