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 2010  settembre 17 Venerdì calendario

VITO NICASTRI, L’INVENTORE DELLA FIGURA DELLO “SVILUPPATORE”

La Direzione investigativa Antimafia, su mandato del Tribunale di Trapani, ha sequestrato beni per oltre un miliardo e mezzo di euro al 54enne Vito Nicastri di Alcamo, il ’signore del vento’, come lo ha definito il Financial Times, titolare di diverse società nel settore delle energie alternative. E’ l’uomo che tra il 2002 e il 2006 ha ottenuto il più alto numero di concessioni in Sicilia per costruire parchi eolici per un migliaio di megawatt, poi rivendute ai principali operatori del settore.
Secondo gli investigatori Nicastri sarebbe il prestanome del boss di Trapani Matteo Messina Denaro, primo ricercato in Italia, che da tempo avrebbe deciso di dirottare gli affari di Cosa Nostra verso le energie rinnovabili.
"Ci sono una serie di attività in corso - dice il direttore centrale della Dia Antonio Girone ai microfoni del Gr1 - che potranno confermare ciò che per noi emerge: una contiguità, cioè, con elementi che sono vicini o attori per conto del noto latitante.
Il 10 novembre del 2009 Nicastri fu tra i destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Avellino che portò al sequestro, fra l’altro, di sette parchi eolici e dodici società nell’ambito di un’indagine per truffa organizzata per percepire contributi pubblici per la realizzazione di parchi eolici. Nove delle società sequestrate avevano sede ad Avellino, le altre tre in Sicilia.
Stralci di un’intervista a Nicastri apparsa su Economy.
Ho girato circa 300 megawatt di eolico a Veronagest, un altro centinaio agli spagnoli di Endesa, ancora 100 megawatt ad Alerion, una settantina ad Acea Electrabel, una cinquantina ai danesi di Greentex e ne ho sviluppati almeno altri 200 per il mio grande maestro, l’avvocato Oreste Vigorito.
Dopo queste performance affaristiche e dopo la recente disavventura dell’Operazione Eolo otto arresti e decine di inquisiti dalla procura di Trapani per un parco eolico di Mazara – dove appare come «parte di un gruppo affaristico-mafioso», ha deciso di riciclarsi nel fotovoltaico.
A 53 anni, non si può certo dire che non conosca il mestiere. Infatti è lui che, una ventina d’anni fa, ha riempito la Sicilia di impianti fotovoltaici da mezzo kilowatt. Lui che conosceva alla perfezione la legge 308 del 1982, che dava i primi contributi a fondo perduto. Lui che trattava con i politici della Regione Siciliana e i burocrati che firmavano le delibere.
Lui che, con questo sistema, ha realizzato più di 6 mila piccoli impianti e generato centinaia di milioni (in lire) di tangenti destinate al finanziamento dei partiti tramite l’assessore all’Industria dell’epoca, Luigi Granata, socialista, politico emergente di quella giunta regionale guidata da Rino Nicolosi che nel 1994 sarebbe finita nei processi della Tangentopoli siciliana.
Tra gli arrestati c’era anche un insospettabile imprenditore del Nord, Luigi Franzinelli, trentino, che fa affari con il gruppo Fri-el, un grande operatore delle energie rinnovabili di Bolzano, e che in Sicilia non disdegna di appoggiarsi a personaggi come Melchiorre Saladino.
Sono stato interrogato dall’Antimafia di Palermo e presumo di essere stato intercettato per mesi nell’ambito di questa Operazione Eolo. L’unica cosa emersa è che lo sviluppo dei parchi eolici è – anzi, è stato – il mio mestiere. Ho ottenuto centinaia di autorizzazioni, tutte legittime, regolari, con il visto delle sovrintendenze e le valutazioni di impatto ambientale.
Ho fatto il lavoro del «developer», lo sviluppatore, che solo in Sicilia ha i contorni della contiguità mafiosa.
Nessuno mi ha mai chiesto quattrini. Al massimo qualche assunzione.
L’esperienza nel minifotovoltaico mi è servita a creare una rete di relazioni indispensabile quando si ha a che fare con la Pubblica amministrazione. E io so trattare tutti in modo «grazioso», come si dice dalle mie parti.
È stato per anni un settore ampiamente assistito: a valle, attraverso i cosiddetti Certificati verdi; e a monte, nella realizzazione degli impianti, con i contributi della legge 488.
Eolica del Vallo, la sua società coinvolta nell’Operazione Eolo, aveva chiesto un finanziamento ex legge 488 di 16 milioni.
Penso di avere creato un gruppo che se non fosse radicato in Sicilia sarebbe rispettato dal mercato. Ora, grazie anche al piano energetico voluto dal presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ci sono tutte le condizioni per produrre energia e lavorare per lo sviluppo della Sicilia. (1)
Per la Dia l’imprenditore alcamese Vito Nicastri, ras siciliano dell’eolico sarebbe contiguo a Cosa nostra.

