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 2010  settembre 13 Lunedì calendario

Ulassai, giovane ucciso a fucilate davanti a casa Omicidio a Ulassai, in Ogliastra, poco dopo la mezzanotte di lunedì

Ulassai, giovane ucciso a fucilate davanti a casa Omicidio a Ulassai, in Ogliastra, poco dopo la mezzanotte di lunedì. Stefano Pilia, operaio, 23 anni, stava aprendo la porta della sua abitazione quando è stato raggiunto da due fucilate a pallettoni, sparate quasi a bruciapelo ULASSAI. A mezzanotte e mezza di martedì, mamma Eugenia sente due botti e si affaccia alla finestra del primo piano. Tra le luci che illuminano l’asfalto di via De Pau intravede solo un mazzo di chiavi. «Saranno cadute a Stefano» pensa. E corre a cercarlo nel letto. Lo trova poco dopo. È steso a terra, davanti a casa. Almeno due fucilate gli hanno straziato l’addome, il torace e il sogno di rifarsi una vita. Stefano Pilia, 24 anni da compiere a fine dicembre, è la settima vittima dei killer che quest’anno insanguinano il Nuorese e l’Ogliastra. È giovane come un suo conterraneo, Daniele Piroddi, ucciso a Ilbono proprio un anno fa. Come lui, viene ammazzato davanti all’uscio di casa. Nell’attimo preciso nel quale, dopo aver parcheggiato l’auto, una Fiat Punto rossa, afferra le chiavi, si dirige verso la porta, si accinge a superarla dopo una giornata di lavoro come operaio di una ditta di infissi in alluminio, e qualche ora felice trascorsa con la fidanzata. Come Daniele Piroddi, il giovane Stefano non fa in tempo, invece, a varcare l’ uscio. La balistica, qualche ora dopo, dirà che qualcuno probabilmente in quel momento lo ha chiamato. «Stefano Pilia» avrà scandito ad alta voce. Certo è che lui si gira e offre al killer il suo volto, il suo torace robusto, il suo metro e 75 centimetri di altezza, i suoi occhi scuri e profondi. E persino quel progetto ormai pronto al decollo di aprire un circolo privato in paese, e di rifarsi una vita. Due, o forse tre colpi di fucile calibro 12 - l’autopsia di stamattina lo preciserà meglio - spezzano tutto. Lo raggiungono da distanza così ravvicinata che la rosa di pallettoni non riesce ad aprirsi a largo raggio e rimane confinata tra il torace e l’addome. Stefano Pilia, a quanto pare, muore sul colpo. Quando mamma Eugenia lo raccoglie davanti all’uscio di casa, quando cerca di scuoterlo con disperazione e di chiamarlo per nome, lui ormai se n’è andato e non può sentirla. Mentre il killer e forse un altro complice, aiutati dalla forte luce dei lampioni, hanno già ripulito l’asfalto dai bossoli. È un vero giallo, quello che accade ieri notte, in via monsignor De Pau. Succede in una viuzza di Ulassai, nel cuore di un paese dell’O gliastra più interna e dal panorama mozzafiato. Dove i circa 1500 laboriosi abitanti i fatti di cronaca nera li avevano ormai quasi dimenticati. Stefano Pilia è un giovane come tanti, nel paese. Fidanzata, casa, e lavoro alla ditta Orrù, nella zona industriale di Ulassai, sulla strada che poi conduce a Perdasdefogu. «L’ultima volta l’ho visto lunedì sera - racconta ieri mattina l’operaio di una ditta confinante - ma era il ragazzo di sempre: tranquillo, disponibile e sereno». Eppure, seppur piccolissima, una macchia Stefano ce l’aveva. Corre il 14 agosto del 2006, quando si becca una denuncia per concorso in lesioni. In sostanza, secondo l’accusa, aveva allungato una roncola a un amico del paese finito in mezzo a una rissa e desideroso evidentemente di difendersi con mezzi impropri. Una ragazzata, avevano commentato i più buoni. Amicizie vivaci e potenzialmente pericolose, avevano invece sussurrato i maligni. Certo è che poi, la sua vita, almeno in apparenza scorre liscia come l’olio. Quasi sempre lassù, tra gli splendidi e poderosi Tacchi dell’Ogliastra. Poche passioni, nessun grillo per la testa. Sempre al lavoro mattina e sera, sempre con la fidanzata, in giro per il paese o nell’appartamento di lei. Come ieri notte, quando qualcuno decide di aspettarlo, di chiamarlo per nome e di ucciderlo. Due botti almeno sentono anche i vicini di casa, in via monsignor De Pau. Poi tutti in strada, attorno a mamma Eugenia, che fa la casalinga, e a papà Gianni, che fa l’operaio forestale. Quando, dieci minuti dopo, poco prima dell’una di notte, arriva anche l’altro fratello, Romano, è tutto finito. Stefano è avvolto da un lenzuolo bianco. Intorno si sentono grida, ci sono i carabinieri, il pm Rosa, e il medico legale Roberto Marcialis che stamattina eseguirà l’autopsia a Lanusei mentre i funerali si dovrebbero tenere domani nella chiesa di Sant’Antioco. Arrivano anche i primi amici, buttati giù dal letto da una telefonata notturna che annuncia tragedia. «Non pare beru», non sembra vero, commenta qualcuno. (15 settembre 2010)