Frammenti Vari, 18 settembre 2010
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FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE “DELOGU
MARCO”
Marco Delogu è un fotografo e dirige da diversi anni il Festival dedicato alla fotografia che si tiene a Roma (e che quest’anno ha voluto intitolare alla «gioia», emozione misconosciuta nel mondo contemporaneo). Per lui, però, che pure lavora molto con la pellicola, la fine del Kodachrome non è da considerarsi una tragedia. «È vero, finisce un’era, ma non mi faccio condizionare dai mezzi. Conta sempre l’idea. In fondo, quella saturazione dei colori che ricordiamo dagli anni Sessanta, tipica dell’effetto così contrastato del Kodachrome, oggi si può ottenere senza difficoltà con il digitale. Il mondo tecnologico è cambiato da tempo ormai: la polaroid per esempio non esiste più e anche i negativi in bianco e nero o la carta per stampare in bianco e nero sono una rarità destinata all’estinzione. Sono stato l’assistente del fotografo americano Art Kane e ricordo che l’effetto dato da quel tipo di pellicola alle sue immagini sul Cadillac Ranch era qualcosa di fantastico. Ma lui non c’è più e la sua testa non è riproducibile. Il problema è la visione soggettiva, il cervello umano che c’è dietro una scelta estetica. La tecnica che viene usata resta importante, ma forse Tiziano sarebbe stato ugualmente un eccelso maestro anche soltanto con le matite e con pigmenti di colore diversi. Non mi piacciono gli atteggiamenti nostalgici, non approvo la tentazione del ’piangersi addosso’ e questo nonostante io ancora scatti in pellicola. Un fotografo come Guy Tillim, presente al festival di Roma al Palazzo delle Esposizioni, ha sempre scattato in bianco e nero. Adesso è passato al digitale e questa trasformazione gli ha permesso di crearsi un cromatismo tutto suo, una sua ’cifra’ di luce» (Antonella Catacchio, il manifesto 24/6/09)