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 2010  settembre 22 Mercoledì calendario

Ignazio La Russa VATTI A FIDARE DEGLI AMICI «Con Gianfranco? Ci conosciamo fin dal 1976, anche se lui, che è più giovane, si ricorda di me già dal 1974

Ignazio La Russa VATTI A FIDARE DEGLI AMICI «Con Gianfranco? Ci conosciamo fin dal 1976, anche se lui, che è più giovane, si ricorda di me già dal 1974. Siamo amici da più di trent’anni… Con alti e bassi, certo, ma l’amicizia per me ha sempre avuto il sopravvento sulle ragioni della politica. Solo adesso, però, dopo la storia di Montecarlo e quella sua frase sui “colonnelli che hanno cambiato generale” e che potrebbero “cambiare ancora”… Come se fossi un opportunista, proprio io. Insomma, solo ora, con grande tristezza e amarezza nel cuore, ammetto che quell’amicizia si è davvero interrotta». Vatti a fidare degli amici. Ignazio La Russa scuote la testa nella sua stanza imponente di ministro della Difesa, in mezzo a onorificenze e modellini di aerei, sommergibili e navi da guerra, davanti alle foto dala fronte afgano mischiate a quelle dei tre figli maschi, di Almirante, del presidente della Repubblica, di lui con Silvio Berlusconi. E con il suo ex amico Gianfranco Fini, che, sottolinea La Russa, «pur essendo più cinico di me, sicuramente soffre anche lui» per questa frattura. Politica, ma soprattutto umana, personale. Quindi rovente. Perché se c’è una cosa alla quale il siciliano (di Paternò) La Russa tiene davvero molto è proprio l’amicizia. «Vede questa immagine? È storica», insiste mostrandoci una foto di un gruppo di persone vestite da spiaggia: «Siamo io, Pinuccio Tatarella e Maurizio Gasparri con famiglia alle Eolie: eravamo appena stati da Giorgio Almirante, il quale ci aveva dato il mandato di impegnarci per l’ascesa politica di Fini. Cosa che abbiamo sempre fatto. Anche quando non tutto era condivisibile. Noi non abbiamo mai cambiato generale. Berlusconi è il nostro leader. Il generale era sempre Gianfranco». Domanda. Quando ha cominciato a incrinarsi la vostra amicizia? Risposta. «Premesso che fino alla recente rottura politica ci sono sempre state amicizia e stima reciproca pur nel dissenso (quest’estate ci siamo sentiti e lui mi ha inviato gli auguri di compleanno via sms) e che ho sempre cercato di separare il rapporto umano da quello politico, penso che il legame abbia cominciato a sgretolarsi un po’ quando, nel 2005, Fini mi chiamò offrendomi di entrare al governo. Dovevo prendere il posto di Gasparri al ministero delle Comunicazioni. Mi diede venti minuti per pensarci. Lo richiamai immediatamente e gli dissi che non lo avrei fatto, che non potevo. Non lo reputavo giusto e se proprio voleva sostituirlo avrebbe dovuto metterci un altro. Infatti andò Mario Landolfi. Fini ovviamente capì la mia prova di amicizia nei confronti di Maurizio, ma...». D. Poi c’è stata l’ormai celebre riunione alla Caffetteria di piazza di Pietra di voi "colonnelli" che siete stati accusati di tramare contro di lui... R. «In realtà si è trattato di una conversazione di amici preoccupati per il capo. Lo vedevamo in difficoltà e piuttosto giù: cercavamo una soluzione per spingerlo a reagire. Con Gianfranco ho chiarito quasi subito, ma a lui è convenuto cavalcare la cosa per cambiare alcune cose nel partito». D. Gli è sempre stato fedele da quel momento? R. «Ho fatto di tutto per lui. Sono stato il raccordo tra lui e quella parte del partito che mal digeriva certe fughe in avanti, sul fascismo "male assoluto’ e anche sui temi etici. E poi sono stato il cordone tra lui e Berlusconi quando hanno cominciato a non andare d’accordo». D. Prima del clamoroso ultimo strappo non vi ha interpellato`? R. «No. Gasparri, Alemanno e io non siamo stati convocati. Deve avere pensato che non avremmo approvato un nuovo cambiamento di linea. Come non avevamo approvato quel suo modo di fare opposizione. Gianfranco ci aveva portato nel Pdl e io avevo condiviso questa scelta pienamente, ma ora cambiava bandiera. Noi non abbiamo cambiato generale». D. Tornando indietro, cambierebbe qualcosa? R. «Forse, avendo sempre cercato di ricucire, sarebbe stato meglio dimettermi da coordinatore per svolgere meglio il ruolo di mediatore». D. Che cosa pensa di Italo Bocchino? R. «L’abbiamo tirato su fin da ragazzino. È un giovane brillante, ma in lui la politica prevale certamente sull’amicizia». D. Elisabetta Tulliani? R. «L’ha vista sempre disinteressata e innamora Gianfranco. La sua famiglia non mi interessa. Certo, quel fratello...». D. Sognava di fare il ministro? R. «No, volevo diventare avvocato penalista, la mia professione. Però ho sempre politica attiva, senza mai pensare a candidarmi, fino al 1992». D. I suoi amici in politica, a parte Fini e Gasparri? R. «Loro stavano a Roma, io ho studiato e lavorato a Milano. Con Alfredo Mantica e Riccardo De Corato abbiamo tirato su un’intera generazione di parlamentari lombardi, da Viviana Beccalossi ad Alessio Butti». D. Serba rancore nei confronti di chi tradisce? R. «Il tradimento è dei momenti bellici. In politica è più sfumato, in un certo senso parte del gioco. Comunque non serbo rancore. Faccio valere i ricordi positivi». D. Questa settimana parte la mininaja. R. «Uno stage di tre settimane per chi, tra i 18 e i 30 anni, desidera formarsi per il volontariato e avvicinarsi ai valori militari». D. Ha vissuto gli anni piombo, ha condiviso gli ideali di una destra che non c’è più. Che cosa è rimasto di quegli ideali, di quei comportamenti? R. «Gli ideali di base restano, ma ci si evolve. Mio padre, che era orgogliosamente fascista, ci ha sempre insegnato quello che io ho cercato di attuare, la pacificazione».