Frammenti, 17 settembre 2010
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FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "DI SEGNI
Riccardo"
[Alla fiaccolata per Israele] sotto al palco è stato montato un grande striscione in lingua "Farsi", realizzato da un ebreo iraniano sfuggito al regime. C´è scritto: «Democrazia e libertà per il popolo iraniano - Sì al riconoscimento dello Stato d´Israele». Dietro gli oratori spiccano tre bandiere, quella italiana, l´europea e anche la bandiera dell´Iran, a dimostrare, come dice il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che «se qui in Occidente commentiamo quanto succede in quelle terre non lo facciamo certo con lo spirito dell´imperialismo. Lo facciamo perché in Europa abbiamo imparato a caro prezzo che cosa significano certe idee e certi proclami». E´ lo spettro del nazismo quello che evoca Di Segni.
(La Repubblica 04/11/2005 pag.2 Francesco Bei)
Il rabbino capo Riccardo Di Segni: «La nostra non è una protesta contro l’Iran, né contro il popolo iraniano, di cui ammiriamo la civiltà. Noi non bruciamo bandiere. La bandiera dell’ Iran è qui esposta sul palco, al posto d’onore che merita».
(Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 04/11/2005)
Un meticciato evidente sin dagli occupanti del palco improvvisato ieri sera in largo Santa Costanza (vietato avvicinarsi troppo alla sede diplomatica), e specialmente dagli oratori, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, il vicedirettore musulmano («laico», ha specificato) del Corriere della Sera, Magdi Allam, e la presidente cattolica del Meeting per l’amicizia, Emilia Guarnieri.
(La Stampa 04/11/2005, pag.3 Mattia Feltri)
opo aver seguito il meditato intervento di Emilia Guarnieri, che ha invitato a non confondere il concetto di «tolleranza» con un atteggiamento di «indifferenza generica», si sono potute meglio apprezzare le successive parole del rabbino Di Segni, il quale ha ritenuto doveroso ringraziare aderenti e presenti, ma anche chi ha dissentito nei modi ma non nei motivi della manifestazione. Il riferimento era diretto, per esempio, a Fausto Bertinotti. A tutti gli altri, affascinati dalla politica del governo iraniano, oppure insensibili al tema, Di Segni ha riservato il suo «orrore». E si è tenuto stretta la diffusa e incondizionata solidarietà spiegando che «la nostra non è una protesta né contro l’Islam, né contro l’Iran né contro il popolo iraniano. Tanto è vero che noi non bruciamo le bandiere». Semmai è contro «un male antico che riemerge in modo nuovo», e del resto, ha detto, se siamo qui a riaffermare il diritto all’esistenza di Israele, significa che è un punto ancora in discussione.
(La Stampa 04/11/2005, pag.3 Mattia Feltri)
«Non è mai esistita nella tradizione ebraica – si legge nel comunicato – alcuna prescrizione né alcuna consuetudine che consenta di utilizzare sangue umano ritualmente. Questo uso è anzi considerato con orrore». Parole sottoscritte da firme della massima autorevolezza: il presidente dell’Assemblea dei rabbini d’Italia, Giuseppe Laras, il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, e tutti i rabbini capi, come Riccardo Di Segni (Roma), Alfonso Arbib (Milano), Alberto Somekh (Torino), Alberto Sermoneta (Bologna) Giuseppe Momigliano (Genova), Joseph Levi (Firenze), Elia Richetti (Venezia).
(Antonio Carioti, Corriere della Sera 7/2/2007)
Per il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni la nuova preghiera [che, secondo la volontà del Papa, nella messa del venerdì santo reintroduce l’auspicio per la conversione degli ebrei] rappresenta «una grave regressione che pone un ostacolo fondamentale alla prosecuzione del rapporto tra ebrei e cristiani» facendo riemergere «in forma purtroppo finalmente esplicita» quella finalità della «conversione dell’interlocutore » che «rimette in discussione decenni di progressi».
(Luigi Accattoli, Corriere della Sera 6 febbraio 2008)
Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni è meno aspro: «Il dialogo ebraico-cristiano è un processo difficile e necessario, che deve andare avanti malgrado le difficoltà». Benedetto XVI, ammette Di Segni, sta dando un suo «originale» contributo, anche se «le sue posizioni non sempre sono condivisibili dal nostro punto di vista».
(Marco Politi, la Repubblica 14/1/2009)
Sarà infatti il Papa a inaugurare assieme al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni la mostra Et ecce gaudium. Gli ebrei romani e la cerimonia di insediamento dei Pontefici che aprirà i battenti il 17 gennaio in occasione della storica visita in Sinagoga.
(Francesca Nunberg, Il Messaggero 8/1/2010)
La richiesta fatta dal Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni al Papa non riguarda solo l’apertura completa dei documenti inerenti Pio XII dell’Archivio Segreto Vaticano, ma anche quella degli archivi di monasteri e istituti religiosi nei quali i bambini ebrei furono ospitati e, a volte, battezzati. Questo al fine di ricostruire con esattezza quanti bambini ebrei furono battezzati e non restituiti alle ”loro origini”. Ma su questo punto si gioca anche il rapporto tra Chiesa cattolica ed ebraismo.
(Andrea Gagliarducci, il Fatto Quotidiano 19/1/2010)