ALBERTO PAPUZZI, Tuttolibri - La Stampa 18/9/2010, pagina XI, 18 settembre 2010
“Fedele ad Antigone come al Cottolengo” - Nessuna religiosa ha mai ricoperto una carica così importante nella finanza italiana come suor Giuliana Galli, che è vicepresidente della potente Compagnia di San Paolo
“Fedele ad Antigone come al Cottolengo” - Nessuna religiosa ha mai ricoperto una carica così importante nella finanza italiana come suor Giuliana Galli, che è vicepresidente della potente Compagnia di San Paolo. Però, nella sua candida veste di cottolenghina, a tutto assomiglia meno che a un finanziere. Lei è molto più riconoscibile come la suora che ha insegnato per tredici anni negli Stati Uniti, ai bambini disabili, e per altri ventisei anni è stata responsabile del volontariato femminile nella Casa di Torino. Vecchia amica di Guido Ceronetti, ne ospitò al Cottolengo il Teatrino dei Sensibili, e fece da guida a Cesare Romiti nei reparti più inquietanti della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Venerdì prossimo parteciperà a Torino Spiritualità con don Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, per parlare di immigrazione. La sua bibliotechina è piena di libri consunti dall’uso e dalle riletture, perché lei con libri e autori sembra stabilire un rapporto di fedeltà. Che cosa legge una suora? Lei, attualmente, a cosa si dedica? «Allora, ho appena finito di leggere I vecchi e i giovani, romanzo di Pirandello, perché sono stata in vacanza in Sicilia e volevo vederla attraverso gli occhi di uno scrittore del posto. E’ appassionante vedere l’Agrigento del 1860, con le disillusioni dei vecchi e le illusioni dei giovani. Ne esce una terra bellissima ma tragica, per l’incapacità di essere veramente italiana. E’ qualcosa che non solo leggi sui libri ma senti dalle persone. A Porto Palo di Capo Passero ho incontrato un vecchio prete, di quelli che portano ancora la tonaca, ormai di colore viola tanto era frusta, il quale mi parlava di quanti torti i siciliani abbiano subito con l’unificazione». Quanta parte delle sue letture non sono di piacere bensì diciamo di pratica religiosa? «Io leggo tutti i giorni la Bibbia e commenti biblici, da quando il Vaticano II ce l’ha messa in mano. Perché prima si leggevano le storie di profeti o di santi. Mentre erano i protestanti a leggere i testi biblici, essendo in questo molto più avanti di noi». E come vicepresidente della Compagnia di San Paolo che cosa legge? «La storia della compagnia. Lo considero doveroso. Guardi qui: Historia della venerabilssima Compagnia della Fede Cattolica sotto l’invocazione di San Paolo nell’augusta Città di Torino, un’opera del 1657 in copia anastatica». Ma una suora come diventa numero due di un ente così potente? «Non lo so. Davvero non lo so. Mi viene in mente il generale Kutuzov in Guerra e pace, che abbraccia in un unico sguardo compassionevole sia vincitori sia vinti, e lascia capire che avrebbe potuto vincere anche senza tanti sbattacchiamenti. E’ il caso a decidere o, per me, la Provvidenza. La letteratura è piena di vicende che hanno per protagonisti uomini e donne quasi nonostante loro». Ricorda le prime letture? In casa sua entravano i libri? «C’erano i libri di mio padre, però io andavo alla biblioteca parrocchiale. Ricordo che sulla tessera di abbonamento si leggeva: "Si vive come si pensa, si pensa ciò che s’impara, leggi solo libri buoni". Leggevo tantissimo, da quando avevo capito che fra A e B si stabilisce un nesso che suona AB o BA, e lo stesso con C, cioè avevo capito il senso dell’alfabeto. Ancora mi meraviglio della potenza dell’alfabeto, ognuno dei suoi segni è una finestra, sono i loro nessi a metterci a disposizione le chiavi di storie, ideali, sentimenti, ricordi, personaggi, emozioni. Guerra e pace non ci sarebbe senza quei ventuno o ventidue segni». C’è un libro che ha contribuito a favorire la sua vocazione? «No. Non c’è. Sono state importanti le persone. E’ stato importante a 23 anni, dalla