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 2010  settembre 17 Venerdì calendario

VENTI MILIONI SENZ’ACQUA, LA GRANDE SETE DI PECHINO


L´estate delle alluvioni ha devastato decine di regioni cinesi, ucciso tremila persone e messo in ginocchio l´agricoltura. Non è bastata però a placare la grande sete di Pechino. Mentre il Sud annegava, la capitale è rimasta a secco, come gran parte del Nord del Paese, e le scorte d´acqua sono esaurite. Non pioveva così poco da dieci anni e i tecnici dell´Autorità di bacino lanciano l´allarme: «Ormai dobbiamo scavare a oltre mille metri di profondità e le falde continuano ad abbassarsi. In dieci anni sono scese di tredici metri e Pechino sorge ormai su una piattaforma di sabbia. Il terreno, sopra i bacini idrici, sprofonda di un metro all´anno».
Nell´area metropolitana mancano fra i 300 e i 400 milioni di metri cubi d´acqua. I tentativi di far scaricare le perturbazioni monsoniche, sparando in cielo sostanze chimiche, sono falliti. Per salvarsi, negli ultimi cinque anni, la capitale ha acquistato 400 milioni di metri cubi d´acqua dalle regioni vicine, Shanxi ed Hebei. Fino al 2014, per evitare di sospendere le forniture in decine di distretti, ne occorrono però altri 600 milioni all´anno. Il problema non è solo che nessuno li ha. Anche se si trovassero, lontano e a costi esorbitanti, potrebbero non bastare. Il piano urbano ha previsto di fornire a Pechino 5 miliardi di metri cubi d´acqua all´anno fino al 2020. La popolazione non avrebbe dovuto superare i 17 milioni di persone.
In luglio ha sfondato invece i 19,7 milioni, cui si aggiungono i 7,2 milioni di migranti. Se si somma Tianjin, unita da una periferia lunga oltre cento chilometri, si delinea il profilo di una megalopoli di 40 milioni di individui, pronta a raddoppiare in vent´anni. Dal 2015, per non morire di sete, o fermare le industrie, Pechino avrà bisogno di 6,5 miliardi di metri cubi d´acqua all´anno e gli scienziati avvertono che la nuova capitale dell´Asia potrebbe scoppiare. «Deviare le acque dal Sud - dice Zhou Ji, decano del dipartimento ambiente della Renmin University - non basta. Bisogna fermare urbanizzazione ed esplosione demografica, spostare lavoro e investimenti.
Rischiamo una catastrofe naturale, il crollo dell´economia e l´instabilità sociale». L´emergenza idrica, per Pechino, non è una novità. Gli immensi bacini artificiali che la circondano, a Miyun e Guanting, hanno mezzo secolo.
Ed è stato Mao a lanciare l´idea di spostare nell´arido Nord le masse d´acqua del Sud. Sembrava una follia dettata dall´invidia per l´Urss di Stalin, che aveva il problema opposto. Il mega-progetto di trasferimento idrico, in tre livelli e sette canali, è diventato invece una necessità e i primi tratti dovrebbero aprire nel 2014. Le acque dello Yangtze e del fiume Giallo, dirottate nello Han e nel fiume Azzurro, potrebbero scongiurare la desertificazione della capitale. Dopo dieci anni di lavoro, un investimento di 26 miliardi di euro e lo spostamento forzato di 1 milione di persone, muteranno destinazione 45 miliardi di metri cubi d´acqua. La rapidità dei cambiamenti, per l´ennesima volta, potrebbe però vanificare costi e sacrifici.
La grande sete di Pechino non è solo l´effetto di clima sconvolto ed esplosione demografica. Migliaia di industrie, che si moltiplicano ogni giorno, consumano, inquinano e fanno abbassare il terreno. Un terzo degli acquedotti, quest´anno, s´è rotta a causa della pressione. Il boom del fabbisogno alimentare costringe le aziende agricole, ferme a tecniche irrigue primitive, a produzioni insostenibili. Il 60% delle sorgenti e dei bacini di raccolta sono poi inquinati ad un punto tale che nemmeno i trattamenti possono rendere potabile l´acqua. «I livelli di contaminazione del «South - North Water Diversion Project» - dice il direttore dell´opera, Zhang Jiao - sono così alti che l´acqua, nonostante 426 depuratori, sarà inutilizzabile per la gente e le campagne». Le autorità di Pechino, dopo 50 anni, scoprono che l´acqua in arrivo dal Sud, e sottratta all´India, è in realtà un concentrato di veleni.
L´obiettivo diventa così ancora più titanico: smantellare e trasferire migliaia di distretti industriali, lungo la costa e all´interno, invertire i flussi migratori e cambiare la struttura produttiva della capitale, destinata a ospitare solo aziende hi - tech, pulite e con poco personale. Lo spettro di una natura distrutta non spaventa però 400 milioni di cinesi, ormai in marcia dai villaggi verso Pechino e le altre metropoli. Sanno che i soldi nascono tra i grattacieli e per sentirne il sapore sono disposti a morire di sete.