Luigi Accattoli, Corriere della Sera 18/09/2010, 18 settembre 2010
«QUELLA VOLTA CHE SEGNALARONO LA BOMBA A BORDO»
«Mi pare che non si tratti di una reale minaccia e neanche di uno specifico allarme ma solo di un allarme generico e ovviamente mi auguro che abbia a rientrare tra i numerosi casi - nei viaggi papali - di una preoccupazione più mediatica che poliziesca. Trovo significativo che i responsabili britannici della sicurezza abbiano riesaminato, alla luce di questa novità, le misure già adottate e abbiano concluso che non c’ era nulla da mutare»: è il commento di Joaquin Navarro-Valls, portavoce vaticano per oltre vent’ anni, con Giovanni Paolo II e nel primo tempo di Benedetto XVI. Quanti casi lei stima di aver visto negli anni del suo servizio? «Forse otto, non ho fatto una statistica. Le voci e i rumori molti di più, ma sono meno di dieci le volte in cui si è dovuta esaminare bene la situazione. Comunque qualcosa di veramente serio non mi pare ci sia mai stato. Non è mai capitato che si dovesse mutare il programma, sia quanto all’ orario degli appuntamenti sia quanto al tragitto». E Sarajevo 1997? «Un caso più serio di altri, forse sì. Fummo avvertiti in volo che era stata trovata della dinamite sotto un ponte del percorso che avrebbe dovuto fare il Papa tra l’ aeroporto e la città. Le autorità bosniache proponevano di utilizzare un elicottero. Sottoponemmo la proposta al Papa che chiese se c’ erano persone lungo il tragitto. A risposta affermativa, disse che non le voleva deludere e chiedeva di mantenere l’ uso dell’ automobile». L’ allarme viene sempre trasmesso al Papa? «No, solo quando c’ è una qualche serietà. Si discute la questione tra i responsabili vaticani e quelli del Paese ospitante, si valuta il grado di attendibilità delle informazioni e come ultimo passo - se si pone il problema di modificare qualcosa - si va dal Papa. Posso attestare che la reazione del seguito papale è sempre di serenità e fiducia verso quello che fanno o propongono i responsabili locali». Ricorda un caso in cui sia stata decisiva una proposta venuta da voi e adottata dalle autorità del Paese ospitante? «Se intendo la domanda, un caso lo conosco. Eravamo in un Paese africano - che per discrezione non nomino - i cui servizi ci informarono di una segnalazione ritenuta «seria» sul rischio di un’ esplosione dell’ aereo durante lo spostamento verso un altro Paese, previsto da lì a due giorni. Essendoci nella segnalazione una corresponsabilità dei servizi francesi in contatto con quelli del Paese ospitante, suggerimmo che l’ aereo venisse portato in Francia e se ne facesse un controllo completo in modo da escludere quel rischio. Così si fece e non ci fu esplosione, o forse non ci sarebbe stata comunque». Lei tende a non dare molto peso al fattore rischio nelle trasferte papali... «Il mondo è pieno di mitomani e spesso c’ è anche l’ eccesso di zelo dei responsabili della sicurezza ad accendere le fantasie, infine l’ apporto dei media. Penso che un attentato al Papa sarebbe pensabile solo in un’ ottica totalmente nichilista. Di certo non costituirebbe un vantaggio d’ immagine per nessuno. Ma al mondo ci sono anche i pazzi, non bisogna mai dimenticarlo».
Luigi Accattoli