Brianza, andare al Cottolengo e capire che quella era la mia strada». La sua era una famiglia religiosa? «Mia madre era credente, mio padre no: lui aveva le sue idee e una certa nonchalance verso la religione. Anche se alla fine della vita, in punto di morte, chiese la benedizione. Io, in casa, ho avuto questo doppio modo di pensare». Il suo percorso di religiosa è stato tradizionale o imprevedibile? «Tradizionale, normalissimo, senza scosse». Ci sono state persone, o personaggi, anche scrittori, che riconosce come maestri? «Sa che non ne ricordo. E’ stato un beccare qua e là. Il mio pensiero è di cristiano-cattolica, su questo non ci piove, conformata alla Bibbia e conformata al Cottolengo. Ma anche in lui non ci sono scritti così forti. Conta l’azione per salvaguardare i poveri. Lui diceva: "Siate madri e sorelle dei poveri"». Ma non ci sono libri che l’abbiano fortemente influenzata, risultando decisivi per la sua formazione? «Oh, sì. Il primo è stato l’Antigone di Sofocle, con questa protagonista che è il vero prototipo di donna cosciente della propria dignità e della responsabilità verso vivi e morti. Quando dice: "Nessuno al mondo potrà cogliermi nell’atto di tradire". Anche Le supplici di Euripide sono state una lettura importante, perché Gabriele Vacis ne ha data un’interpretazione, qualche anno fa, che si collegava a una strage di clandestini africani, naufragati con un barcone a Capo Passero. Questi scrittori antichi riuscivano a parlare di cose che oggi ci appaiono del tutto attuali. Ma mi colpisce anche l’opera di scrittori vicini a noi, oppure contemporanei: penso a Anna Karenina col suo attimo di follia, con la sua irrefrenabile passione, ma incapace di affrontare la banalità del quotidiano; e penso a Cesare Pavese, così geniale che pare non riuscire a gestire il suo stesso genio. Dietro questi libri mi affascina il mistero dell’uomo, la sua inesauribile capacità di manifestarsi». Se un giovane le chiedesse che libri leggere? «Mi vengono in mente due casi. Una giovane donna, molto effervescente rispetto a un matrimonio appena fatto, nutriva però un’altra passione e mi ha chiesto che cosa doveva fare. Io le ho consigliato di leggere prima Madame Bovary, poi Anna Karenina. Ma non è servito a niente, è andata incontro a delusioni e fallimenti. Invece un ragazzo che andava in Africa mi ha chiesto su quali libri prepararsi. Gli ho suggerito Africa. Biografia di un continente di John Riader, ma anche Ebano di Kapuscinski e il Conrad di Cuore di tenebra». Ci sono libri che lei ha amato, che torna a rileggere, che sono i suoi libri? «Ho amato, molto amato, letto e riletto La peste di Camus. Così come continuo a leggere i Diari di Etty Hillesum, morta a Auschwitz, senza più illusioni sul mondo, storia di una piccola esistenza dentro un grande inferno. Ma lei non si lascia travolgere dall’inferno». Mi permetta una domanda un po’ personale: come si trova una suora, una religiosa, in un mondo sempre più laicizzato? «Io vedo da una parte coloro che incarnano il Vangelo, secondo le parole di Giovanni: "E il Verbo si fece carne", e dall’altra l’arcipelago del mondo laico. Ma non vedo una netta, radicale divisione fra i due campi. Piuttosto vedo un continuum; d’altronde il sacerdote incontrato a Capo Passero me lo ha detto, conosciuta la storia della mia famiglia, che quel doppio pensiero mi sarà sempre presente». Oggi la Chiesa e i cattolici sono scossi da molteplici inquietudini. Lei cosa prova di fronte a tante difficoltà? «Sono le difficoltà della Chiesa pellegrina sulla Terra. Ci sono sempre state, sa? La storia della Compagnia di San Paolo che sto leggendo è ambientata all’epoca di Lutero e Calvino, delle grandi eresie. Le pare che non fosse un’epoca di grandi tribolazioni? Oppure penso ai tempi dell’unificazione italiana quando la Chiesa aveva paura di perdere definitivamente il suo potere. La storia della Chiesa è una storia di uomini. Bisogna accettarlo. C’è mai stato un momento di pace?».