ANDREA MALAGUTI La Stampa 17/9/2010, pagina 27, 17 settembre 2010
“Se conquisti l’amore perderai due amici. E’ scientifico” - Quando si è seduto davanti alla composta platea del British Science Festival di Birmingham per presentare la sistematizzazione dello studio, ribattezzato dai suoi collaboratori «fidanzamenti a perdere», il professor Robin Dunbar, responsabile dell’Istituto di Antropologia Cognitiva ed Evoluzionista dell’Università di Oxford, autorità riconosciuta a livello mondiale nel campo delle relazioni sociali tra i primati, si è sistemato gli occhiali di metallo leggero e ha sospirato come in un romantico film in bianco e nero
“Se conquisti l’amore perderai due amici. E’ scientifico” - Quando si è seduto davanti alla composta platea del British Science Festival di Birmingham per presentare la sistematizzazione dello studio, ribattezzato dai suoi collaboratori «fidanzamenti a perdere», il professor Robin Dunbar, responsabile dell’Istituto di Antropologia Cognitiva ed Evoluzionista dell’Università di Oxford, autorità riconosciuta a livello mondiale nel campo delle relazioni sociali tra i primati, si è sistemato gli occhiali di metallo leggero e ha sospirato come in un romantico film in bianco e nero. «Oggi vi parlerò delle conseguenze dell’amore». Silenzio stupito. Poi ha aperto una cartella di documenti, ha chiesto a un assistente di proiettare le slides e si è concentrato sui dati. «Non vi racconterò che cosa sentiamo quando incontriamo una persona a cui ci vogliamo legare, piuttosto di quello che perdiamo, sempre e inevitabilmente: ovvero due amici. Due amici della cerchia più stretta, spesso d’infanzia se non addirittura famigliari». Il silenzio è diventato brusio, perché non tutti i temi apparentemente ovvi in definitiva lo sono. Autore della mitologica tabella di Dunbar - secondo la quale il limite possibile di amicizie per ogni essere umano si ferma a 150 persone, dopo di che cuore e crevello non sono più in grado di destinare alcun genere d’attenzione - il professore ha presentato l’esito di uno studio su 428 donne e 112 uomini. «Quando una persona speciale entra a far parte della nostra esistenza, in una sorta di legge di compensazione, innescata da una maggiore mancanza di tempo e presumibilmente di interesse, uno dei più consolidati rapporti della nostra vita viene cancellato e un altro sostituito dall’oggetto d’amore. Una riduzione considerevole, perché la media dei rapporti personali che possiamo definire stretti arriva a cinque in tutto. L’amore li riduce a quattro». Una cosa di cui ci si accorge quando si hanno 17 anni e che poi si tende a dimenticare. «I rapporti non coltivati muoiono, ma, se la scelta d’amore diventa esclusiva, allora c’è qualcosa che non funziona». La tabella sul numero delle amicizie possibili restituisce per altro gli stessi risultati applicata a Facebook, dove la media dei contatti si ferma intorno ai 130. Con delle differenze, però. «Mentre gli uomini sono abituati a fare entrare nella propria cerchia chiunque ne faccia richiesta, le donne tendono a includere sopratuttto, se non solo, le amicizie che fanno parte della vita reale». Buttata lì con apparente leggerezza, la ricerca ha scatenato un furioso dibattito su Internet dove migliaia di utenti della generazione e-mail hanno cominciato a chiedersi che differenza passi tra una amicizia vera, fisica, all’aria aperta, e una virtuale. Domanda spaventosa. Alla quale il presentatore americano Daniel Siberg ha indirettamente dato ieri una risposta: «Mi sono accorto che Facebook mi stava trascinando lontano dalla vita vera, togliendomi il respiro, facendomi credere che quello che passava dentro il computer fosse più reale di mia moglie che stava in cucina. Una follia da cui ho deciso di scappare». Si è rivolto al sito olandese 2.0 Suicide Machine ed è scomparso per sempre dalla Rete.