Massimo Fini, il Fatto Quotidiano 18/9/2010, 18 settembre 2010
CLINTON, FIDEL L’UMANITÀ DOV’È
La Fiat trasferirà la produzione della nuova Panda da una fabbrica polacca a Pomigliano, cosa che se risolve i problemi dei lavoratori di Pomigliano ne creerà altri a quelli polacchi. Nel contempo la Fiat dislocherà da Mirafiori, portandola in Serbia, una nuova produzione, il che se farà contenti gli operai serbi, anche quando non dovesse portare alla disoccupazione di quelli di Mirafiori sicuramente renderà molto più difficile l’ingresso nel mercato del lavoro di migliaia di giovani italiani. Il capitale, essendo mobile, non conosce frontiere né amor di Patria, segue solo il suo interesse. Già cinque secoli fa Giovanni Botero ammoniva sul “pericolo che sorge per lo Stato quando la base della proprietà della classe dominante è costituita da beni mobili che in tempi di pubbliche calamità si possono portare al sicuro, mentre gli interessi dei proprietari terrieri sono legati indissolubilmente alla Patria”. Il capitale se nel Paese in cui è stato accumulato trova delle difficoltà va altrove. Sul Corriere della Sera Raffaella Polato ipotizza che se a Marchionne non fossero date le condizioni che chiede risponderebbe: “Il mondo è grande”. Ma se il denaro può andarsi a cercare liberamente il luogo della Terra dove ritiene di esser meglio remunerato, lo stesso dovrebbero poter fare gli uomini. A meno che non si voglia sostenere l’aberrante tesi che il denaro ha più diritti degli uomini. Invece è proprio ciò che accade. Mentre il capitale evoluisce liberamente per l’universo mondo, agli spostamenti delle popolazioni, soprattutto dei Paesi cosiddetti "sottosviluppati", che spesso sono state rese miserabili proprio dall’irruzione di quel capitale che, con le sue dinamiche, le ha sottratte alle "economie di sussistenza" su cui avevano vissuto e a volte prosperato per secoli, vengono posti limiti sempre più ferrei in attesa di prendere i "migranti" a mitragliate. Sulla globalizzazione ci sono solo due posizioni coerenti. Quella dei radicali italiani che sono per una totale libertà di movimento dei capitali ma anche per una altrettanto totale libertà di movimento degli uomini. E quella che sta all’estremo opposto, e che per ora è puramente concettuale, di chi dice no all’immigrazione ma rinuncia anche ad andare a piazzare le sue puzzolenti e devastanti fabbriche in Niger, in Nigeria, in Bangladesh, in Marocco o altrove. Tutto ciò che sta nel mezzo, sì alla globalizzazione dei capitali, no a quella degli uomini, è di una violenza inaudita e ripugnante. Eppure sia la destra che la sinistra sono a favore della globalizzazione. Bill Clinton a un forum del Wto del 1998 ha dichiarato: “La mondializzazione è un fatto e non una scelta politica” e Fidel Castro di rincalzo, nello stesso Forum: “Gridare abbasso la globalizzazione equivale a gridare abbasso la legge della gravità”. Ed è vero se al centro del sistema noi mettiamo l’economia: tutto deve adeguarsi ad essa. Ma sarebbe altrettanto vero se al centro del sistema mettessimo uno spillo, tutto dovrebbe girare intorno allo spillo. L’economia non è stata sempre al centro del sistema. In epoca preindustriale era inglobata nelle altre e molteplici esigenze umane al punto che era indistinguibile da esse, e non è un caso che l’economia politica, come scienza, o presunta tale, sia coeva alla Rivoluzione Industriale. Aver puntato tutto sull’economia, emarginando ogni altro bisogno dell’essere umano, si è rivelato un fallimento epocale come ognuno oggi, con gran ritardo, può vedere. È un Moloch che pretende sacrifici umani, massacri, alle popolazioni del Terzo e ora anche del Primo mondo. Io credo che al centro del sistema vada rimesso l’uomo e l’economia riportata al ruolo marginale che ha sempre avuto finché abbiamo avuto una testa per pensare.