Leonardo Martinelli, Il Sole 24 Ore 17/9/2010, 17 settembre 2010
L’EST RESPINGE IL SUO POPOLO - È
la prima minoranza d’Europa. Ma non si riesce neppure a quantificarli con precisione: i rom sarebbero in tutto fra i dieci e dodici milioni. Sedentari o ancora in viaggio perpetuo ricevono accoglienze diverse secondo i paesi ma è nell’Europa dell’est, cioè nell’area d’origine, che subiscono le maggiori discriminazioni.
La mano dura di Parigi
In Francia vivono fra 400 e 500mila nomadi, la più grossa comunità dell’Europa occidentale, dopo quella spagnola.
I più sono presenti nel paese da alcune generazioni e hanno ottenuto nella stragrande maggioranza dei casi la cittadinanza francese. L’attenzione del governo si concentra sui «nuovi arrivi»: i rom giunti, soprattutto dalla Romania, negli ultimi anni.
Già prima dell’offensiva lanciata da Nicolas Sarkozy alla fine di luglio, Parigi aveva deciso di adottare il pugno di ferro. Secondo le ultime stime, 8.030 rom sono stati espulsi verso la Romania (e in minima parte la Bulgaria) dall’inizio dell’anno. Mai in un lasso di tempo ridotto come questo un paese europeo aveva rinviato così tanti rom. Se si prende il periodo 28 luglio-17 agosto, ne sono stati espulsi 979: solo 151 vi sono stati ufficialmente obbligati, il resto è ritornato su base volontaria, con 300 euro di contributi a testa. Le Ong accusano le forze dell’ordine di sgomberare i campi, di proporre la partenza volontaria e, in alternativa, di procedere all’espulsione. Per questo in tanti sceglierebbero la prima opzione. In entrambi i casi l’espulsione viene effettuata senza alcuna sentenza o incriminazione per reati, ma solo sulla base di un’interpretazione della legge comunitaria che, secondo Parigi, prevede di espellere rumeni e bulgari che, dopo tre mesi di residenza in Francia, non possano dimostrare di avere un lavoro fisso o entrate regolari: questo, però, solo fino al 2014, in virtù di un regime transitorio previsto al momento dell’adesione all’Unione europea.
A Berlino e Copenaghen
Anche Berlino sta procedendo a espulsioni di rom ma sono quelli originari del Kosovo, arrivati sul suolo tedesco ai tempi della guerra. La Germania ha concluso un accordo in merito con le autorità del paese balcanico nell’aprile scorso. Dato che questo non fa parte della Ue, non esistono problemi con la commissione. Le polemiche, comunque, non mancano. È stato deciso di rinviare a casa 10mila rom, in varie tappe (il piano è in fase di attuazione), in molti casi si tratta di ragazzi che nel Kosovo non hanno mai messo piede. Secondo l’Unicef i tre quarti dei minori in età scolare, una volta rientrati nel loro paese d’origine, non seguiranno più alcun corso. In Germania si stimano fra i 110 e i 140mila rom.
Intanto perfino nella «civile» Danimarca il sindaco di Copenaghen, il socialdemocratico Frank Jensen, ha condannnato di recente la presenza «di troppi rom a fare l’elemosina nelle strade della città e a commettere furti». Una ventina sono stati espulsi verso la Romania all’inizio di luglio, con l’ingiunzione a non rientrare in Danimarca per almeno tre anni.
Chi cerca l’integrazione
In altri paesi, nonostante qualche problema di convivenza, viene messo l’accento soprattutto sulla possibilità di integrare i rom, senza piani strutturati di espulsioni. In Spagna, che ospita 700mila «gitanos» (l’1,6% della popolazione), il governo ha adottato nell’aprile scorso (e in piena crisi economica) un piano di sviluppo per la comunità. Si tratta di 107 milioni di euro, da utilizzare nel periodo 2010-2012 e destinati soprattutto ai rom. Verranno finanziati progetti nei campi dell’istruzione, della sanità e saranno messi a disposizione alloggi. Madrid ricorre in casi sporadici alle espulsioni e solo verso paesi che non siano membri della Ue. In Svezia una cinquantina di rom sono stati rinviati dall’inizio dell’anno, ma sempre in Serbia o Macedonia, mai Romania o Bulgaria. Nel paese scandinavo, dove si stima la presenza fino a 50mila rom, è stata istituita fin dal 2006 la figura di un delegato del governo che si occupa dell’integrazione di questa minoranza, con programmi concreti e finanziamenti ad hoc.
A casa più discriminazioni
Secondo molti osservatori sarebbe proprio nell’Europa dell’Est, cioè nei paesi di origine e in quelli limitrofi che i rom soffrono più emarginazione e vivono in condizioni economiche particolarmente disagiate. Le critiche sono forti nei confronti di Romania e Bulgaria, dove i rom sarebbero fra i 530mila e i 2,5 milioni nel primo caso e 800mila nel secondo. Si punta il dito sull’incapacità dei governi a realizzare piani di integrazione, spesso generosamente finanziati dalle casse comunitarie.
Se si guarda a tutta l’Europa centrale e orientale, la situazione sarebbe migliorata negli ultimi anni in Polonia (dove però i rom non superano le 50mila unità), mentre resta particolarmente difficile in Slovacchia e soprattutto in Ungheria. In questo piccolo paese la loro presenza è stimata fra i 500 e i 600mila (su dieci milioni di abitanti). Il governo aveva finalmente deciso nel 2009 di triplicare il budget consacrato allo smantellamento delle bidonville abitate dai rom in tutto il paese. Erano previsti nuovi alloggi e progetti di integrazione professionale, perfino nella funzione pubblica. Ma, con la crisi economica, l’esecutivo ungherese ha rivisto nettamente al ribasso il programma. Attualmente il 40% dei giovani rom in Ungheria non è mai riuscito a concludere le scuole elementari.