Carlo Rimini*, La Stampa 18/9/2010, pagina 35, 18 settembre 2010
UN GIUDICE AD HOC PER I GENITORI CHE SI SEPARANO
Si è riacceso in questi giorni il dibattito sui diritti dei padri separati. Si afferma che la madre viene sempre preferita nell’ambito della separazione e del divorzio e al padre vengono lasciati solo i ritagli di tempo nella vita dei figli, quando non viene totalmente escluso. Le madri dicono invece che i padri ignorano la fatica quotidiana che la crescita dei figli impone; volentieri lasciano alle madri i sacrifici, i vestiti da lavare e la casa da pulire, i compiti da fare; vogliono i figli per il fine settimana per godersi con loro le ore più serene. In mezzo c’è l’opinione di un coro di esperti che senza esitazione afferma che per il bene dei bambini i genitori non devono litigare e devono comporre i loro contrasti, ricorrendo se necessario all’aiuto di un mediatore familiare.
In questo dibattito hanno tutti una parte di ragione, ma viene il sospetto che la discussione non porti un gran contributo alla soluzione del problema. È opportuno partire da una considerazione: non è colpa dei giudici se la maggior parte dei figli di genitori separati vive con la mamma. Non c’è nessuna discriminazione contro i padri. Semplicemente il giudice non può dividere in due il bambino e sceglie il genitore che, prima della separazione, si dedicava con maggiore intensità alla cura dei figli. Spesso però capita di vedere che la madre abusa di questa posizione privilegiata e ostacola i rapporti fra i bambini e il padre; talvolta questo atteggiamento è frutto del rancore, della gelosia, della considerazione dei figli come una cosa propria. Altre volte è invece il padre ad utilizzare i propri diritti di genitore solo per denigrare la madre ed interferire, come un padre padrone, nella sua vita quotidiana. In questi casi il ricorso alla mediazione familiare spesso aiuta a risolvere il problema, a riprendere le fila di un dialogo interrotto. Ma l’appello alla mediazione, pur necessario, non può essere l’unica risposta. Proprio da qui nasce il problema: nel 2006 una legge ha introdotto la regola dell’affidamento condiviso, affermando che tutte le decisioni relative alla crescita dei figli devono essere prese dai genitori di comune accordo, incentivando il ricorso alla mediazione familiare per la soluzione dei contrasti. Ma che cosa succede se i genitori continuano a litigare? La legge non dà risposte adeguate. Proprio nel momento in cui si afferma che i genitori devono condividere le scelte relative ai figli, si tralascia di dire che cosa accade se l’accordo non viene trovato. La legge ha lasciato la soluzione dei contrasti fra genitori separati ai tribunali ordinari che, nella maggior parte dei casi, impiegano mesi solo per fissare la prima udienza di discussione. Capita poi che il giudice si limiti ad invitare i genitori a rivolgersi ad un mediatore familiare e il problema non si risolve. Il genitore più arrogante e prepotente ha allora un tempo infinito per agire indisturbato e sa che i suoi comportamenti difficilmente troveranno, alla fine, una sanzione adeguata.
È allora necessario creare un tribunale della famiglia, in grado di affrontare la lite fra i genitori separati in tempi rapidi, compatibili con la crescita di un bambino. I genitori non devono litigare, ma quando litigano è necessario che ci sia un giudice che risolva i contrasti, stabilisca regole chiare e, soprattutto, le faccia rispettare con severità. Da anni si discute della creazione di questo nuovo giudice specializzato, ma i tempi della politica sono più lunghi dei tempi della giustizia.
*Professore di diritto privato
all’Università di Milano