Marco Ventura, Corriere della Sera 17/09/2010, 17 settembre 2010
I DUE IMPERI PARTNER GLOBALI
Enrico VIII vide nel Papa un sovrano concorrente che minacciava le sorti del regno e della dinastia. Perciò ruppe i rapporti e proclamò la propria supremazia sulla Chiesa d’Inghilterra. Oggi, quasi cinque secoli dopo, il governo britannico vede nel Papa un sovrano non concorrente la cui partnership può rafforzare gli interessi britannici nel mondo. Perciò lo ha invitato per una visita di Stato; perciò ieri la regina Elisabetta lo ha accolto come si accoglie un sovrano. È in questa parabola che va cercato il senso storico del viaggio in Scozia e Inghilterra di Benedetto XVI; in questa parabola Regno Unito e Santa Sede trovano le ragioni di una partnership strategica.
La corsa verso la gloria della piccola Inghilterra di Enrico VIII partì dall’idea che il re non potesse condividere la propria sovranità con nessuno, tanto meno in materia religiosa, tanto meno con il lontano Papa re. Col tempo, i re inglesi conquistarono terre e costruirono un Impero. Grazie anche alla fine dello Stato pontificio e del potere temporale del Papa, il conflitto con il cattolicesimo si spense poco a poco. Nell’India britannica imperiale, il reggimento irlandese in cui s’imbatte il giovane Kim di Kipling è assistito da due cappellani, l’anglicano e il cattolico, entrambi al servizio di Sua Maestà l’Imperatrice. Dopo la Seconda guerra mondiale, dopo la fine dell’Impero britannico, la Santa Sede si reinventò grande attore internazionale, riscattando l’ipoteca dei patti siglati con Mussolini, Franco e Hitler. Rimase solo la questione irlandese a rendere invisi i papisti; fino al 1981, alle bandiere nere dell’Ira davanti alla cattedrale cattolica di Westminster nei giorni dello sciopero della fame di Bobby Sands. Ma anche il conflitto irlandese doveva infine sopirsi. Il Papa non faceva più paura. La fedeltà alla corona dei cattolici britannici era ormai incontestabile. I tradizionali sentimenti anticattolici lasciarono la politica inglese e resistettero solo al pub o nei dipartimenti di filosofia.
In virtù di questa parabola, il primo ministro David Cameron ha potuto vincere la tentazione di ridurre la visita ad un incontro spirituale e può oggi salutare la visita di Benedetto XVI «come capo di Stato». Regno Unito e Santa Sede, Imperi globali post-moderni, sono spinti l’uno verso l’altro. Proprio perché il cattolicesimo è sempre più nel mondo e sempre meno in Europa, la Santa Sede ha bisogno di partner in sintonia con il radicamento occidentale del Papato, ma anche con la sua visione planetaria. Proprio perché l’impero finanziario e culturale britannico vacilla, il Regno Unito ha bisogno di partner dotati di idee, valori, visioni.
La partnership è già nei fatti, come ha illustrato Cameron: «La Chiesa cattolica annuncia al mondo un messaggio di pace e di giustizia, e noi operiamo strettamente con essa per promuovere queste cause». Sui cambiamenti climatici, per lo sviluppo, contro la povertà, per la pace, Santa Sede e Regno Unito lavorano già insieme in molte forme.
Ma le differenze tra i due partner non sono da poco, e la visita di questi giorni è un test delicato. Se il viaggio è la conferma dell’interesse Vaticano alla partnership, esso serve soprattutto alla Santa Sede per enunciare la visione storica che oggi ne guida l’azione internazionale. Come il Pontefice ha detto fin dal primo giorno della visita, le radici cristiane dell’Occidente vanno difese contro l’«estremismo ateo» e il «laicismo aggressivo», contro relativismo e multiculturalismo. Il papa tedesco esorta gli inglesi ad opporsi a questi mali come hanno saputo opporsi al Nazismo.
Dal canto loro, gli inglesi non temono lezioni di cristianesimo e di storia. Davanti ai Comuni, il 18 giugno 1940, Churchill annunciò che dall’imminente Battaglia d’Inghilterra sarebbe dipesa la «sopravvivenza della civiltà cristiana». Ma Churchill stesso era un uomo della secolarizzazione: aveva orrore del fanatismo cristiano che aveva distrutto l’amato Impero romano; come del fanatismo dei musulmani contro cui aveva combattuto ventenne proprio dove oggi l’Occidente combatte Bin Laden. La stessa secolarizzazione, lo stesso relativismo che il Papa deplora, dispone oggi il governo di Cameron ad ascoltare il Papa e a lavorare insieme. E dispone il Regno Unito, che già ha salutato la conversione al cattolicesimo dell’ex primo ministro Blair, a salutare la beatificazione del cardinale Newman, la prima di Papa Ratzinger, la prima sul suolo inglese e proprio di un anglicano convertito. Il pragmatismo britannico forgia una società che soprattutto ora, perché multiculturale, assorbe differenze e cambiamenti. Ancor più delle convergenti strategie, è allora la libertà a spingere l’uno verso l’altro i due nuovi Imperi post-moderni: la libertà di insegnare della Santa Sede, la libertà di vivere del Regno Unito.
Marco Ventura