Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 17/9/2010, 17 settembre 2010
IL CODICE DA FELTRI
Sempre più spesso una classe politica con “standard etici una tacca sotto quelli di chi inchiappetta i bambini” (Woody Allen) pretende d’insegnare ai giudici come fare i giudici: chi interrogare, intercettare, arrestare, assolvere, condannare. Il ministro Sacconi che, essendo stato craxiano, di manette dovrebbe intendersi un po’, spiega ai giudici di Torino che bisogna arrestare Rubina Affronte, la sciagurata attivista di un centro sociale, figlia di un magistrato fiorentino, che ha colpito Raffaele Bonanni con un fumogeno. Anche Gasparri, che quando si tratta di dire una scempiaggine non si tira mai indietro, vuole “capire dai magistrati di Torino perchè non è stata arrestata la ragazza” e non vorrebbe “che non fosse stata arrestata perché è figlia di un magistrato”. Stesse idiozie scrive Paolo Granzotto sul Giornale (e dove se no?). Il Pg di Torino, Marcello Maddalena, soddisfa subito la curiosità di cotali giureconsulti: la ragazza non è stata arrestata perché non si può, il Codice penale non prevede la custodia cautelare per il reato di lancio di oggetti pericolosi (altrimenti sarebbero in galera i responsabili di Radio Vaticana e di altre più note emittenti, indagati per lo stesso reato avendo diffuso onde elettromagnetiche cancerogene). “Polizia e magistratura – scrive Maddalena - si sono limitate ad applicare scrupolosamente la legge, che non contempla nessuna possibilità di misure restrittive della libertà personale, la cui adozione nei casi non consentiti comporterebbe addirittura una responsabilità dello Stato per ingiusta detenzione”. E toccherebbe pure risarcire la tipa. Ma l’Italia, oltre a 60 milioni di commissari tecnici della Nazionale, conta pure migliaia di giuristi per caso che inventano codici penali inesistenti a uso e consumo del padrone, il solito. Particolarmente apprezzati per spessore giuridico i professori Feltri e Belpietro, i cui pensosi busti in granito terranno presto compagnia alle statue dei Grandi del Diritto all’ingresso della Cassazione. Ora i due vorrebbero tanto che la Procura di Roma interrogasse Fini e, possibilmente, lo arrestasse perché il fratello della sua compagna ha affittato il famoso alloggio a Montecarlo. Quale reato abbia commesso Fini (ma anche il cognato) non è dato sapere, così come -avendo la Procura aperto un’indagine contro ignoti per truffa - non è ben chiaro chi avrebbe truffato chi. In ogni caso si procede con interrogatori e rogatorie in mezzo mondo anche durante la pausa feriale per smascherare gli autori dell’orrendo delitto. Ma anziché ringraziare i pm romani che prendono sul serio storie prive di rilevanza penale regalando loro qualche altra settimana di prime pagine, Il Giornale e Libero li accusano di voler “salvare Fini” e “graziare Tulliani”. E, si capisce, di perseguitare B. nell’inchiesta sulla P3, dove invece i reati sono piuttosto evidenti e un indagato conferma ciò che Il Giornale e Libero avevano sempre negato: “Cesare”, il misterioso utilizzatore finale dei maneggi pitreisti, è B.. Titoli di Libero: “Fini, Lamorte dell’inchiesta. Insabbiamento. Il giallo c’è ma i pm sentono solo l’ex amministratore di An e non affondano. Il cognato è graziato”. “Le toghe vogliono sentire la segretaria di Fini. Perché non il cognato?”. “Il patto di Gianfranco con i giudici”. Il Giornale: “Ennesimo attacco delle Procure. I soliti pm vogliono sentire Berlusconi sulla P3… Tulliani invece non sarà sentito”. I sapientoni ignorano che interrogare un indagato o un teste in fase d’indagine non è un obbligo: si fa solo se serve. Sentire uno di cui già si sa o si prevede cosa dirà è tempo sprecato. Il che non influisce minimamente sul giudizio di innocenza o di colpevolezza. Ma Feltri e Belpietro usano il Codice Ghedini, un testo elementare di tre soli articoli, anche per venire incontro alle capacità mentali dei loro lettori. Articolo 1: “B. è sempre innocente”. Articolo 2: “Decide B. chi è innocente o colpevole”. Articolo 3: “Chiunque sta sulle palle a B., anche se non ha fatto niente, è sempre colpevole e va condannato al massimo della pena”.