Luigi Ferrarella, Corriere della Sera 16/09/2010, 16 settembre 2010
MILANO HA 20 MILA AVVOCATI (META’ DI TUTTA LA FRANCIA) — A
prenderlo in mano, con le sue mille e quaranta pagine complessive tra elenco ordinario e registro speciale, vien da felicitarsi della fortuna che non lo ristampino ogni anno, ma soltanto a cadenza quinquennale, altrimenti le foreste amazzoniche ne risentirebbero alquanto. E quando si dice "il peso della giustizia", non è esattamente a questi 2 chili e 700 grammi che probabilmente si pensa. Ma la realtà è che c’è poco da scherzare: per mettere in fila tutti gli avvocati di Milano c’è voluto un Albo monstre alto 6 centimetri, lungo 30 centimetri e largo 21, una montagna di facciate di carta che per ogni esemplare si potrebbero distendere quasi sull’intero parquet di un campo di pallacanestro. Al punto che, soltanto per distribuirne una copia a testa a ciascuno degli aventi diritto, le operazioni di consegna appena partite in questi giorni in Tribunale, nel corridoio del primo piano vicino al bar interno, sono previste per tutto il mese di settembre e forse anche ottobre.
Del resto, per quanto ci si sforzi di comprimere tipograficamente in ogni pagina almeno una ventina di nominativi-indirizzi-telefoni-dati di iscrizione, un mattone da oltre mille facciate è l’inevitabile conseguenza del numero di avvocati iscritti all’Albo dell’Ordine di Milano: 15.600 nell’elenco ordinario degli avvocati già "rodati", ai quali vanno aggiunti i 3.200 praticanti abilitati e i 1.500 praticanti non abilitati. Totale: 20.300 avvocati, quasi metà di quanti ce ne sono in tutta la Francia (47 mila).
E — si badi — il tetto per la prima volta «sfondato» dei 20 mila avvocati si riferisce esclusivamente a quelli di Milano-città, conteggiati dall’Albo appena ristampato. Perché, se invece si passa alla dimensione dei distretti giudiziari di Corti d’Appello della Lombardia, e cioè il distretto di Milano (che arriva fino a Sondrio) e quello di Brescia, il numero delle toghe schizza solo qui a 32.000.
Il gran numero di legali in Italia (ormai 230.000, circa 15.000 in più all’anno) non è certo una novità, tanto che di recente al tradizionale seminario economico settembrino di Cernobbio il magistrato Piercamillo Davigo (ex pm di Mani pulite e oggi consigliere in Cassazione) è tornato per l’ennesima volta a cavalcare un argomento (ci sono troppe cause perché ci sono troppi avvocati) che è presente da anni nel dibattito ma che in questi termini gli avvocati, pur consapevoli del problema, respingono con fermezza.
Ma ancora una volta è piuttosto il confronto tra oggetti fisici, il paragone quasi sensoriale tra volumi, a impressionare: l’Albo milanese nuovo fiammante contiene infatti, rispetto all’ultima edizione stampata nel 2005 dall’Ordine, già 7.100 avvocati in più.
E la progressione galoppa pr o pr i o negl i ul t i mi a nni : «Quando sono diventato avvocato io nel 1970 — scherza su se stesso, ma neppure tanto, l’attuale presidente dell’Ordine milanese, Paolo Giuggioli — , gli avvocati a Milano erano 2.000. Quando sono diventato presidente dell’Ordine la prima volta erano 7.000. Oggi sono appunto quanti trovate nel nuovo Albo».
Il Consiglio nazionale forense (Cnf) considera l’altissimo numero di nuovi accessi alla professione un problema diffuso ovunque in Italia, e con il presidente Guido Alpa si augura che la riforma forense, trentesimo tentativo ora fermo in Senato e che tra le altre cose ha come obiettivo quello di qualificare l’accesso per garantire la qualità della prestazione professionale, «venga approvata quanto prima».
A patto di non cadere in «equazioni fuorvianti e banali», il presidente dell’Organizzazione unitaria dell’avvocatura (Oua) Maurizio de Tilla segnala che «il disagio accomuna avvocati e giudici, dirigenti e lavoratori del settore: tutti in prima linea, ogni giorno, con un contenzioso che cresce e con una mortificazione costante dei diritti dei cittadini, delle imprese e del proprio lavoro».
Sullo sfondo, la crisi soprattutto dell’avvocato medio (il 35% del reddito della categoria è prodotto dal 15% dei legali), i clienti che non pagano, i grandi studi che licenziano, la concorrenza feroce, il caro previdenza aggravato dal fenomeno degli avvocati «fantasma» iscritti all’Ordine ma che non versano alla Cassa forense. E con dentro tutto questo, la precisazione del sottotitolo al nuovo Albo milanese («aggiornato al 29 aprile 2010») suona già vagamente minacciosa.
Luigi Ferrarella