Giuseppe Berta, Il Sole 24 Ore 17/9/2010, 17 settembre 2010
UN NUOVA MOSSA DELLA STRATEGIA GLOBALE
Quanto è avvenuto ieri al Lingotto, con la scissione in due parti del Gruppo Fiat, ben difficilmente potrebbe essere raccontato come una discontinuità nella storia della nostra maggiore impresa industriale. La chiave di lettura più appropriata è quella di un’evoluzione, magari irregolare e interrotta da alcuni momenti di frattura, nel percorso verso un nuovo dimensionamento e un nuovo assetto della produzione automobilistica della Fiat. Aver distinto il comparto auto dalle altre attività industriali rappresenta una mossa in direzione dell’alleanza internazionale che il gruppo torinese ha teso a realizzare da più di vent’anni. È dalla fine del decennio Ottanta, infatti, che si discute del matrimonio della Fiat Auto con un altro grande produttore, nella prospettiva di un salto dimensionale tale da proiettare una volta per tutte l’automotive italiano fuori dei suoi confini.
Se ne parlò in primo luogo ai tempi del negoziato con la Ford, che per un attimo parve in dirittura d’arrivo. Sarebbe dovuta nascere un’alleanza paritetica che però, al termine di dieci anni, avrebbe visto prevalere il soggetto più grande, il partner americano. Quella condizione sbarrò il passo all’intesa. Poi venne il turno della Chrysler: pochi oggi lo ricordano, ma vent’anni fa la Fiat valutò attentamente la possibilità di acquisire il controllo della minore delle case di Detroit. Prese il sopravvento un impulso alla prudenza, che trattenne dal compiere un passo potenzialmente molto pericoloso per la Fiat d’allora, certo assai meno internazionalizzata di oggi. A giudicare da come andarono successivamente le cose tra la Daimler e la Chrysler, c’è da ritenere che quella cautela non sia stata eccessiva. La Fiat d’allora non era attrezzata per una scommessa così rischiosa. La possibilità di un matrimonio proprio con la Daimler si riaffacciò nel 1999, l’anno del centenario di una Fiat che si celebrava con un’ombra di preoccupazione sul suo futuro. Era ormai chiaro che per l’auto italiana una partnership internazionale era quasi un passaggio obbligato. Sul tappeto c’erano due opzioni radicalmente alternative: la prima era la cessione della Fiat Auto alla Daimler; la seconda, che risultò la prescelta, l’avvio di una collaborazione con la General Motors, potenzialmente in grado di convertirsi in un processo graduale d’integrazione. Non funzionò perché le due imprese stavano entrambe viaggiando verso crisi che ne avrebbero sfidato la capacità di sopravvivenza.
A rileggere questa lunga storia con gli occhi di oggi, due elementi spiccano con chiarezza. Il primo consiste nella convinzione che l’auto Fiat, per raggiungere i volumi necessari a stare con sicurezza sui mercati, deve legarsi a un partner. Il secondo, in apparenza più problematico, sta nella tendenza del gruppo torinese a cercarsi l’alleato piuttosto oltre Atlantico che in Europa. Dalle origini, la Fiat si è modellata sull’esperienza americana, considerata come un punto di riferimento essenziale.
La crisi del sistema dell’auto che si è aperta nell’autunno 2008 ha impresso una svolta a entrambi questi aspetti. Anzitutto perché ha accentuato la consapevolezza della Fiat di non poter più condurre una partita solitaria. E poi perché ha creato le condizioni concrete e il contesto istituzionale adatti al varo della nuova alleanza con Chrysler. La crisi ha insomma fatto precipitare l’ordine gerarchico che aveva retto il sistema mondiale dell’auto e ha rimescolato i confini del settore, imponendo una revisione radicale delle strategie manageriali. L’alleanza Fiat-Chrysler appare adesso praticabile perché il gruppo italiano è cambiato in profondità grazie a un’apertura internazionale incomparabile col passato. Tra Torino e Detroit le distanze si sono annullate in seguito a una leadership d’impresa che opera secondo una logica effettivamente unitaria.
Con l’atto che si è compiuto ieri, la storia della Fiat e dell’auto italiana voltano pagina. Non si tratta più delle esplorazioni e dei tentativi compiuti alla fine del Novecento e neppure del cambiamento diluito nel tempo che si era creduto di promuovere mediante l’accordo con la General Motors. Ora la Fiat è uscita, insieme, dalla sua pelle e dalla cornice novecentesca. Le sue prossime mosse saranno su una scacchiera che si estende tra le due sponde dell’Atlantico e che presto diverrà probabilmente ancora più ampia.