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 2010  settembre 16 Giovedì calendario

CARROCCIOPOLI (2 ARTICOLI - CONTINUA)


Si iscrissero in settecento, si presentarono in duecentoquaranta, andarono avanti in trentotto. Ma i posti, ahiloro, erano solo otto. Da settecento a otto. Tra questi vinsero cinque fanciulle con un pedigree “padano” a dir poco granitico, che ora aspettano solo di prendere possesso della loro seggiola. C’è la figliola del candidato leghista alle regionali, la nipote dell’assessore provinciale leghista, la moglie del vicesindaco leghista del capoluogo e ben due beneficiarie di contratto ad personam presso lo stesso assessorato provinciale retto dal medesimo esponente politico. Leghista, ovviamente.

Messa così, sembrerebbe la storia di un’edizione qualsiasi di Miss Padania. In realtà si tratta di un concorso pubblico per otto posti da impiegato presso la Provincia di Brescia. Altro che “semplice” Parentopoli. Qui pare di stare a Carrocciopoli, dove la Vittoria sembra farsi schiava solo davanti ai nipotini di Alberto da Giussano.

La storia di questo concorso pubblico - ricostruita e denunciata punto per punto su internet dal gruppo di cittadini Tempo Moderno (il cui referente è l’avvocato Lorenzo Cinquepalmi, dirigente del Psi di Brescia) - inizia nel dicembre 2008. Quando la Provincia di Brescia, all’epoca presieduta dal pidiellino Alberto Cavalli, pubblica il bando «per la copertura di numero 8 posti di istruttore amministrativo, Categoria C – a tempo pieno e indeterminato». Impiegati di concetto, tanto per capirci. Con tanto di contratto blindato e stipendio garantito dalla collettività.

Le candidature avanzate dopo la pubblicazione del bando sono oltre settecento. Un posto al sole della pubblica amministrazione, di questi tempi, fa gola a tutti. Alla prova scritta si presentano in duecentoquaranta. Pare complicato, il primo round. Soprattutto perché, sul punto, il bando lascia spazio a più interpretazioni. «La prova scritta», si legge, «potrà consistere nella stesura di un elaborato o nella soluzione di appositi tests (proprio così: tests, ndr) a risposta chiusa su scelta multipla e/o in una serie di quesiti ai quali dovrà essere data una risposta sintetica». C’è qualche «e/o» di troppo, forse. Ma d’altronde, quale amministrazione pubblica può elaborare un bando di concorso con tutti i crismi della chiarezza?

Per i risultati della prima prova basta attendere fino al 28 ottobre 2009. Quando la graduatoria dei trentotto ammessi all’orale viene pubblicata dal sito internet della Provincia di Brescia (http://www3.provincia.brescia.it/rassegna/doc/27638813.pdf). Che, nel frattempo, ha cambiato presidente. Al posto del pidiellino Cavalli, che ha completato anche il secondo mandato, è arrivato un cavallo di razza del Carroccio: il sottosegretario all’Economia Daniele Molgora. Uno degli autori, insieme a Giulio Tremonti e Roberto Calderoli, del testo della legge sul federalismo fiscale.

Dei trentotto ammessi all’orale, sussurrano le tante malelingue che si annidano tra i tantissimi “trombati”, ci sono troppi concorrenti «vicini» alla Lega. Tutti con punteggi altissimi. Troppi? Vicini alla Lega? E in che senso «vicini»? Sembra il solito chiacchiericcio che anima ogni post-concorso pubblico che si rispetti, in cui chi resta fuori punta l’indice contro chi è finito dentro. E poi, come scriveva il commediografo Terenzio centosessant’anni prima che nascesse Cristo, «non c’è nulla che le male lingue non possono peggiorare».

Ma è sufficiente aspettare fino ai risultati della prova orale, e quindi fino alla proclamazione degli otto vincitori del concorso pubblico della Provincia di Brescia, per ricadere nella tentazione andreottiana di pensar male. E, quindi, di far peccato.

La graduatoria definitiva viene pubblicata il 4 febbraio 2010 ed è facilmente consultabile su internet (http://www3.provincia.brescia.it/rassegna/doc/84246875.pdf). Il primo posto utile lo conquista l’ottava in classifica. Si chiama Sara Grumi ed è figlia di Guido, candidato alle ultime regionali con la Lega Nord nonché assessore del Comune di Gavardo. Trattasi senz’altro di ragazza particolarmente preparata visto che, nel suo palmares, c’è già un contratto di collaborazione con le istituzioni. Anche in questo caso - strano ma vero - con l’amministrazione provinciale bresciana.

Tolti i candidati al settimo, al quarto e al secondo posto della graduatoria, le altri cinque caselle da impiegato provinciale finiscono tutte ad altrettante signore o signorine di “simpatie” leghiste.

Al sesto posto c’è Katia Peli. Che non è mica una semplice omonima dell’assessore provinciale leghista alla Pubblica Istruzione Aristide Peli. No, è proprio la nipote. E, non a caso, gli fa anche da segretaria, con tanto di contratto a tempo determinato.

