Vivi B. Zizzo, Oggi, n. 38, 22 settembre 2010, pag. 38, 22 settembre 2010
MACCHE’ TRANS E COCAINA SON FINITO IN UN TRANELLO"
Sono passati poco più di due mesi da quando il consigliere provinciale Pier Paolo Zaccai (Pdl) ha visto andare in frantumi la sua vita, privata e politica, per aver partecipato a un «festino con trans e droga» finito con un «comizio politico» da lui tenuto, affacciato alla finestra dell’appartamento in zona Appia-Tuscolana a Roma in cui si trovava. Subito si era detto e scritto che quella di andare a trans e fare uso di alcol e cocaina sembrava essere, a seguito dello scandalo che aveva coinvolto l’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, una moda bipartisan. Il coordinatore regionale del Pdl del Lazio Vincenzo Piso l’aveva sospeso «in attesa di comprendere meglio le dinamiche che hanno portato al suo ricovero in ospedale». Pochi giorni dopo il «festino» in cui era stato coinvolto Zaccai, Oggi aveva incontrato Morgana, una delle due trans coinvolte quella notte. In esclusiva (Oggi n. 28), ci aveva raccontato la sua verità. Solo ora Zaccai si è reso disponibile a dare la sua versione dei fatti. Eccola, a partire dal racconto della notte del 1° luglio. E da una affermazione: «Mai stato con una trans».
INCONTRO AL BAR DELL’EUR
«Quella sera avevo avuto una discussione piuttosto accesa con mia moglie Francesca ed ero uscito di casa per sbollire. C’era un po’ di tensione tra noi, perché già da diversi mesi avevo l’impressione di essere pedinato e intercettato, avevo subito prima la manomissione e poi il furto dei miei cellulari. Poi mi hanno sostituito le chiavi della macchina e qualche giorno dopo me l’hanno rubata. A casa arrivavano telefonate anonime e molestie a tutte le ore, perfino la notte, ininterrottamente. Questa storia, segnalata alle forze dell’ordine con otto denunce, è andata avanti per mesi contribuendo a creare un certo nervosismo in famiglia: Francesca non riusciva a spiegarsi chi e perché ci avesse preso di mira. «Comunque sia, quella sera sono uscito. Ho raggiunto un amico e ci siamo fermati in un bar dell’Eur per prendere un caffè; lì abbiamo incontrato delle persone che avevo conosciuto in campagna elettorale. Il mio amico non voleva fare tardi e ha preferito tornare a casa dalla moglie. Io sono rimasto con loro, siamo stati un po’ in giro, fino a quando mi hanno proposto di continuare la serata in casa di amici. Li ho seguiti con la mia macchina e siamo arrivati in quell’appartamento. Eravamo in tre. Abbiamo chiacchierato a lungo, poi uno dei due ha proposto di far arrivare due sue amiche, si è allontanato per fare qualche telefonata ed è uscito per andarle a prendere. Io sono rimasto in casa con l’altro e quando il secondo è tornato, si è presentato con due trans».
COLPITO A PUGNI E CALCI
«Nell’arco di un quarto d’ora mi sono reso conto che si stava creando una situazione strana, che poteva succedere qualcosa, mi è venuto in mente quello che era capitato a Marrazzo e ho cominciato ad agitarmi. Sono uscito sul balcone e ho fatto tre telefonate a persone amiche. A quel punto c’è stata una colluttazione, perché hanno capito che stavo provando a dare indicazioni. Sono stato picchiato duramente, preso anche a calci da più persone e ho cominciato a urlare, chiedendo aiuto. Sono tutti scappati via: prima le due persone che conoscevo e poi anche i trans. «Non è vero che la mia maglietta si è strappata, come ha raccontato la trans Morgana, nel suo tentativo di evitare che mi buttassi di sotto. Vomitavo anche sangue dalla bocca, ero terrorizzato che tornassero. Mi sono affacciato alla finestra urlando una serie di elementi identificativi della mia persona per consentire a chi mi ascoltava di capire chi fosse in pericolo. È stato quello che hanno definito “il comizio delirante”».
IL SOSPETTO: "COCAINA"
«Quando è arrivata la polizia ero sotto choc, non ero in grado di spiegare cosa fosse successo. Hanno cercato di calmarmi fino all’arrivo dell’ambulanza che mi ha portato all’ospedale San Giovanni; sono entrato con codice rosso. Ho avuto una sedazione intramuscolare e una spinale. Una volta al pronto soccorso, è stato richiesto di sottopormi al Tso [Trattamento sanitario obbligatorio, ndr] perché sul foglio di accettazione c’era scritto "sospetta assunzione di cocaina".
«Tutto è partito da un sospetto o da un errore sanitario di valutazione. Trasportato all’ospedale Grassi di Ostia, sono stato sottoposto a ogni tipo di analisi e non ho opposto, a differenza di quello che è stato scritto, resistenza. La psichiatra che mi ha visitato, ha saputo tranquillizzarmi e non ha confermato la richiesta di Tso.
