Paola Zanca, il Fatto Quotidiano 16/9/2010, 16 settembre 2010
I FORZATI DELL’APPLAUSO A (TELE)COMANDO - C’è
chi vuole provare il brivido del piccolo schermo. Chi lo prende come un lavoretto come un altro. E chi porta la croce dell’essere fedele alla linea. Sono i forzati dell’applauso. Quelli che con un battito di mani possono mandarti dalleceneriaglialtari.Eviceversa. Martedì, Floris ha fermato le ovazioni durante Ballarò, per non dare pretestialDgMauroMasi,chevorrebbe cancellare da questa stagione tv il pubblico “attivo”. Prima che la Rai metta il bavaglio perfino al clap clap, Michele Ruschioni ha fatto in tempo a farsele praticamente tutte. Ballarò, Annozero, Matrix, Porta a Porta. Giornalista – dalle tv locali a Libero, fino a scrivere un libro con Feltri e Brunetta – lo ha fatto perché “fra un intervallo e l’altro raccoglievo le migliori notizie”. Una quindicina di comparsate, sempre dietro al potente di centrodestra. O a quello che deve diventarlo. Comincia nel 2006 quando lavorava per l’ufficio stampadiForzaItalia.“Cichiamavano per le puntate fiacche di Porta a Porta, ci chiedevano di vestirci bene. Ma lì è una situazione molto istituzionale, Vespa non vuole applausi durante gli interventi. E comunque la trasmissione è registrata, se c’è un fuori programma qualche taglietto lo possono fare”. Dalla redazione del talk-show di Raiuno fanno sapere che il problema non sussiste, che è “tutto moltoautoregolato”,che“cisono solo applausi di buona educazione”, che “Vespa cerca di moderare gli interventi che sottolineano troppo una certa cosa. E se uno fa una dichiarazione forte contro il governo, l’applauso non scatta”. Chi l’avrebbe mai detto.
ALTRE VOLTE l’arena è più calda. Ed esserci, fa la differenza. “Nel 2007 andavo spesso a Ballarò. Lì c’è un’anarchia, secondo me voluta. Lavoravo alla Tv delle libertà e bisognava pompare la Brambilla. Io, – ricorda Ruschioni – ero uno dei pochi romani che poteva arrivare subito quando serviva la claque”. Poi ha continuato con Gianni Alemanno, candidato sindaco di Roma: lavorava al comitato elettorale e là dentro sapevano benissimo che un applauso in tv vale più di mille volantinaggi. Ha battuto le mani per Vittorio Sgarbi. A Matrix è capitato un paio di volte: “Lì c’è chi ha le redini in mano, anche se nessuno è in grado di fermare un applauso che parte. Mi chiamavano, io portavo con me un amico. A loro non pareva vero”. Il potere si misura anche così. In base a come rispondi alla domanda canonica per chi riceve un invito in tv: “Quante persone si porta?”. Secondo i racconti di Ruschioni “ad ogni ospite viene riservata una fetta di invitati. Dicono: ’Tu Brambilla ne hai 30’, poi c’è lo spazio per il leghista di turno, Ferrero chiamava quelli dei centri sociali”.
La claque lavora gratis. Chi applaude per lavoro, invece, è soprattutto studente universitario. Si porta i libri appresso, studia nell’attesa della registrazione, torna a casa con 30, al massimo 50 euro. Si sposta da uno studio all’altro, finisce che si laurea lì. Più difficile trovare qualcuno libero di sabato sera. Lo staff di Gad Lerner, ai tempi in cui l’Infedele andava in onda in quel giorno, attaccava manifesti in giro in cerca di pubblico. Niente retribuzione, e pure qualche rischio: “Lerner odia gli applausi – ricorda chi c’era – e ti sgrida personalmente se ti azzardi a battere le mani”. Stesso trattamento si rischia da Santoro, che prima di andare in onda richiama tutti a un certo aplomb. Qui i figuranti sono quasi spariti. C’è la fila di gente disposta a partecipare gratis. Una ventina di loro resta nei corridoi, casomai qualcuno se ne andasse prima della fine della puntata. Ma succede di rado. Raccontano dalla redazione che c’è perfino chi usa la comparsata ad Annozero per farsi strada nel mondo delle associazioni studentesche, della politica.
È IL PARADOSSO del forzato dell’applauso: in studio per applaudire qualcuno, mentre sogna che qualcun altro, prima o poi, applauda lui. Qui, giurano, più di due o tre persone per politico non vengono ammesse. E se ci sono (diversamente da Ballarò) non siedono mai dietro di lui. C’è chi prova a “infiltrare” gente, chi fa il nome di qualche dirigente Rai. Un giovedì alcuni ragazzi del Pdl hanno protestato fuori dagli studi, gridando alla censura. Ma l’ordine è tassativo: liste chiuse al mercoledì.Tolleranzazeroanche per chi si crede a un comizio: storica la lavata di testa a un giovane che provò a far inquadrare un volantino dell’Idv, nascondendolo dietro un’agenda rossa...
L’ultima frontiera è la claque su Internet. Ma qui la possibilità di finire smascherati è molto più concreta. Se lo ricorda bene Renata Polverini: il suo sito era zeppo di elogi ancora prima di essere on line. La beccò un “hacker” dei Radicali. In Rete, se il trucco c’è, si vede.