Sequestrati allo stesso un centinaio di beni immobili, 43 società di capitali con partecipazioni estere e ingentissimi patrimoni, più di 60 rapporti finanziari e decine di lussuosissime autovetture, oltre a uno splendido catamarano di 14 metri appena costruito.
Il risiko finanziario finito sotto la lente dell’antimafia dimostra una grande sperequazione tra i redditi dichiarati dall’imprenditore alcamese e quelli effettivamente accumulati.
Partito come semplice elettricista negli anni ’70, Nicastri fa parlare di se già nel 1994, quando resta invischiato nella Tangentopoli siciliana. Fin da subito, il suo business è strettamente legato al campo delle energie rinnovabili: prima col fotovoltaico, poi con l’eolico e negli ultimi tempi, di nuovo nel settore dei pannelli solari. Nicastri è l’inventore della figura dello “sviluppatore”: parchi eolici e fotovoltaici forniti chiavi in mano alle grosse aziende energetiche.
L’ex elettricista alcamese era diventato un mago nell’ottenere concessioni dallo Stato (concessioni che in certi casi erano state negate persino all’Enel), acquistare terreni, costruire i parchi eolici e poi cederli “tutto incluso” ai grandi colossi del settore.
Emergono le possibili frequentazioni di Nicastri con Mario Giuseppe Scinardo, mafioso del clan messinese dei Rampulla, lo stesso clan che fornì il detonatore per la strage di Capaci. Non è finita. Perché vengono alla luce anche i rapporti con le potentissime ‘ndrine calabresi di Platì, San Luca e Africo.
Il procuratore di Palermo, Francesco Messineo sottolinea come “sottrarre i beni a Cosa Nostra è di basilare importanza per la lotta alla criminalità, come dimostrano le operazioni contro Giuseppe Grigoli e Rosario Cascio, anche loro vicinissimi a Matteo Messina Denaro.” (2)
La holding di Vito Nicastri era a Milano, in via Verri, una laterale di Via Monte Napoleone. E poi finanziarie di famiglia defilate in Lussemburgo e Olanda. I soldi entravano lì e poi uscivano per acquistare ville con piscina, terreni, auto di lusso, titoli azionari e obbligazionari, polizze e anche un lussuoso catamarano di 14 metri.
Per catturare «U Siccu» o Diabolik, questi i soprannomi del quarantottenne Messina Denaro, ci sono squadre specializzate al lavoro.
Lo «sviluppatore», per chiarire il concetto, è colui che fa il lavoro «sporco»: prepara la strada alla multinazionale o all’ investitore che sfrutterà il parco eolico. Deve procurarsi i terreni, lavorare al fianco le amministrazioni locali, convincere contadini e sindaci, seguire le pratiche autorizzative che transitano da assessori a uffici tecnici. È lo stagno burocratico dove fioriscono mazzette e favori. Le multinazionali lo sanno, sentono la puzza ma non vogliono sporcarsi le mani. Ci pensa Nicastri e si fa pagare: può incassare dai 15 ai 20 milioni per un parco eolico di medie dimensioni. In novembre fu arrestato dalla Procura di Avellino per aver illegalmente ottenuto contributi dello Stato. Intanto la Holding di Milano, «Nica spa», da due settimane è tornata a Trapani ed è in liquidazione. E la lussemburghese Lunix è stata chiusa ma il Tribunale milanese ne ha sequestrato il patrimonio. (3)

(1) http://www.viadalvento.org/
(2) Giuseppe Pipitone, Il fatto quotidiano, 17 set 2010
(3) Gerevini Mario, Corriere della Sera, 15 settembre 2010