Ma quando la lettura della classifica arriva alla quinta posizione, ecco che si sente la mancanza dell’antico e glorioso rullo di tamburi. Infatti, tra le vincitrici del concorso c’è anche la signora Silvia Raineri, capogruppo della Lega nel consiglio comunale di Concesio nonché moglie - come evidenza il dossier del gruppo Tempo Moderno - nientemeno che del vicesindaco di Brescia Fabio Rolfi. Leghista lui, leghista lei. Numero due del Comune lui, vincitrice di concorso alla Provincia lei. Sembra un film di Lina Wertmuller, in verità è puro reality.

E arriviamo alla cima della graduatoria. Alle più brave, insomma. Si chiamano Cristina Vitali e Anna Ponzoni, rispettivamente la prima e la terza classificata. E qui la “coincidenza” ha dell’incredibile. Ai primi posti di un concorso a cui hanno partecipato in duecentoquaranta finiscono due persone che non solo lavorano già in Provincia. Ma che addirittura sono impiegate presso il medesimo assessorato. La signora Vitali e la signora Ponzoni, oltre a condividere senz’altro la grande preparazione culturale che ha consentito loro di arrivare al top della graduatoria, hanno entrambe un contratto ad personam con l’assessorato alle Attività produttive, attualmente guidato dal leghista Giorgio Bontempi. Non c’è che dire: il diavolo della Lega non solo fa ottime pentole, ma è addirittura un maestro nel realizzare i coperchi.

La figlia del candidato alle regionali, la nipote dell’assessore provinciale, la moglie del vicesindaco e due collaboratrici ad personam di un altro assessore provinciale. Tutte vicine a uomini del Carroccio. E tutte, rigorosamente, vincitrici di concorso pubblico. Sei donne per sei posti di impiegato. Che stanno lì, alla Provincia di Brescia, in attesa di essere occupati.

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LA PROVA SCRITTA SALVA LA LEGHISTA -

«Carrocciopoli? Tutto falso», dice Umberto Bossi citando gli scandali leghisti. E la figlia del candidato alle regionali, la nipote dell’assessore provinciale, la moglie del vicesindaco del capoluogo e due collaboratrici «ad personam» di un altro assessore? Le fantastiche cinque vincitrici del concorso pubblico per «numero 8 posti di istruttore amministrativo», bandito dalla Provincia di Brescia nel dicembre 2008 e arrivato a conclusione nel febbraio di quest’anno, non hanno in comune soltanto le strettissime frequentazioni leghiste o il bagaglio culturale che ha consentito loro di sbaragliare la concorrenza di centinaia di cittadini. No.

Il pacchetto di mischia - rosa per genere, verde per passione politica - in attesa di prendere possesso del posto sicuro continua a collezionare altri incarichi e contratti. Retribuiti dalla collettività, ovviamente. E le analogie tra le protagoniste di questa storia non finiscono qui. Perché le fab five della Lega bresciana hanno dimostrato tutte una spiccata propensione per la prova scritta, ma si sono rivelate meno preparate all’orale. È l’ennesima “stranezza” del concorsone per otto seggiole sicure al sole della Provincia. Carrocciopoli, atto secondo.

Il riassunto della puntata precedente, pubblicata ieri su queste pagine, manca a questo punto di due soli dettagli. Nomi e cognomi. Sara Grumi, figlia del candidato leghista alle ultime regionali Guido; Katia Peli, nipote dell’assessore provinciale leghista Aristide; Silvia Raineri, moglie del vicesindaco leghista di Brescia Fabio Rolfi; più Cristina Vitali e Anna Ponzoni, entrambe collaboratrici del leghista Giorgio Bontempi, altro assessore provinciale. Sono cinque delle otto vincitrici di un concorso a cui si erano iscritti in settecento, di cui duecentoquaranta hanno effettivamente preso parte alla prova scritta.

La seconda seconda puntata dell’inchiesta del Riformista parte proprio da qui. Dalla prova scritta.

Quando il gruppo di cittadini Tempo Moderno (coordinato dall’avvocato Lorenzo Cinquepalmi, dirigente del Psi bresciano) ha denunciato le troppe “coincidenze” del concorso, al quotidiano on-line bresciapoint.it è arrivata la segnalazione di tale “Emiliano”: «Io a questo concorso ho partecipato, studiando per più di un anno. Il meccanismo dello scritto era perverso. Ed era matematicamente impossibile prendere 30 (il massimo dei voti, ndr)». Basta dire, prosegue testualmente la denuncia di “Emiliano”, «che erano le consuete domande a risposta multipla. Ma con la difficoltà in più che tra le opzioni ci poteva essere un numero indefinito di risposte giuste. Per ciascuna risposta esatta un punto, per ciascuna sbagliata uno in meno».

Adesso è impossibile risalire a “Emiliano” per verificare l’esattezza della sua testimonianza. E poi, a rigor di logica, è ovvio che una prova del genere - per quanto difficilissima - si può anche superare col massimo dei voti. Ma seguendo la traccia del “concorrente ignoto”, ecco che spunta fuori l’ennesima stranezza. Chi sono i candidati del concorso che riescono a superare i test staccando, e non di poco, l’agguerrita concorrenza dell’esercito dei duecentoquaranta?

