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 2010  settembre 17 Venerdì calendario

LA DIMORA DELLO STUPORE

Ci sono voluti oltre sessant’anni, ma finalmente Palazzo Barberini, acquistato dallo Stato nel 1949, apre i battenti per mostrare la ritrovata magnificenza di reggia barocca e i tesori della Galleria nazionale d’Arte antica. Lo spettacolo che si offre ai visitatori è addirittura superiore ad ogni aspettativa. Chi aveva potuto visitare, negli anni passati, le poche sale che ospitavano solo una minima parte della collezione di arte antica, ora stenterà a riconoscerle. Non più spazi male illuminati, dove i quadri sembravano dormire sotto strati di polvere. Di salone in salone si apre agli occhi una festa della luce e del colore. Il miracolo è avvenuto grazie a una squadra composta da 50 restauratori, 40 operai e 20 impiantisti, guidati dagli architetti Laura Cherubini, Mario Lolli Ghetti e Federica Galloni e dai direttori e sovrintendenti del ministero, come Rossella Vodret e Anna Lo Bianco. In sei anni, lavorando senza respiro e con un finanziamento di undici milioni di euro, hanno rivoluzionato lo storico edificio.
Da una parte sono stati recuperati dai depositi — e restaurati — quasi duecento capolavori, che si aggiungono ai centoventi già esposti in precedenza nella Galleria. E a questo proposito è da segnalare l’impegno quasi eroico di Rossella Vodret, che, arrivata qui negli anni Ottanta come sovrintendente, per prima cosa decise di fare un inventario delle opere date in prestito ai privati e alle ambasciate straniere, visto che non c’era spazio per esporle. «Risultò che i dipinti in giro per il mondo, da Bogotà ad Asmara — racconta Vodret — erano circa seicento. Sono riuscita a farne rientrare quattrocento e per ognuno è stata una battaglia. Alcuni quadri risultavano distrutti, come i 27 che si trovavano a Berlino e che poi sono stati invece ritrovati sul mercato antiquario internazionale».
Dall’altra parte è stata recuperata l’architettura originaria di Palazzo Barberini, reggia barocca per eccellenza, che vide impegnati nella sua costruzione i più grandi architetti del Seicento, da Carlo Maderno a Gian Lorenzo Bernini a Francesco Borromini. Così le pareti del salone con l’immensa volta affrescata da Pietro da Cortona ora appaiono rivestite da un luminoso lampasso tessuto appositamente dalle fabbriche di San Leucio con fili dorati e argentati. E per le altre sale della Galleria sono stati recuperati dagli archivi storici le cromie degli antichi velluti e damaschi per creare coloriture smaglianti, ottenute dai maestri fiorentini con terre naturali a base di calce e con le stese metodologie dell’epoca barocca. Perfetta l’illuminazione. Straordinario il recupero dello scalone quadrato berniniano, prima deturpato da un ascensore che rendeva illeggibili i mirabili dettagli architettonici, con i conci di travertino trattati a gradina, una tecnica graffiata la cui esecuzione il Bernini controllava di persona. Scalone che rivaleggia con l’altro, altrettante stupefacente, realizzato dal Borromini con un disegno ad elica vertiginosa.
Il nuovo percorso inizia al piano terra, nelle sale che fino a cinque anni fa erano occupate dal Circolo Ufficiali e che ora ospitano la pittura dal XII al XV secolo, con capolavori come l’Annunciazione di Filippo Lippi, il Ritratto virile di Giovanni Bellini, il San Girolamo del Perugino. Un percorso che termina con una rivelazione: la splendida sala delle colonne, con la grande fontana di Bacco e i cui decori naturalistici sembrano riflettere i giardini adiacenti. Un gioiello nascosto per mezzo secolo dal Circolo Ufficiali, che l’aveva destinato alle cucine e a deposito di derrate, e ora riscoperto con un raffinato restauro da Laura Cherubini.
Al piano nobile, dove erano già aperte al pubblico le dieci sale con opere che vanno dal Rinascimento al primo Barocco, da Raffaello a Caravaggio, si svelano cinque nuovi spazi che illustrano l’arte di transizione tra manierismo e naturalismo. Anche qui sono usciti dai depositi dipinti celebri che non venivano visti da anni, come il Paesaggio con Agar e l’angelo di Nicolas Poussin o Il giudizio di Salomone di Valentin de Boulogne. Nel salone di Pietro da Cortona, per l’inaugurazione è stata esposta la Fornarina di Raffaello, quadro simbolo della grande Galleria Nazionale ritrovata, che nelle speranze della direttrice Anna Lo Bianco dovrebbe raddoppiare le presenze dei visitatori, da centomila a duecentomila all’anno. Intanto, per festeggiare la riapertura, Palazzo Barberini offrirà al pubblico la possibilità di visitarlo, il 19 settembre, fino a mezzanotte, in un percorso che comprende la Galleria Corsini, l’Orto Botanico e la Villa Farnesina Chigi.
Lauretta Colonnelli