Filippo Ceccarelli, la Repubblica 17/9/2010, 17 settembre 2010
REQUIEM PER IL PASTONE DEL TG
Il presidente del Senato, «dal canto suo, torna ad auspicare» chissà cosa, e mentre la voce fuori campo diffonde il massimo dell´ufficialità, sul video s´incrocia lo sguardo sfuggente di Schifani dietro una selva di microfoni. «Quanto al presidente della Camera», continua la voce... e a questo punto compare Fini, in grigio, ripreso di tre quarti. Senza ulteriori indugi si apprende che Fini «sottolinea»: forse il misterioso auspicio di Schifani, forse qualcos´altro.
La maggioranza, in tv, quasi sempre «ribadisce» e le immagini che accompagnano tale enigmatica convalida sono quelle dell´aula di Montecitorio semivuota. Se sui giornali sta scritto che c´è tempesta, al Tg1 «il dialogo è in salita». Però spesso l´Udc «apre al dialogo», mentre «secco» è il commento del ministro Maroni. Con aria corrucciata Bersani sta fermo in un luogo aperto, può essere una piazza, o un cortile, nessuno alle spalle: sembra che parli al muro, al vuoto, a se stesso. Secondo gli stilemi di quello che in gergo giornalistico si chiama il «pastone», l´opposizione «accusa», «boccia», «rimprovera» e «mette paletti». Ma non di rado si sdoppia e allora le «opposizioni», al plurale «promettono battaglia». Ma la battaglia non si vede mai e quindi non esiste.
Si chiedono per caso al Tg1 che se Mentana ha guadagnato a loro spese centinaia di migliaia di telespettatori è anche perché il nuovo direttore de La7 gli ha fatto riscoprire «il sapore aspro della politica»? E al di là degli editoriali puntuti (che attirano consensi, dissensi, sosia e imitatori) si rende conto Augusto Minzolini, ex Giamburrasca e già squalo del Transatlantico, del modo in cui il più grande telegiornale d´Europa continua ad affrontare l´attualità politica?
Effetto notte, facciata di palazzo Chigi. Letta che saluta dietro i vetri dell´auto blindata. Ecco la stentorea solitudine di un grifagno Cicchitto. Ecco Calderoli, su uno sfondo arboreo. Ecco l´inesorabile dichiarazione di un Gasparri gesticolante. Ecco la frettolosa battuta della Finocchiaro in tailleur rosso tra gli incongrui affreschi della sala Maccari. Inquadratura sulla targa al portone dell´Idv. Il presidente Napolitano curvo sulla scrivania firma delle carte.
Vero è che nessun giornalismo è senza peccato; né si può sostenere che l´aspro sapore di cui parla Mentana sia da prendersi sempre come oro colato, ma insomma: chi abbia passato qualche ora a guardarsi uno dopo l´altro i servizi politici del Tg1 ne esce, oltre che comprensibilmente narcotizzato, con la netta sensazione non solo di vivere in un altro mondo, ma anche di non capire nulla di quanto viene messo in onda, legittimato e consacrato nelle sue premesse dal super-pastone su cui si forma l´opinione di milioni di italiani. I quali a loro volta hanno qualche ragione di detestare una politica che assomiglia davvero a un teatrino o teatrone di fredde maschere.
E dire che il pastone nacque come umile necessità per un popolo affamato di politica: «Nel dopoguerra quando la carta scarseggiava e veniva avaramente razionata - ha raccontato il suo inventore Enrico Mattei - la lotta per lo spazio era il nostro dramma. Venne così al mondo questa rassegna sensibilizzata, mossa, adatta per un vasto pubblico che poteva trovarvi un rapido cenno inquadrato in una pittura vivace, colorita delle opinioni». Tornasse in vita Mattei, spirito caustico, non sarebbe affatto felice della sua creatura.
Come quello di quasi tutti i suoi predecessori e colleghi, ma secondo una formula più accorta, anche il pastone di Minzolini esibisce un modello di apparente neutralità. Tutti i partiti devono parlare e se Tizio dice una cosa, Caio risponde e anche Sempronio è chiamato a offrire il suo punto di vista, come del resto tocca a Tal dei Tali, a Bastian Contrario, a Giorgio Lattuga, al solito Frate da Velletri e a troppi altri fra cui l´evanescente ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito che non manca mai. Nella contabilità dichiaratoria il governo possiede infatti un bonus destinato a chiudere l´interminabile litania secondo l´astuta logica del «panino», nel frattempo trasfiguratosi in Big Mac (copyright del direttore del Tg5 Mimun).
Inutile dire che nessun professionista - e al Tg1 ce ne sono di vaglia - produrrebbe mai, potendolo, una nota politica come quelle che sono costretti a mandare in onda ogni sera. E tuttavia, più che al giornalismo, il pastone appartiene all´ordine dei rituali di sottomissione (della Rai rispetto al potere); con il che resiste nel tempo senza spiegare le dinamiche della politica, ma preoccupandosi di accontentare i suoi protagonisti, utile com´è anche a giustificare le scelte dei direttori da essi nominati secondo una logica di pluralismo talmente peloso da rasentare la sua inconsapevole parodia.
Va da sé che, rispetto a tutti gli altri leader, in era minzoliniana al presidente Berlusconi è riservata una specialissima cura - per quanto forse non sufficiente ad appagare l´illimitato auto-culto del Cavaliere. Sia come sia, questi figura sul video sempre tonico, benevolo, rilassato, intenso e sorridente, di continuo attorniato da guardie e/o da popolo festante. Tutte le sale sono piene, tutte le contestazioni rimosse o accennate. Solo quando si parla del premier, la visione è accompagnata da nugoli di fotografi e grovigli di telecamere che lo inquadrano in un gioco di specchi che evoca una sorta di santificazione mediatica.
La novità è che con l´arrivo di Mentana, che ha preso a fare il contrario, il pastone è invecchiato fino a diventare un pappone jurassico. E sempre che di novità si tratti, si segnala come il più celebre interprete di quel genere di servizio, il mitico Pionati, ex giornalista del Tg1 divenuto deputato, rischia di entrarne a far parte stabilmente, davanti a un ombrellone giallo, nel punto più basso del trasformismo parlamentare - a riprova dell´irrilevanza che si fa realtà, ma senza vita, né calore, né significato.