Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 17/9/2010, pagina 88, 17 settembre 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
31 dicembre 1968
Il botto
«Ai grassi padroni e alle loro donne impellicciate vogliamo porgere personalmente i nostri auguri con un simbolico omaggio ortofrutticolo». Non esistono ancora le mail, ma l’invito di Adriano Sofri porta ben cinquecento contestatori davanti alla Bussola, il famoso locale della Versilia dove per il veglione di San Silvestro è in programma un concerto di Fred Bongusto e Shirley Bassey. È l’atto finale di un anno che ha fatto la storia: il Sessantotto, la ribellione dei giovani contro ogni autorità costituita. Era cominciato con l’occupazione delle università per chiedere meno nozionismo e la cacciata (sacrosanta) di quei «baroni» che stanno in cattedra senza alcun interesse per i loro allievi. Si concluderà con il rifiuto (autolesionista) di qualsiasi forma di meritocrazia, complice la lettura un po’ forzata dei «testi sacri» di don Milani. Spuntano le assemblee, i cortei, purtroppo le chiavi inglesi: volano botte fra rossi e neri, fra studenti e polizia, e crea scalpore Pasolini, che nel commentare gli scontri romani di Valle Giulia attribuisce agli agenti la patente di figli del popolo e ai contestatori quella di figli di papà. La critica dei ragazzi al sistema scolastico si allarga alla società capitalistica: il lusso, le multinazionali. Più o meno i temi di oggi, ma il contesto è diverso: l’utopia comunista esercita ancora fascino, almeno nella versione antisovietica di Mao e Che Guevara. I sessantottini sono una generazione numerosa (6 milioni, il doppio dei loro figli) e si sentono padroni del futuro. Vogliono tutto e subito, l’immaginazione al potere, anche se i più cinici, da adulti, si accontenteranno di portarvi l’immagine.
A dicembre la contestazione assume toni goliardici: i milanesi di Mario Capanna tirano cachi alla «prima» della Scala e i pisani di Sofri accolgono con arance marce gli ospiti della Bussola. «È una vergogna, quella ragazza ha un vestito da 300 mila lire!» s’infiamma un lanciatore di agrumi. «Come faccio a saperlo? È mia cugina...». Dopo le arance, spuntano le palline di metallo e le pistole finte. Anche quelle vere: c’è una carica di «carruba», i carabinieri, un accenno di barricate e un proiettile vagante che colpisce alla schiena il sedicenne Soriano Ceccanti. Costretto per sempre su una sedia a rotelle, diventerà un campione delle Paralimpiadi di scherma. I carabinieri giurano di aver sparato a salve, ma forse non si può dire lo stesso degli agenti della Stradale. La sinistra chiede il disarmo della polizia. Sofri si oppone, auspicando scontri sempre più duri, premessa dell’inevitabile rivoluzione. A mezzanotte il Sessantotto finisce in tutto il mondo tranne che in Italia, dove continuerà per altri dieci anni.