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 2010  settembre 18 Sabato calendario

Dopo la crociata contro i nomadi Sarkò torna a volare nei sondaggi - L’Europa lo critica? La Commissione minaccia di metterlo sotto accusa? La stampa di tutto il continente staffila le gaffes di Bruxelles? Il presidente sorride, soddisfatto

Dopo la crociata contro i nomadi Sarkò torna a volare nei sondaggi - L’Europa lo critica? La Commissione minaccia di metterlo sotto accusa? La stampa di tutto il continente staffila le gaffes di Bruxelles? Il presidente sorride, soddisfatto. L’America e il Papa esprimono dubbi sulla politica delle espulsioni? Benissimo, all’Eliseo i consiglieri si stropicciano le mani: colpo magistrale. Con l’operazione Rom e la rissa con la Commissione europea, Sarkozy sta procedendo a una delle sue più sofisticate (e pericolose) operazioni di seduzione elettorale. Perché è già proiettato verso la campagna presidenziale del 2012 e il suo primo, vitale, obbiettivo è quello di riconquistare il consenso di tutta la Francia di destra, moderata, populista, sovranista, estremista. Dar la caccia ai nomadi e alzare la voce con i commissari europei per difendere l’onore francese è un pilastro di questa tattica. Che sta già dando i frutti: in poche settimane ha riconquistato un venti per cento nell’elettorato più radicale che sembrava sul punto di tornare a casa, ovvero da Le Pen. Che la stampa francese critichi, con cautela, la sua tattica non lo preoccupa: vuole presentarsi come il presidente che sfida le élites radical-chic annidate nei giornali; gli intellettuali che strillano sui diritti umani e flaneggiano nei caffè del boulevard Saint-Germain come ha detto il suo braccio destro e ministro dell’Interno Brice Hortefeux. E che diffida dell’Europa. Perché la Francia resta un Paese europeista solo nella crosta. Quella a cui si rivolge Sarkozy ha votato no, anche a sinistra, al referendum sulla Costituzione europea; era ossessionata dall’invasione, prima che degli zingari, dei lattonieri polacchi venuti a rubare il lavoro. Che Sarkozy tenga testa agli impiccioni di Bruxelles e non si lasci «insultare» da una «lussemburghese» solo perché ha i galloni di commissario solleva ondate di entusiasmo nei blog. La battaglia di Bruxelles gli ha restituito l’affetto dei pescatori di Saint-Malo inferociti dalle limitazioni comunitarie alla pesca, degli agricoltori che vedono nei sontuosi contributi comunitari ora in discussione un dovuto omaggio alla Nazione, degli operai delle fabbriche piccole e grandi che delocalizzano la produzione in Romania, dei ferrovieri che maledicono la prossima liberizzazione del traffico. Gente che metterebbe i reticolati, altro che frontiere aperte. Quando Sarkozy fa la gerarchia dei Paesi europei parlando di Grandi che hanno diritti maggiori commette un peccato capitale rispetto allo spirito dell’Unione per cui tutti i paesi sono rigorosamente eguali. Ma è applaudito dai francesi per cui la République è comunque più eguali degli altri. Le critiche, peraltro, sono assai moderate. Il partito socialista alza la voce molto di più per le pensioni a 62 anni che per le «deportazioni» dei Rom. Quanto ai giornali: Libération, storica testata gauchiste, ieri relegava Bruxelles a pagina otto. Il rimprovero più grande è semmai quello di essere obiettivamente alleato di Berlusconi. La strategia di Sarkozy è comunque pericolosa. Premere il pedale della destra estrema rischia di far esplodere le contraddizioni della società. Giorno dopo giorno il Sarkozy «a destra tutta» sgretola silenziosamente una Francia in parte forse mitica, ma aperta, stimabile, ricca di ammaestramenti. Così la legislazione penale viene deformata dall’ossessione della sicurezza, il presidente della Camera chiude il dibattito sulla riforma delle pensioni perché il presidente ha stabilito che deve essere approvata entro quella data e ha fretta; due milioni di persone in piazza sono considerate ininfluenti rispetto a un mandato, provvidenziale, di trasformare la società, i servizi segreti spiano i giornali che riferiscono cose scomode. Nella primavera del 2012 è questa Francia irriconoscibile che dovrà scegliere il presidente.