Giampaolo Visetti, la Repubblica 18/9/2010, 18 settembre 2010
LA CINA SCOPRE L’IMPUNITA’ FISCALE DEI NUOVI RICCHI
La Cina capitalista ha sconfessato da tempo l´egualitarismo comunista. Dopo aver invitato la popolazione ad arricchirsi, le autorità scoprono però l´altra faccia della crescita economica record. Il Paese è nella morsa dell´evasione fiscale e il divario tra ricchi e poveri supera il livello fisiologico per la transizione di una potenza in via di sviluppo. La zona grigia dell´economia e i redditi in nero esplodono poi tra il 10% della popolazione che detiene l´80% della ricchezza.
L´intreccio tra potere e denaro è talmente stretto che la disponibilità dei benestanti supera di 65 volte quella degli altri. L´ufficio nazionale di statistica, smentito da autorevoli istituti privati, insiste nell´abbassare a 23 la differenza tra la media dei redditi minimi (1900 euro all´anno) e massimi (44 mila euro annui). Il boom dei consumi, degli investimenti immobiliari e finanziari, della spesa in generi di lusso, accreditano però le relazioni indipendenti. Secondo il Credit Suisse, in Cina la differenza tra Pil e gettito fiscale è tra le più alte del mondo.
L´evasione supererebbe i 700 miliardi di euro all´anno, dato che l´istituto di ricerche economiche di Pechino considera ampiamente sottostimato. Poiché a non pagare le tasse sono quasi esclusivamente i ricchi, ossia i più vicini al potere politico, l´evasione rimane impunita. Il suo effetto è il venir meno di risorse pubbliche per i servizi indispensabili.
Monta lo scontento e per la prima volta il problema esplode nel partito comunista, sui giornali e online. Nessuno sa dire dove finisca l´immenso fondo nero cinese, ormai più rapido del Pil. Ma se non riemerge in fretta, la «questione fiscale» degenererà in «questione sociale»: l´ultima cosa che Pechino vuole.