Proprio loro, le “leghiste”. Tanto per capirci, l’ultimo dei trentotto ammessi all’orale passa con il punteggio di 21. La signora Raineri, la moglie del vicesindaco di Brescia, riesce invece a fare en plein: 30. Bravura e fortuna, insomma. Perché totalizzare il massimo era difficile come centrare il «100» nella vecchia e gloriosa ruota di Iva Zanicchi a Ok, il prezzo è giusto.

Leggermente meno brava, o forse solo meno fortunata, è Cristina Vitali, la collaboratrice dell’assessore Bontempi. Per lei un bel 28,67. Sara Grumi, la figlia del leghista Guido, arriva a 28. Katia Peli, nipote dell’assessore Aristide, si ferma a 27. Stesso punteggio di Anna Ponzoni, l’altra collaboratrice dell’assessore Bontempi.

Alla prova delle crocette dei test, insomma, il verde della Lega trionfa. Basta considerare, tanto per rimanere nel recinto degli ammessi all’orale, che la maggior parte degli altri candidati prendono voti che vanno dal 21 al 23.
È a questo punto della storia che il demone del Sospetto s’insinua nelle menti delle, chiamiamole così, “malelingue”. Quando il 28 ottobre 2009 viene pubblicata la graduatoria degli scritti, Diego Peli, capogruppo del Pd in consiglio provinciale (è solo un omonimo del Peli leghista, ndr), solleva la questione. Troppo brave, le candidate vicine ai big della Lega bresciana. Troppo.

La denuncia del pd Peli almeno un effetto lo produce. La prova orale, infatti, si svolge davanti a numerosi testimoni. Uno dirà, le fab five sono state brave allo scritto, supereranno brillantemente anche l’orale, no? Invece no. Forse per colpa dello stress, forse per l’emozione, sta di fatto che le candidate leghiste che avevano trionfato allo scritto, di fronte alla commissione stentano. La Grumi (28 allo scritto) s’attesta su un mediocre 22. Addirittura la Raineri (30 allo scritto) sfiora il tracollo: 21. La Peli riesce a raggiungere quota 24 mentre leggermente meglio fa il ticket di collaboratrici ad personam Vitali-Ponzoni: 25.

Ma a pagare il prezzo più alto all’orale è un personaggio finora rimasto ai margini della vicenda. Si chiama Margherita Febbrari. E, nel suo curriculum, vanta collaborazioni sia col quotidiano La Padania sia con il deputato nazionale leghista Davide Caparini, già membro della Commissione di Vigilanza sulla Rai. La Febbrari, nota a Brescia per aver ottenuto dal Comune un incarico di consulenza in materia di sicurezza urbana, non ripete all’orale (21) l’exploit dello scritto (28). E, al contrario delle altre cinque fanciulle di cui sopra, che riescono comunque ad accaparrarsi il posto sicuro di impiegate in Provincia, rimane fuori dalla porta. Per un soffio. Ne passavano otto, lei arriva decima.

«Numero otto posti di istruttore amministrativo - Categoria C - a tempo pieno e indeterminato». Posti sicuri da impiegati di concetto alla Provincia di Brescia. Che però sono in attesa di essere occupati dai vincitori. Perché sono già impegnate, al momento, le cinque vincitrici leghiste. Come si legge anche nel dossier di Tempo Moderno, la Raineri, moglie del vicesindaco Rolfi, è lei stessa «capogruppo leghista alla Circoscrizione Nord del Comune di Brescia, coordinatrice della commissione sicurezza civica e bilancio nonché capogruppo sempre della Lega nel consiglio comunale di Concesio (Bs)». Una e trina, insomma.

La Grumi, invece, ha un incarico di collaborazione coordinata e continuativa «per la progettazione e l’implementazione di un sistema coordinato per la gestione delle attività interne, della durata di 24 mesi», stipulato dall’«Area Innovazione e Territorio-Settore Informatica e Telematica», indovinate un po’, della Provincia di Brescia. Compenso? 54mila euro lordi, a cominciare dal 12 dicembre 2008.

Katia Peli collabora con lo zio Aristide, assessore. Nell’ultimo rinnovo del suo contratto, anno 2009, si legge testualmente che «le funzioni cui la Sig.ra Katia Peli verrà preposta dall’Assessore alle Attività Socio-Assistenziali e Famiglia, Sig. Aristide Peli, hanno particolare carattere di complessità e delicatezza».

Rimangono Vitali e Ponzoni, le altre due vincitrici “leghiste” del concorso della Provincia. I loro nomi figurano in una delibera - allacciate le cinture - di «conferimento incarico di collaborazione coordinata e continuativa di supporto all’espletamento delle azioni previste dai progetti “Valcanonica, Valcavallina e Sebino” e “Crisi aziendali”». Della Provincia di Brescia, naturalmente.