«In ospedale sono venuti a trovarmi due amici. Uno dei due, Fabio, è andato a prendere mia moglie sul posto di lavoro perché, nel frattempo, era uscita un’agenzia Ansa che dava un primo resoconto dell’accaduto e si è innescato un meccanismo mediatico che non si è più fermato fino alla distruzione delle mia immagine e della mia persona.
«Mia moglie Francesca? Inizialmente l’ha presa molto male. Era scioccata, non aveva capacità di reagire e ha voluto rimanere da sola. Dopo una decina di giorni ha parlato con il mio avvocato, Domenico Stamato, ha capito che i fatti si erano svolti in modo diverso da quello che era emerso sulla stampa. Ha visto le foto dei traumi fisici che ho subito. Alcune di queste immagini le ho messe a disposizione del vostro settimanale [le pubblichiamo nelle pagine precedenti, ndr], può aiutare ad avere una lettura diversa di come si sono svolti i fatti».
TEMPESTA DI MAIL
«Nel giro di pochi giorni, dopo quella notte, ho ricevuto 1.360 mail di insulti da tutta Italia. Ho letto parole spietate che mi invitavano a togliermi la vita: ero una persona da disprezzare e non meritavo di vivere. Non mi è facile descrivere la sofferenza che ho provato, quella che ha investito le persone che mi sono care: mia moglie Francesca, la mia famiglia e la sua. Malgrado non fossi in condizioni di viaggiare, anche per le percosse che avevo ricevuto, alcuni amici e mia madre il 2 luglio mi hanno accompagnato all’aeroporto e sono andato da mia sorella in Piemonte. Telegiornali e stampa non smettevano di parlare di me.
«Ho pensato che l’unica via d’uscita fosse il suicidio. Ho vissuto l’inferno. Mi sento ancora all’inferno. Tutti mi davano per spacciato. La mia famiglia non riusciva a trovare un legale che si prendesse l’incarico di difendermi, persino un avvocato amico di famiglia ha rifiutato dicendo ai miei di mettersi il cuore in pace perché ero un uomo finito.
«Solo l’avvocato Stamato ha avuto la volontà e la capacità di accettare. Mi ha aiutato a ricostruire i fatti, mi ha dato coraggio e ha anche contribuito a sostenermi psicologicamente. Ha capito di avere davanti un uomo disperato e ha cercato di trasmettermi un pò della sua forza, convincendomi che valeva la pena di lottare per ristabilire la verità. Gli devo molto, come pure a Italo Mannucci, amministratore di Ostia Tv, che mi ha sostenuto in un momento in cui sembrava che si fosse attivato qualche meccanismo per mettere il bavaglio a una informazione corretta. Grazie a mia sorella Alessandra e a suo marito Franco che hanno gestito per due mesi in casa loro, con grande sensibilità e dedizione, un uomo in condizioni disperate, a mio fratello Francesco e ai miei genitori. Ho compreso che per quelli che mi volevano bene dovevo trovare la forza di lottare e di affrontare tutto.
FENOMENO DA BARACCONE
«Lo scorso 6 settembre sono tornato per la prima volta in Provincia in qualità di consigliere (sono ancora sospeso dal Pdl e spero di essere reintegrato perché il mio cuore sta in questo partito). C’è voluto coraggio: perfino gli uscieri mi hanno guardato come un fenomeno da baraccone. Molti colleghi non mi hanno dato il benvenuto. Anche per strada, quando incontro la gente, è ancora difficile. Le persone sono rimaste alle vecchie informazioni sul mio caso. Fino a questo momento non mi era stato consentito il diritto di replica. Sto facendo un lavoro porta a porta, incontro le persone e parlo con loro. C’è chi mi viene incontro e chi, invece, mi evita. Che dire degli amici? Alcuni mi sono stati molto vicini nei momenti più drammatici, altri sono letteralmente fuggiti. Ci sono anche altri problemi: oltre alla Provincia da cui percepivo 1.300 euro al mese, anche le società private di cui sono consulente mi hanno sospeso il trattamento economico, per cui non percepisco compensi, in un momento in cui devo spendere per difendermi. Per fortuna mia moglie lavora.
«Per entrambi c’è un dolore troppo grande. Sono tornato a casa da poco più di una settimana, stiamo ricostruendo il rapporto ma non è facile e ci vorrà del tempo. Francesca è una donna ferita che ancora soffre. Abbiamo ancora qualche difficoltà, le supereremo perché c’è l’amore e il desiderio di ricostruire il nsotro progetto di vita insieme.
«Il sogno è di ricomporre una vita di coppia per ridare serenità a Francesca a cui, a causa di una mia leggerezza, ho devastato la vita. E’ una persona meravigliosa, un vero angelo e non meritava che le procurassi tanto dolore. La mia famiglia è stata sempre vicino a mia moglie e a me, quella di mia moglie ha reagito molto male. Ma anche con loro comincia ad andare meglio. Si dice che il tempo aiuta a lenire il dolore. Penso che in noi resterà per sempre il ricordo di essere scesi all’inferno".