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 2010  settembre 18 Sabato calendario

PENE RIDOTTE, DOMICILIARI E INDULTO NIENTE CARCERE PER I CRAC ALL’ITALIANA

Basterebbe questo: per incontrare il «Madoff» italiano, Calisto Tanzi - dieci anni di carcere comminati in secondo grado dal tribunale di Milano per aggiottaggio - è sufficiente seguire le indicazioni di Google Maps che portano alla villa di Vigatto dove l’ ex patron della Parmalat si occupa, secondo le ultime notizie, di muffin e succhi di frutta. In tutto ha fatto 104 giorni di prigione. Poi un po’ di arresti domiciliari sempre nella villa con ampio giardino dove ha ricevuto qualche anno fa la visita di Beppe Grillo e dove, fino a poco tempo fa, poteva rifarsi gli occhi anche con alcuni Monet, Van Gogh e Picasso sequestrati dai finanzieri lo scorso dicembre. Certo: si potrebbe dire che su lui e altri due condannati (il manager Giovanni Bonici e il commercialista Luciano Silingardi) grava la spada di Damocle dei 100 milioni che devono trovare per ripagare i creditori. Ma tanto è tutto teorico: l’ ex imperatore del latte in polvere che - come hanno ricordato i magistrati a Parma dove il processo più rilevante, quello per bancarotta, è appena iniziato - poteva far fallire l’ intera isola di Cuba risulta tecnicamente nullatenente. E la villa appartiene alla moglie. Copione quasi scontato. A concludere il quadro ci sono i 71 anni e la salute, strani amuleti che hanno scongiurato il pericolo di finire sul serio dietro le sbarre per l’ ex Cavaliere di Gran Croce. Alla finestra centinaia di migliaia di obbligazionisti che hanno visto parte dei propri denari con il risanamento dell’ azienda ma che, certo, hanno dovuto dimenticare il grosso di quei 7,2 miliardi investiti. Tutto ex lege, chiaro. Ma l’ amara conclusione è che chi sbaglia, soprattutto nei reati finanziari, in Italia di riffa o di raffa non paga con la prigione. Almeno per adesso è questo il paradosso della lugubre lista dei crac italiani: Parmalat, Cirio, Italtractor, Giacomelli, Finpart, i più recenti Viaggi del ventaglio e Mariella Burani. L’ unica certezza è la carcerazione preventiva nei primi mesi, quella uguale per tutti: colpevoli e altri che, magari, dopo risulteranno innocenti. A ricordarlo alle decine di migliaia di italiani che avevano acquistato bond Cirio ci sono anche le scatole di pelati sempre sugli scaffali dei supermercati (il ramo d’ azienda è ora controllato dalle coop di Conserve Italia quindi non c’ è pericolo che quei soldi vadano a Sergio Cragnotti). Per l’ ex manager Montedison, già attivo dietro le quinte ai tempi del crac Ferruzzi, dopo i sei mesi nel 2004 di carcere preventivo a Regina Coeli e di arresti domiciliari si è aperta una lunga stagione di attese che gli ha permesso anche di scrivere e pubblicare con Fazi la propria autobiografia: «Un calcio al cuore». Triste gioco di parole che vorrebbe ricordare gli anni gloriosi alla guida della Lazio, quando veniva portato in campo come un re dai calciatori, e i «torti subiti» con il crac Cirio. Più che altro suona come «un calcio» ai risparmiatori che stanno aspettando ancora 1,1 miliardi e che per adesso hanno visto rimborsi anoressici. Nel frattempo? Il processo milanese per aver organizzato una finta cordata di salvataggio con i turchi Cukurova è stato archiviato. E quello doppio a Roma per il caso Eurolat e la bancarotta Cirio è praticamente a metà del primo grado. Intanto, a 8 anni dal fallimento, Cragnotti ha compiuto 70 anni. Tra le fotografie della stagione dei crac c’ è anche quella della «dark-lady», Gabriella Spada, 44 anni, prima pluripremiata donna manager per la crescita dei negozi Giacomelli come funghi e poi raggiunta dall’ ordine di cattura mentre era alle Maldive. La Spada, il cui ruolo nel crac è stato onestamente ridimensionato rispetto alle accuse iniziali, è stata condannata in primo grado a 6 anni, ridotti di un terzo a 4 anni. Ma essendo il crac precedente al 2006 è calato l’ indulto con lo «sconto» di tre anni. In sostanza per tutti i reati finanziari precedenti al 2 maggio del 2006 fino a 6 anni non si va in prigione (per gli altri 3 anni si possono chiedere al tribunale di sorveglianza le misure alternative, cioè i servizi sociali). Per finire, vi ricordate di Gianpiero Fiorani e la scalata dei furbetti del quartierino alla Bnl e all’ Antonveneta? Il «banchiere popolare» ha avuto 3 anni e 6 mesi a Lodi in primo grado. A Milano ha patteggiato 3 anni e 3 mesi. Il processo principale è in corso. Grazie all’ indulto è nella sua villa di Arzachena, in Sardegna.
Massimo Sideri