Varie, 16 settembre 2010
MANCINI Antonio
MANCINI Antonio 1947. L’Accattone della Banda della Magliana. Pentito, è detenuto ai domiciliari in località protetta, fine pena anno 2012 • «[...] l’uomo che girava per le vie di Roma con una Ferrari metallizzata, che sparava guardando in faccia la vittima, che passava serate di cocaina e champagne [...] Nella banda della Magliana era l’unico a dirsi comunista, chiamò due suoi cani Stalin e Cuba. Gli altri "soci" erano tutti di destra. [...] Nella banda della Magliana era l’unico ad amare il rock. Gli altri ascoltavano Celentano, melodie napoletane, Iglesias. Mancini è uno degli ultimi rimasti in vita della banda che gestì la criminalità a Roma alla fine degli anni ’70. Sotto il marchio Magliana si riunirono una serie di bande di quartiere. Mancini veniva da San Basilio. [...] Anni più tardi, venne il pentimento di Maurizio Abbatino, il pressing dei magistrati affinché Mancini si pentisse, il desiderio di vedere un giorno la figlia che stava nascendo. Anche Antonio diventò un "infame", cioè un pentito. Nel marzo ’94, in un’aula di tribunale, disse del "senso di disgusto, vorrei dire di nausea, che ha suscitato in me il rendermi conto che siamo stati usati, strumentalizzati per fini di bassa politica che nulla avevano a che fare né con i nostri interessi né con i nostri obiettivi...". Mancini parla ai magistrati del mitra acquistato da un sottufficiale di polizia e ritrovato nel deposito della banda al ministero della Sanità, parla degli incontri tra il direttore del centro Roma 2 del Sisde e Abbruciati e delle cene con Enrico De Pedis, detto Renatino, Ernesto Diotallevi e il mafioso siciliano Pippo Calò. Renatino è sepolto, per motivi mai spiegati, nella basilica di Sant’Apollinare, a Roma. [...]» (Andrea Garibaldi, "Corriere della Sera" 15/5/2007) • «È stato Enrico "Renatino" De Pedis a occuparsi personalmente del rapimento di Emanuela Orlandi, un sequestro che avvenne "nel quadro di problemi finanziari con il Vaticano". Lo ha sostenuto Antonio Mancini [...] davanti al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e al capo della Mobile, Vittorio Rizzi. Mancini ha spiegato di averlo appreso dai vertici della Magliana. Per il sequestro, De Pedis (ucciso nel ’90) si sarebbe servito di altri appartenenti al suo gruppo, quello dei Testaccini. Fra loro, secondo Mancini, Libero Angelico ("Rufetto") e Angelo Cassani ("Ciletto"). Il pentito ha poi confermato il nome dell’autista di "Renatino" (Sergio) e quelli dei telefonisti del sequestro, avvenuto il 22 giugno ’83: Mario, che chiamò lo zio di Emanuela sei giorni dopo la scomparsa della quindicenne, e l’anonimo che contattò Chi l’ha visto invitando ad indagare su chi fosse seppellito nella basilica di Sant’Apollinare (De Pedis). [...]» ("Corriere della Sera" 11/12/2009) • «[...] ai tempi in cui sparava, si faceva chiamare l’Accattone perché era come quello del film di Pasolini: "Io ero Accattone co’ nove machine, ao!" precisa. Fieramente si sente "comunista qui", dice battendosi sul cuore, "perché ho sempre dato una mano ai poveracci". [...] "[...] Quando sono uscito di galera, nel ’93, per discutere di come recuperare il mio denaro, venivano continuamente a casa mia, all’Axa, GennaroMokbel e D’Inzillo. Io gratificavo Mokbel e D’Inzillo: più di una volta ho dato a tutti e due dieci milioni ciascuno" [...] Collaboratore di giustizia dal ’94, ma senza rimpianti né rimorsi: "Sognavo di fare il bandito da quando avevo sei anni.... Anche se adesso col senno di poi non lo rifarei... sono stato in galera 30 anni"[...] De Pedis e Mancini erano stati grandi amici prima che la faida scoppiasse e la banda finisse decimata. "Quanto era noioso De Pedis, non si faceva neanche una canna... Se aveva contatti diretti in Vaticano? Tramite alcuni monsignori. Sono sicuro che la scomparsa di Emanuela Orlandi Ë opera sua. Io l’ho saputo, perché dovevo saperlo, perché a me non si potevano nascondere certe notizie. Il motivo è una questione di denaro. Prima ci fu l’attentato a Roberto Rosone, il vicepresidente dell’Ambrosiano, che si doveva “addolcire” perché metteva i bastoni tra le ruote a Calvi. Poi furono fatte avere delle fotografie al Papa: lo ritraevano in una piscina attorniato da suore. Gliele avrebbe portate Licio Gelli, ma non ebbero effetto. Infine l’impiccagione di Calvi. Visto che il denaro non rientrava De Pedis decise di portar via la ragazzina". Mancini è ateo. Dice di non riuscirsi a fidare, tranne eccezioni, di avvocati, giornalisti, magistrati: "Una volta m’è scappato, in uno dei primi interrogatori, nel ’94, il nome di Previti, che tra noi si sapeva aggiustasse i processi. Ma quel nome non l’ha sentito nessuno, non l’hanno segnato sul verbale"» (Angela Camuso, "l’Unità" 26/2/2010).